36. Il suo giorno più bello

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36. Il suo giorno più bello

Per quanto ci sforziamo di cambiare le persone, i nostri tentativi non saranno mai abbastanza. Le persone, nonostante il tempo che continua a scorrere, i loro errori e i nostri sforzi per fargli aprire gli occhi, non cambiano, bensì restano tali.
Ognuno di noi è ciò che è, con i suoi pregi e i suoi difetti, eppure noi continueremo sempre a pensare che con qualche consiglio possiamo migliorare quello che non è possibile cambiare.

Una persona può cambiare solo quando sarà lei stessa a capire di star sbagliando, nessuno cambia per contro dei voleri di qualcun altro. Lascialo decidere, lascialo pensare, rendilo partecipe dei suoi errori, ma non cercare mai di cambiarlo. Uno dei supplizi più atroci da poter infliggere ad una persona, dopo averla privata dell'essere qualcuno, è imporle un cambiamento.
La persona che mi insegnò a non dover per forza far accettare una parte dei miei ideali a qualcuno, bensì donare quello in cui credevo al prossimo, nonostante i suoi numerosi sbagli, fu la mia amica Meredith: la donna più individualista e superficiale che abbia mai conosciuto, ma allo stesso tempo una delle donne capaci di farmi aprire gli occhi più di quanto fossi in grado di fare. Imparai molto dai suoi errori e dai suoi atteggiamenti sbagliati, più di quanti insegnamento lei ne abbia tratto. Ma una cosa è certa: quando qualcuno si trova in un vicolo cieco, ostruito dai suoi stessi sbagli, sarà in grado di uscirne solamente quando si renderà conto di essersi ostacolato da solo.

***

Dopo tutto quello che ero stata costretta a subire, dopo tutte le notti insonni, dopo tutti i respiri profondi per non lasciarmi sopraffare dal panico e dopo tutti i chilometri percorsi nell'oscurità di un tunnel senza fine, la notizia che Charlotte stesse migliorando mi sembrava un fatto troppo bello per essere vero.
Fu la dottoressa Ellen, durante una mattina come tante ormai, ad annunciarci la grande notizia. La chemioterapia stava facendo effetto e, sommata agli altri medicinali e ai continui controlli a cui la bambina era normalmente sottoposta, avrebbe dovuto garantirle un periodo tranquillo e stabile. Una giovane infermiera ci parlò addirittura di una guarigione completa sotto ogni punto di vista, ma né io né Justin avevamo intenzione di pretendere l'impossibile, dopotutto avevamo ricevuto una splendida notizia e perché distruggere la nostra felicità del momento?

Lo stesso giorno in cui Ellen ci parlò per la prima volta della tanto desiderata guarigione di Charlotte, ricevemmo una notizia altrettanto terribile, la quale però era stata preannunciata da qualche settimana. I dubbi e le paure dei medici trovarono conferma in una soleggiata mattina di fine aprile: il piccolo Martin, l'amico con cui Charlotte aveva condiviso gran parte della sua permanenza nell'ospedale, se ne era andato dopo atroci sofferenze.
Le condizioni di Martin nelle ultime settimane erano peggiorate a vista d'occhio; il bambino aveva addirittura smesso di girare per le camere di ogni paziente per strappargli un sorriso, come aveva sempre fatto. Infondo, Martin era così: non riusciva ad evitare di far star bene gli altri e cercare di rendergli la permanenza nell'ospedale qualcosa di piacevole, ma purtroppo il suo modo di fare non l'aveva salvato.

Charlotte soffrì parecchio la mancanza del suo amico. Non passava ora in cui lei non chiedesse dove fosse finito Martin; il suo bisogno di lui distruggeva chiunque si trovasse in sua compagnia. La bimba continuò ad interrogarci finché non capì perché nessuno fosse mai in grado di risponderle. La mancanza di Martin le aveva lasciato un vuoto nel petto, un po' com'era successo a chiunque gli avesse mai rivolto la parola: tutti in quell'ospedale volevano bene a quel piccoletto che continuava a parlare su quanto fosse forte il suo desiderio di possedere una barca che gli avrebbe permesso di fare il giro del mondo. Era impossibile non volergli bene.

Ricorderò sempre Martin non come il bambino senza capelli, non come quel piccino dagli occhi vacui in una stanza d'ospedale e nemmeno come quel bimbo sofferente costretto a trascorrere i suoi ultimi giorni di vita con dolori atroci a causa di una malattia che lo aveva reso quello che non era. Ricorderò Martin come il bambino con il sorriso, e credetemi quando dico che essere sorridenti in un luogo dove la sofferenza ti tiene compagnia giorno e notte non è una qualità da poco conto.

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