Capitolo 46 💕

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Devo avergli fatto la domanda sbagliata, o comunque una che non si aspettava.

Colpa anche mia, di punto in bianco, gli chiedo una cosa simile.
Non posso aspettarmi che un soggetto come lui possa aprirsi di punto in bianco.

Resta immobile, mi sembra quasi di poter vedere il suo cervello che carica.

Ricalcolo.
Ricalcolo.
Ricalcolo.

"Ma da dove ti vengono scusa?"
Abbozza un sorriso, suppongo di imbarazzo.
Tentativo palese per rompere il ghiaccio.

"Non lo so.
Mi vengono e basta"
Rispondo con tranquillità, sollevando le spalle, mentre ritorno al mio posto.
Vicino a lui.

"Beh, bella domanda.
Onestamente?
Non lo so.
Credo, il fatto di essere libero, di avere le idee chiare per un domani e soprattutto la mia voglia di essere indipendente"
Dal tono pacato e gli occhi pensierosi, sono sicura che è sincero.
Perché dovrebbe dirmi una bugia?
D'altronde sono cose che riesco a notare, vuole sempre sentirsi e fare il grande.

Ora mi rendo conto che, magari, non è il cretino che pensavo.
Insomma, una persona se progetta il proprio futuro, ed ha, chissà, delle ambizioni, deve avere un minimo di cervello.
Un minimo.

"Perché non sembri sicuro?"
Chiedo, sicuramente mettendolo in difficoltà.
Sono quasi felice di potergli parlare così, due persone, che si confrontano, si raccontano senza filtri.

"Non è una domanda facile la tua.
Avanti, spavalda, che mi dici tu?
Cosa ti piace della tua vita?"
Abbozza un sorriso ironico.
Con quel tono stuzzicante, mi ha lasciato la patata bollente.

Non mi faccio indietro e accetto la sfida.
Non rinuncerei a questo momento per niente al mondo.

Però è vero, a farti gli affare degli altri, a domandare è facile, o per lo meno, sembra così.
Quando tocca a te, preferiresti non risponde, o trovare risposta.
Dipende dalla situazione e dai punti di vista.

Passano vari secondi e lui mi guarda con quegli occhi accusatori, come a volermi dire che non è facile trovarsi nella posizione in cui l'avevo messo.
In parole povere, mi ha ripagato con la stessa moneta.

Però, mi piace questa complicità che si sta creando.

Che possa, veramente nascere un'amicizia?
O comunque un inizio?

Io lo spero.
E spero che valga lo stesso per Jace.

"Suppongo, il fatto di avere delle persone buone accanto a me"
Mi riferisco ai miei fratelli, ai miei amici ed i miei genitori.

Mi vogliono bene nonostante i miei difetti, come l'essere sbadata, imbranata, a volte infantile, quando sono in imbarazzo inizio a parlare e qualche volta faccio dei ragionamenti insensati.
Beh, si, non faranno a lotta per me, ma ognuno di loro mi accetta per quello che sono, come sono, senza ripensamenti.

"Sei sicura?"
Propone la stessa domanda che gli feci, prendendomi in giro, tentando di imitare, con scarsi tentativi, il mio tono di voce.

"Non parlo così!"
Lo accuso, col sorriso tra le labbra.

"Non parlo così!"
Ripete, con quella voce orrenda.

"La smetti!
Dai sono seria"
Cerco di riportate tutto alla normalità, per continuare la conversazione.

"Che noia!
Divertiti ogni tanto.
Mia nonna è più attiva di te"

Questa mi ha offesa, con tutto rispetto per la nonna

"Ehi!"
Tuono, metto il broncio e strizzo gli occhi, sperando che delle saette di fuoco potessero zittirlo.
Ahimè, non uscì nulla di tutto ciò dal mio sguardo.

"Non ci provare!
È la verità"
Comincia ad imitare persino il modo in cui mi muovo, ed il mio sguardo.

"Ora andiamo"
Sbotta di colpo alzandosi.

Ma magari, mi dici dove andiamo?

"Aspe, mi sono persa qualcosa per caso?"
Cerco di fargli notare che non sto capendo cosa voglia fare.

Se c'è una persona che non capisce, quella sei tu.
Non questo bono della Madonna.

Sei seria?
Ti importa solo di questo?
Cioè si è un bel ragazzo, ma io queste cose le devo dire a Michael.

Ok, sono entrambi dei boni da paura, contenta?

"Ah... si.
Ma non te lo dico"

Io rimango scioccata d'avanti a lui.

"Ma... ma... ma"
Cerco di parlare, di formulare qualche frase di senso compiuto.
Niente da fare.

Non può venire uscirsene così.
Sebbene lo stia già facendo.

"È una sorpresa"
Mi fa l' occhiolino, mentre si dirige in salotto e io lo seguo.

Vedo Jace, che si sistema, mettendosi la sciarpa e il giubbotto.
Mi guarda, una volta finito, come ad aspettarmi e ad incitarmi a vestirmi, dato che dobbiamo andare, non si sa dove.
Una volta capito, che da lì non mi sarei mossa.

Si siede sul divano.

"Ho capito.
Facciamo così, tu mi fai una domanda su te stessa e se dovessi indovinare, ho vinto un appuntamento.
Certo, sappi che dovresti fidarti di me, starmi vicina, parlarmi e staccare dal mondo intero.
Ci stai?"

Avanza verso di le la mano, chiusa, prendendo la forma di un pugno, come a firmare il contratto.
O in questo caso a chiudere il patto.

Così colpisco il mio piccolo pugno, al suo.

Oggi non mi fermerà nessuno, ci sto.

"Che dovrei chiederti?"
Non avendo idea, propongo a Jace, comodamente seduti sul mio amato e fedele divano.

"Di qualcosa che riguarda te o un tuo ricordo.
Non chiedermi cose impossibili.
Devono essere cose, normali, fattibili"

Sicuramente avrà specificato, perché teme la mia mente ed i suoi ragionamenti allucinanti.
Lo accetto e lo capisco, non ha tutti i torti.

Ancora non riesco a fidarmi al cento per cento, quindi potrei proporgli qualche domanda super cattiva, consapevole che non possa indovinare ne ora, né mai.

Sarà la cosa giusta da fare?

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