18. Ricordi
Essere solo; ecco di cosa ha paura l'uomo.
Ci sono tante cose che lo spaventano e la solitudine è sempre stata in quella lista. Svegliarsi la mattina ed essere soli; fare colazione, soli. Camminare per la casa ed udire solo il proprio respiro; passare le serate in compagnia della televisione. Pranzare da soli; andare a letto consapevoli che l'ultima persona con cui aver incrociato lo sguardo è quel rifesso sullo specchio; darsi la buonanotte da soli. Non aver nessuno con cui parlare di quanto il lavoro ci stressi e di quanto ogni cosa ci faccia star male; non poter piangere né ridere con qualcuno; non poter scherzare con nessuno. Vivere da soli.L'uomo è un essere complicatissimo: ha bisogno di così tante cose per stare bene che nemmeno quando soddisfacerà tutti i suoi desideri sarà contento. Una delle tante cose importanti per una persona è stare con qualcuno, non essere soli.
Per quanto una persona ami avere i propri spazi e per quanto sia distaccata dagli altri, ha bisogno di loro. Dipendiamo dagli altri, anche se non ce ne accorgiamo: la solitudine non fa per noi, in un certo modo è una condanna a morte.
L'uomo è un essere sociale e le uniche persone che riescono a stare da sole senza soffrire sono sottoterra.
Avevo trascorso un periodo della mia vita, seppur con i suoi alti e bassi, abbastanza postivo, tanto che avevo quasi dimenticato come fosse sentirsi davvero soli. Per un periodo, la mia vita sembrava aver preso una svolta postiva, ma la felicità non dura per sempre.
Per la prima volta dopo anni, su un aereo diretto verso il Canada, seduta accanto al finestrino affacciato su un mondo completamente estraneo al mio, mi sentii di nuovo sola, con l'amarezza che la felicità aveva lasciato dopo essere andata via.
La mia testa era peggio di una metropolitana affollata, tanto che ad un certo punto iniziò a farmi male. Avevo così tanti pensieri che nemmeno riuscivo ad esprimere un concetto sensato; avevo così tante idee che nemmeno riuscivo a pensare.
Come stava mio padre? Aveva sul serio perso ogni speranza? Cosa avrei dovuto fare? Come avrei dovuto comportarmi?
"Qualcosa dal nostro menù?"
Mi voltai di scatto, abbandonando i miei pensieri.
La donna davanti a me, con accanto un carrello con vari tipi di cibi e bibite, continuava a sorridermi gentilmente, ma i suoi occhi e il suo modo di fare mi suggerivano che lei volesse trovarsi da tutt'altra parte."No, grazie" risposi, poi la hostess se ne andò, ripetendo la stessa identica frase all'uomo dietro di me.
Mi sistemai sul sedile, sbadigliando: erano ormai le dieci di sera e tutto quello che chiedevo era dormire almeno un paio di minuti, ma ogni cosa sembrava impedirmelo, dai mille pensieri che erano ormai padroni della mia mente allo scomodissimo sedile sul quale mi trovavo.
Nell'aereo si sentiva solo il fastidioso rumore del motore, dei tacchi della hostess che andava avanti e indietro e dell'anziano uomo che, un paio di sedili davanti al mio, dormiva profondamente.
Guardai di nuovo fuori dal piccolo finestrino accanto a me e subito mi rilassai. Le luci delle città assomigliavano alle stelle nel cielo durante una serata limpida; migliaia di puntini luminosi su uno sfondo scuro; schizzi di colore su una tela. Alcune luci erano più vicine, altre più lontane ed altre addirittura isolate, come se fossero distaccate dal mondo intero per cercare la propria pace e la propria armonia. Chissà cosa aveva spinto queste luci a stare da sole, chissà perché preferivano il silenzio al caos cittadino, ma soprattutto perché sentivo il bisogno di seguire le loro orme?
Una voce metallica mi fece sussultare, avvertendo i pochi passeggeri di quel volo che l'aereo stava finalmente per atterrare.
Ogni secondo che passava mi faceva avvicinare sempre di più a mio padre, eppure lui era ancora così lontano da me. Eravamo due cose completamente opposte, come il giorno e la notte, diversi tra di loro per ogni aspetto.
Mentre l'aereo si avvicinava sempre di più al suolo, compresi a pieno la diversità tra il giorno e la notte, però mi ricordai che questi si incontrano sempre durante l'alba.
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Tunnel; jdb
FanfictionAvevo lasciato una prigione per entrare in un'altra. Quel tunnel sembrava non finire mai; mi toglieva il respiro, mi feriva. Quando ero nel tunnel mi domandavo il senso di tutto ciò e soprattutto perché doveva accadere a me. Certe volte, il proprio...