La neve, sempre stata inarrestabile, copriva le strade di una città ormai molto diversa rispetto al passato.
Broker se ne accorgeva guardandola dal tetto del palazzo generale, che era diventato un edificio abitabile per far nota del fatto che la violenza non era più ammessa.
Una città che aveva superato ogni pregiudizio, che aveva pace, serenità, ricchezza, prosperità.Il loro, -adesso poteva finalmente dirlo-, popolo non aveva più un nome. Era solo un popolo, né superiore, né inferiore agli altri. Le zone intorno alla città avevano cominciato ad edificarsi, espandendo il territorio, e la gente che ci abitava era la più varia: dai contadini agli avvocati, dalle guardie del corpo ai mercanti; forse la ragazza vedeva per la prima volta la felicità nel sorriso di tutti.
La vera felicità, non la maschera che indossavano ai tempi della senatrice. Ora niente poteva distruggere la potenza del governo repubblicano, fondato su solidi e sobri princìpi e senza corruzione.
I politici erano corretti, non imbrogliavano, anche perché tutte le loro decisioni passavano sotto stretta sorveglianza del senato.Dietro di lei, sentì un suono metallico e delle porte aprirsi: era l'ascensore. «E poi, e poi ho corso più veloce di tutti gli altri, ero come un fulmine! E sono arrivato primo, papà, sono arrivato primo!», esclamò una voce bianca ed infantile.
«Bravissimo amore mio!», disse una seconda voce, più grave.
Broker si girò, vedendo Niall con il figlio sulle spalle. Sorrise.«Papà, papà fammi scendere, voglio salutare la mamma!», urlò allora la voce, vedendo il volto della ragazza.
Appena i piedi del bambino si poggiarono per terra, la bionda si abbassò e il piccolo corse verso di lei. «Mamma!», disse poi, stampandole un bacio sulla bocca, «Oggi ho fatto una gara mamma! Sono arrivato primo!»Lei si alzò in piedi, con il corpo del figlio tra le braccia. «Bravo cucciolo!», poi lo poggiò di nuovo a terra. «Ora vai a cambiarti, che sei bagnato dalla neve. Io intanto scambio due parole con papà.»
Il bambino corse fino a scomparire in una stanza. Broker smise di guardare suo figlio e passò gli occhi sul suo uomo. Si sorrisero, poi si avvicinarono e si diedero un bel bacio, di quelli che Broker voleva da lui.«Ti ho comprato una sorpresa», sillabò il biondo a bassa voce, con le labbra ancora unite a quelle della bionda. «Mmh sai che non mi piacciono le sorprese.», disse lei, facendolo ridere.
«Sono sicuro che questa ti piacerà», rispose lui, per poi prendere un cofanetto di velluto.
Lei lo guardò ammirata. «Forza, aprilo.»Una volta che la scatola fu aperta, Broker vi trovò una collana. Era d'oro, e raffigurava una madre e un padre che tenevano in mezzo un piccolo bambino, il tutto stilizzato.
«Che bella!», disse lei, mentre un qualcosa di polveroso sembrava muoversi nella sua mente.«Questa era di tua madre. L'avevano conservata perché era di valore. Adesso è tua.», disse Niall, con il tono più dolce del mondo.
Lei lo guardò non solo con amore, ma anche con devozione: era molto fortunata ad essersi innamorata di un ragazzo così splendido.
Lei sorrise. «Adesso però vai a cambiarti anche tu, come minimo avrete entrambi un raffreddore.»
In sei anni si erano sposati, avevano ricostruito le basi di una città, avevano avuto un figlio, lui le aveva regalato questa collana e, finalmente per entrambi, erano felici per davvero. Quella felicità che, nonostante tutto, non sarebbe scomparsa, mai.«Garter adesso è il suo turno, nel reparto reclusione.», disse una guardia carceraria, rivolta ad una seconda persona. L'uomo in risposta annuì, entrando nelle carceri di detenzione.
Sentiva il solito rumore che per un po' gli era mancato, perché si era preso tre anni di pausa per malattia grave, ma da cui fortunatamente era guarito.Il solito rumore di vite che stride contro una parete e di una pietra che picchia su di esso.
Un rumore metallico mentre la neve copriva ogni altro fatto.Decise di lasciarsi per ultimo l'ospite che da troppo tempo era così ripetitivo, facendo prima il giro largo. Molti dei carcerati che speravano di uscire per buona condotta gli chiesero come stesse adesso, e come si fosse comportata la sua famiglia nel sapere che aveva avuto un cancro piuttosto grosso.
«Si sono spaventati, ma adesso siamo più uniti che mai.», rispondeva sempre Garter. Gli era sempre piaciuto conversare, ma dopo così tanto tempo doveva lavorare di nuovo seriamente.Chiedeva ad ognuno come si sentisse, per far sapere a tutti del suo ritorno, e tutti gli rispondevano che stavano bene, esattamente come prima che lui se ne fosse andato.
Poi arrivò, inesorabilmente, all'ultimo carcerato. Il numero uno, perché quello era il suo unico nome, adesso.Il rumore quasi assordante della vite che strideva e della pietra che batteva non gli davano più fastidio, perché si era abituato.
«Come stai, vecchietta?», chiese poi, guardando la ex senatrice da dietro le sbarre impegnata a lasciare il suo marchio sul muro.
Erano sei anni che faceva quel lavoro, ormai non la facevano nemmeno più uscire dalla cella perché la ritenevano pericolosa.La sua vita era limitata ad una stanzina.
Intanto la neve scendeva, incurante anche di questo.«Come sempre, Garter: di merda.» Si guardarono per un istante.
«Mi chiedo perché non ti sia ancora suicidata.», notò lui, con macabro divertimento.
«A volte la vendetta va oltre la vita, se ciò che hanno ucciso faceva parte di te.», disse lei, tornando a lavorare.«Pensi di ottenere pietà, così? Pensi di impaurirci? Pensi che la tua vendetta, sia più forte di un neonato, adesso? Pensi di poter riavere tuo figlio, eh?», urlò la guardia, irritata.
Una volta calmato, diede uno sguardo alla parete, su cui c'era scritto Percival.
Ogni lettera serviva da una delle quattro stanghette che le segnavano il tempo, poi cancellate da una quarta riga trasversale.L'ultima lettera di quel nome, la elle, non aveva più spazio per poter reggere su di sé un altro segno simile.
La riga trasversale dell'ultimo segno era stata incisa. La donna aveva impiegato sei anni, per finire la sua opera d'arte.«Cosa sono quei segni?», chiese lui, derisorio. «Non hai più spazio, adesso come fai?» Continuò.
«E cosa significa, la quinta stanghetta dell'ultimo segno che farai mai su questo muro?»Poi vedendo che lei non rispondeva, chiamò due guardie per portarla in isolamento: ormai quella donna era diventata pazza, e avrebbe solamente peggiorato la salute altrui.
I due uomini la presero da sotto le braccia, dopo averle messo una camicia di forza, e la trascinarono via.Mentre l'uomo la vedeva allontanarsi, lei rise di gusto, come se questo fosse divertente.
«È il tempo, Garter.», disse tra le risate, «Stavo contando il tempo. Ed il vostro è scaduto: avete firmato la vostra condanna a morte.», rise ancora una volta. «Tornerò ad ucciderti. Tornerò ad ucciderti.», le porte si chiusero, ma la risata della donna si sentiva ancora dall'altra stanza.
E nonostante tutto, Garter sapeva di essere spacciato. Sapeva che avrebbe visto quella donna di nuovo, e sapeva che sarebbe morto per mano sua.
Ma questo alla neve non importava, perché cadeva sempre, lenta e cadenzata, imperterrita e gelida, decisa e ostinata a cancellare ogni traccia dal suolo.
Mancano ancora i ringraziamenti, non ve ne andate! (Commenti?)

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Rebels · N.H.
ActionFanta-action story Forse era questo che la spingeva ad andare avanti, a combattere. Ciò con cui era stata cresciuta e con cui si sarebbe sfogata, la sua unica riserva infinita: l'odio. Tratto dal capitolo intitolato "War." «Sai cosa, Horan?» Si pieg...