32. Un'altra notte
Avevo fumato poche volte in vita mia: qualche volta con gli amici, un paio di volte nei bagni della scuola prima di un'interrogazione, dopo la morte di mia madre e quella notte, nel cortile dell'ospedale, fu un'altra volta in cui sentii il bisogno di avere una sigaretta tra le labbra.
Fumare non sarebbe servito a salvare la vita a Charlotte, ma almeno mi rendeva meno nervosa.In quel momento provavo una grande paura.
La mano non riusciva a smettere di tremarmi e tale tremolio mi impediva di portare la sigaretta alle labbra.Improvvisamente venni catapultata in un altro mondo; non ero più nel tetro cortile dell'ospedale di Fort Myers, ma a Toronto. Erano cambiate molte cose: ero più giovane, indossavo un semplice pigiama e non conoscevo ancora Justin, ma nonostante questo non era cambiato tutto. Le cose che accomunavano i due momenti vissuti era la profonda paura che si impadroniva di me, facendomi tremare, e la sigaretta che tenevo tra le dita.
"Genesis"
Justin si trovava alle mie spalle, era appena uscito dalla porta sul retro dell'ospedale, la stessa che avevo utilizzato io per recarmi nel cortile.
Gli sorrisi leggermente, anche se risultò più una smorfia che un sorriso.
Lui si limitò a guardarmi senza commentare il modo in cui alleviavo lo stress."Sono le tre del mattino. Faresti meglio a tornare a casa e dormire qualche ora, Gen"
Scossi il capo.
Il tremolio era diventato troppo forte e ormai la sigaretta era quasi terminata, perciò la gettai a terra e la calpestai con il piede.Justin mi strinse tra le sue braccia e quando lo guardai dritto negli occhi realizzai quanto fosse stanco.
"Resterò io qui. Vai a casa, Genesis"Rifiutai ancora una volta il suo invito. Non avrei lasciato Charlotte e Justin da soli, volevo esserci quando la mia bambina si sarebbe svegliata.
"Da quanto non dormi come si deve?" chiese Justin. Era evidentemente preoccupato per me e ormai mi conosceva troppo bene per lasciarsi ingannare dalle mie parole.
"Sto bene" dissi, senza andare troppo a fondo e sperando che lui cambiasse discorso.
Justin continuava a tenermi stretta a lui, senza smettere di guardarmi negli occhi.
"Perché continui a mentirmi? Lo so che non è così, tu non stai bene. Perché vuoi far credere che sia così? Pensavo tu avessi imparato a chiedere aiuto"Tornò tutto indietro come un boomerang. La morte di mia madre, la lotta contro l'agorafobia, i problemi di mio padre e la malattia di Charlotte. Ogni avvenimento che aveva segnato la mia giovane vita, anche i problemi che pensavo di aver risolto, tornarono indietro e allora compresi che avrebbero continuato a tormentarmi per sempre.
Anche quando credi di aver lasciato alle spalle il passato e tutto ciò che esso ha comportato, ti illudi. Il passato è un segno indelebile su di noi, una cicatrice talmente profonda che non scomparirà mai. Le tue paure e le tue sofferenze potranno anche affievolirsi nel tempo, ma il sapore amaro che lasciano in bocca non svanirà tanto facilmente.
Il passato è già scritto e per quanto esso può essere crudele non cambierà mai."Guardami negli occhi" continuò Justin. Il suo tono di voce era debole e stanco. "Guardami negli occhi e dimmi che stai bene"
I suoi occhi al buio erano scuri, eppure li vedevo brillare nella notte.
Perché continuare a mentire? Aveva veramente uno scopo dire delle bugie per mascherare qualcosa di troppo grande?Stavo tornando indietro sui miei passi. Avevo incominciato di nuovo a mentire a Justin riguardo la realtà.
Dovetti sbattere le palpebre più volte per essere sicura di trovarmi proprio nel cortile dell'ospedale di una piccola cittadina in Florida e non nella mia vecchia camera mente Justin mi supplicava di raccontargli la verità riguardo mia madre.
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Tunnel; jdb
FanfictionAvevo lasciato una prigione per entrare in un'altra. Quel tunnel sembrava non finire mai; mi toglieva il respiro, mi feriva. Quando ero nel tunnel mi domandavo il senso di tutto ciò e soprattutto perché doveva accadere a me. Certe volte, il proprio...