29. I fiori d'arancio

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29. I fiori d'arancio

"Stai tranquilla, vedrai che andrà tutto bene"

Era la terza volta in dieci minuti che ripetevo la stessa frase a Meredith, la quale poi ammetteva di sbagliare ad essere così spaventata ma puntualmente continuava ad agitarsi. Era terrorizzata, aveva paura di non fare la scelta giusta, temeva che sposare Colin, il ragazzo con cui era fidanzata da più di cinque anni, sarebbe stato un grosso errore, anche se sapeva benissimo persino lei stessa di star mentendo.
Quello era il grande giorno, Meredith me ne parlava da un anno e finalmente era arrivato. Era una calda giornata di inizio aprile, il sole splendeva alto nel cielo azzurro e limpido, i fiori sbocciavano e l'aria era colma di felicità. Quello era il giorno in cui ci sarebbe stato l'atteso matrimonio tra Meredith e l'uomo che lei amava, nonostante facesse ancora fatica ad ammetterlo.

"Non sono nemmeno più sicura del vestito che ho scelto" sbraitò Meredith. Nonostante fossimo al telefono ero sicura che si stesse per mettere a piangere, faceva sempre così quando era agitata.

Portai il telefono tra l'orecchio sinistro e la spalla, nel frattempo aiutai Charlotte a vestirsi.

"Il vestito è bellissimo" la rincuorai, "e ti sta benissimo. Non devi preoccuparti, questo è il tuo grande giorno e non devi lasciatelo rovinare dalla tue paranoie inutili" continuai. Sapevo quanto Meredith ci tenesse al suo matrimonio e per niente al mondo avrei lasciato che se lo rovinasse.

Lei sospirò frustrata. La immaginai asciugarsi le lacrime con il dorso della mano e guardarsi allo specchio.
"Hai ragione, devo smetterla"

Una voce femminile arrivò dall'altro capo del telefono, poi Meredith parlò. "Adesso devo andare, ci vediamo dopo, sii puntuale. E non scordarti per nessuna ragione al mondo il bouquet!"

"Certo" dissi, "non devi preoccuparti"

Quando riattaccò, lasciai il telefono cadere sul letto e tornai ad occuparmi di Charlotte.
Meredith sapeva benissimo che non mi sarei mai scordata di portarle il bouquet che avevo scelto con lei e che mai avrei tardato.
Mi sentii avvolta da un ambiguo senso di felicità, anche se viveva solo sulle spalle della gioia della mia amica. Quello era un giorno importante ed io ero al settimo cielo per lei.

Con il sorriso, ritornai dalla mia bambina. Era ancora sul letto in camera sua a gambe incrociate, intenta ad accarezzare un orsacchiotto di peluche. Indossava un abitino bianco con dei fiori azzurri qua e là; era adorabile.

Le sorrisi e le baciai la fronte, lei alzò lo sguardo verso di me e mi prese la mano.
"Sei davvero bellissima, tesoro" dissi, lasciandole un delicato bacio sul palmo della mano. "Adesso aspetta qui ancora qualche minuto, poi andremo"

Charlotte annuì, scese con velocità dal letto e si avvicinò ad un baule, dal quale estrasse altri due peluche. Le sorrisi un'ultima volta, poi tornai a prepararmi.

Nonostante non fossi io la sposa e nonostante fino a poco prima stessi rassicurando Meredith, venni travolta da una sensazione di insicurezza non appena mi guardai allo specchio. Il vestito che indossavo era veramente bellissimo, semplice ma per niente scontato. Era di un color rosa tenue, delicato e puro ma allo stesso tempo trasmetteva vitalità; le spalline di esso erano ricamate ed erano di colore nero, proprio come la fascia che circondava l'abito all'altezza dei fianchi: la differenza abissale tra i due colori che componevano il vestito era evidente. Era quel forte contrasto che attirava subito l'attenzione. Invece la gonna, morbida e delicata, era lunga fino a metà della coscia.

Guardai con ansia l'orologio che avevo al polso: entro mezz'ora avrei dovuto raggiungere Meredith, portarle il bouquet e rassicurarla, o almeno provarci. Poi assieme, più forti e meno timorose nei confronti di quella che in fondo era una semplice promessa, ci saremmo recate nel luogo in cui avrebbe dovuto tenersi la cerimonia.

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