LVI

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Non riconosco la voce, sul momento, però sono sicura di averla già sentita prima, forse in un sogno. Di chi è questa voce? Devo ricordare!
È una voce squillante, quasi fastidiosa.
Il portellone si apre completamente e di fronte a me vedo un ragazzo umano alto, dal fisico asciutto, con i capelli scuri e gli occhi di un freddo azzurro ghiaccio. Ha un'espressione di scherno sul viso. Ancora prima che apra bocca, capisco di chi si tratta.

"Benvenuta su Nova, cuginetta."

Di fronte a me c'è mio cugino James. È davvero lui, in carne ed ossa e non in un sogno. Non l'ho mai sognato, perciò non sapevo quale potesse essere il suo aspetto. Abbiamo lo stesso colore di capelli e la sua bocca è piegata in un ghigno che non credo differisca di molto da quello che sfodero io a volte.
"Ciao, James." Dico, mentre le guardie mi spingono ad avvicinarmi a lui.
"Lo so che sei sorpresa di vedermi, Gwendolen cara. Non ti aspettavi che ti agganciassimo la nave, vero? Mi dispiace deludere tutte le tue aspettative, sono desolato, però devo confessarti che era stato tutto pianificato. Tutto, dalla prima all'ultima azione, compresa l'evasione. Sapevamo perfettamente dove fosse la Caesar, durante il tuo esilio, e abbiamo agito non appena abbiamo visto che eri riuscita a invertire la rotta." Fa una faccia dispiaciuta "Oh, povera cugina, non è invincibile come pensava."
Dal vivo è anche peggio dell'idea che mi ero fatta di lui dai miei sogni e dai racconti.
"Noto che il sarcasmo è una caratteristica di famiglia." Sollevo un sopracciglio, cercando di non esplodere di rabbia. Non ho intenzione di rispondere alle sue provocazioni.
"Sì, al contrario della ribellione. Per quello sei tu l'unica esperta."
Mi mordo la lingua, so che non otterrei nulla di buono a rispondergli male.
James congeda le guardie e loro, ubbidienti, si dileguano. Rimaniamo solo noi due, James.
"Seguimi, Gwendolen. Prova a fare un passo sbagliato e assaggerai questa." Solleva il bordo della maglietta e mi mostra la pistola appesa in cintura. Un incontro pacifico, proprio come mi sarei aspettata.
"Agli ordini, cugino."

Andiamo avanti seguendo quel corridoio bianco. Dove stiamo andando?
Mentre lo seguo in silenzio, mi guardo attorno e cerco di trovare una via di uscita, ma a quanto pare ci troviamo in un maledetto corridoio senza finestre.
"Mi dispiace cugina, non troverai vie di fuga qui. Sei atterrata in un hangar sotterraneo e non ti farò passare per luoghi in cui potresti avere possibilità di sfuggirmi. Ti conosco abbastanza da sapere quanto ami cercare un modo per scappare e quindi ho scelto un hangar blindato." Dice compiaciuto James e io lo insulto mentalmente.
"Dove stiamo andando?"
"Lo vedrai."

Camminiamo ancora in silenzio, lo seguo senza opporre resistenza perché sono in enorme svantaggio: non conosco il luogo, non ho un'arma e non sono nemmeno al pieno delle mie forze. Ormai l'effetto della droga è svanito, anche se i residui si fanno ancora sentire in un angolo della mia mente, e sono preoccupata per i miei amici. Dove sono finiti? Dove sto andando? Mi staranno cercando?

Dopo qualche svolta, raggiungiamo un ascensore. Entro all'interno, anch'esso bianco come i corridoi -tutta questa luminosità mi fa male agli occhi-, e mi appoggio alla parete dal lato opposto a mio cugino. Lui preme un pulsante per il piano e poi chiude le porte. Lo osservo di sottecchi: è davvero carino, il problema sono i suoi occhi freddi, apatici.
"Come te la passi, cuginetta?" Mi domanda.
E soprattutto la sua voce è una delle cose più odiose che abbia mai sentito.
"Stavo bene, finché non mi hai rubato la nave."
"Hai sempre avuto un debole per quella ferraglia, è bellissimo vedere la tua faccia ora. Non credo che la rivedrai mai, mi dispiace."
Gwen, non tirargli un pugno. Stai calma. "Forse sei solo invidioso del fatto che sia mia."
Lui ammutolisce. Arriviamo al piano e io lo supero sogghignando. Ho già capito che sarà un'ardua sfida, tra di noi.

"Dove siamo, James?" Gli domando appena riprendiamo a camminare. Siamo su un largo piano con grandi finestre che danno sulle strade della città, niente di ciò che ho visto e mi circonda mi fa tornare in mente questo posto. Da quello che posso dedurre dal panorama, siamo in un alto grattacielo, penso nel centro della città.
"Diciamo solo che qua verrai torturata di nuovo. Consideralo come una prigione lussuosa."
Ah, davvero incoraggiante.
Il pensiero di essere torturata non mi preoccupa più di tanto, rivivere i miei ricordi mi ha alzato la soglia del dolore, comunque non posso fare a meno di sfregare la cicatrice sul collo. Cosa mi aspetterà questa volta?

Attraversando le stanze e i corridoi non incontriamo nessuno, neanche dei robot. È una scena surreale.
"Quanto ricordi?" Mi domanda, fermandosi all'improvviso davanti a una porta argentata.
La domanda mi coglie alla sprovvista. "Perché?"
"Rispondi e basta."
"Ho avuto qualche flashback, non ricordo tanto."
"Che flashback?"
"Perché ti interessa?"
"Ho detto rispondi!" Avvicina le dita alla pistola, perciò decido che è meglio obbedire.
"Ricordo di quando sono stata catturata, di quando mi avete torturata col laser e ho avuto anche qualche piccolo flashback di scene all'Accademia."
"Quindi ti ricordi dell'Accademia."
"Più o meno. A proposito, ricordo chiaramente di aver fatto un punteggio decisamente migliore del tuo nel simulatore di volo." Sfodero quel ricordo apposta, voglio ferirlo.
Lui mi lancia uno sguardo carico d'odio, i suoi occhi sprizzano risentimento. "Non ti conviene provocarmi." Sibila.
"Troppo tardi."
"Non sfidarmi." Mi fissa ancora con odio. "Il chip dov'è?"
Non rispondo. Meglio bluffare e fare finta di non averlo trovato e quindi mettere nei guai Mike, oppure raccontare del chip rotto?
Lui sa di aver toccato un tasto dolente. "Dove si trova il chip?" Scandisce lentamente le parole e avvicina sempre di più le mani all'arma.

Gwen, decidi!

"Rotto! Il chip è rotto!" Esclamo. "Non ho idea di dove si trovi, però. Non sono stata io a nasconderlo, però mi hanno detto che è rotto."
Lui stende le braccia sui fianchi e sorride. "Bene così, cuginetta, hai capito a chi devi ubbidire. Queste informazioni sono preziose, ma so che nascondi altro ed è per questo che siamo qui." Dà un'occhiata all'orologio al suo polso. "Ora devo andare. Buona fortuna, Gwendolen. Spero di rivederti." Si allontana velocemente e poi sparisce dentro l'ascensore.
Io non faccio in tempo a dire una parola o a seguirlo, che la porta davanti a me scatta verso l'interno della stanza.

"Entra, nipote."

Space, The Last FrontierDove le storie prendono vita. Scoprilo ora