15. Un segno
La guardavo sempre; alcune volte incrociava il mio sguardo, altre nemmeno se ne accorgeva. Durante la notte bastava un suo colpo di tosse a farmi svegliare e a torgliermi il respiro.
Vivevo con la costante paura di perderla, di svegliarmi e non trovarla più al mio fianco.
Forse sì, forse ero davvero pessimista, stanca e disillusa, Justin me lo diceva sempre. Mi diceva di guardare positivo, di trovare la forza di mettermi in testa che andrà tutto bene, ma lui non capiva che in realtà ero solo impaurita.
Una paura folle, ma comprensibile. Una paura fondata, che forse temeva addirittura sé stessa. Una paura fatta di angoscia; mi soffocava e mi faceva sentire come se fossi sott'acqua.
Io non ero felice, mi sentivo così vuota e stanca di combattere sempre conto qualcosa che mi faceva solo che star male. Cercavo di essere forte per Charlotte, ma non lo ero abbastanza, non lo ero mai stata e forse era la consapevolezza di essere debole e vulnerabile a distruggermi così tanto.
Se solo avessi avuto un segno da parte di qualcuno, se solo qualcosa mi avesse fatto capire che tutto sarebbe andato bene forse avrei ricominciato a credere davvero in qualcosa, ma non c'era niente a farmelo pensare.
***
Ellen si mordicchiava di tanto in tanto l'unghia dell'indice e quando guardava Charlotte le sorrideva con dolcezza.
Continuava a controllare il computer e subito dopo alcune carte sopra la scrivania; il suo silenzio mi turbava.
Aspettavo in ansia che dicesse qualcosa, non pretendevo una bella notizia: mi bastava essere aggiornata su quali erano le condizioni di mia figlia.
Ad un certo punto la dottoressa si alzò in piedi e camminò verso un cassetto, dal quale estrasse un contenitore azzurro. Con un sorriso premuroso si avvicinò alla bambina, aprì il barattolo contenente delle caramelle e glielo porse.
"Prendine qualcuna" la invitò quando vide che Charlotte era rimasta ferma. La bambina timidamente allungò la mano e pescò dal barattolo tre caramelle a forma di animale.
La donna le sorrise e la bambina la ringraziò con un filo di voce, per poi controllare con precisione quali caramelle avesse pescato.
"Dunque" iniziò la dottoressa tornata alla sua scrivania "sono trascrosi più di quindici giorni dalla prima seduta di chemioterapia di Charlotte e le analisi fatte precedentemente il primo ciclo sono più o meno le stesse di quelle fatte ieri".
Controllò ancora una volta i fogli accanto a sé per esserne sicura e poi continuò a parlare.
"Le condizioni della bimba non sono migliorate, ma non sono neanche peggiorate" concluse con un velo di tristezza.Abbassai lo sguardo e sospirai. Ancora una volta la dura realtà aveva abbattuto il briciolo di spedanza che mi era rimasta.
"Comunque è ancora presto e non bisogna trarre delle conclisuoni troppo affrettate" mi consolò Ellen.
Annuii poco convinta e continuai ad ascoltarla.
"In ogni caso, la seconda seduta di chemioterapia verrà effettuata a breve. Vi faremo sapere".Mi alzai in piedi e diedi la mano a Charlotte, impegnata a masticare la caramella.
"Grazie dottoressa" sussurrai accennando un sorriso. La donna mosse il capo e chiuse la porta non appena uscimmo.Percorsi tenendo Charlotte per mano tutto il lungo corridoio bianco - uno dei tanti che rendevano quell'ospedale un vero e proprio labirinto in cui perdersi - trattenendo il respiro. Faticavo ancora a credere che la piccola Charlotte fosse costretta a subire tutto questo via vai, ma in qualche modo sapevo che il suo essere bambina lo rendeva una normale pratica da affrontare, ma in ogni caso, purtroppo, non l'avrebbe salvata da quel mostro che la stava penetrando fin dentro le ossa e me con lei.
"Papà!" esclamò la piccola appena fu in grado di scorgere alla fine del corridoio la figura di Justin.
La bimba mi lasciò la mano e corse facendo ondeggiare a destra e a sinistra le sue codine; schivò un paio d'infermiere intente a chicchierare animatamente tra di loro e una donna anziana che le sorrise con gentilezza, per poi arrivare finalmente tra le braccia di Justin con un enorme sorriso sul volto.
"Ciao piccola" la salutò il giovane in camice bianco piempiendola di baci.
Mi avvicinai ai due lentamente e salutai Justin, il quale appena mi vide accennò velocemente un sorriso e poi abbassò lo sguardo. Da quando avevamo litigato due giorni prima per via di mio padre ci parlavamo solo lo quanto era necessario e questo mi faceva stare male. Non era successo niente di grave, però dopo quella litigata dovuta al fatto di andare ad aiutare mio padre oppure chiudere gli occhi ed ignorare il problema, qualcosa era cambiato.
Essere ignorata da parte di Justin era come ricevere una pugnalata nel petto, come se tutto l'amore che provavo nei suoi confronti fosse solo un sentimento sprecato.
Non sapevo se, ad un certo punto, il fatto d'ignorarmi fosse dovuto al rancore che continuava a conservare nel profondo oppure all'orgoglio. In ogni caso, qualunque cosa lo portasse a fare ciò mi faceva star male e mi toglieva un'enorme parte di me.
Non ricevere nemmeno una parola, una carezza o anche solo uno sguardo da parte di Justin mi faceva sentire vuota ed inutile.
Avrei voluto chiedergli perché fosse talmente tanto ostile all'idea di andare ad aiutare mio padre. Era lecito provare del rancore nei suoi confronti, ma Justin non era né il tipo da voltare le spalle al prossimo né di fingere che i problemi non esistano. Eppure, in quel caso, accadde il contrario; il suo comportamento inaspettato ed insolito mi fece comprendere che non solo Justin detestava davvero mio padre, ma anche che c'era qualcosa che non mi aveva detto chissà per quale motivo. Forse perché era rimasto deluso dalla mia capacità di perdonare, nonostante lo reputassi alquanto improbabile o forse perché non voleva darmi un'altra ragione per star male.
In ogni caso, mentre salimmo in macchina in silenzio per andare a casa, mentre la radio dell'auto continuava ad emettere una dolce canzone, mentre quella giornata stava per svolgersi al termine e mentre guardavo con la coda dell'occhio Justin accanto a me, promisi a me stessa e a lui di scoprire perché mai si comportasse così.
***
Ci tenevo a ringraziare tutte le persone che stanno leggendo e votando questa storia. Grazie per essere arrivati fino a qui; mi auguro vivamente che questa storia vi stia piacendo.
Un bacio.
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Tunnel; jdb
FanfictionAvevo lasciato una prigione per entrare in un'altra. Quel tunnel sembrava non finire mai; mi toglieva il respiro, mi feriva. Quando ero nel tunnel mi domandavo il senso di tutto ciò e soprattutto perché doveva accadere a me. Certe volte, il proprio...