16ºCapitolo

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Che ci fa mia sorella con Chiara?
Perché non sapevo nulla che si conoscessero?
Perché ha finto di non conoscermi?
Si vergogna di me con mia sorella?
Mi è piaciuta però l'espressione che ha fatto quando ha visto Clara, sembrava gelosa e devo dire che mi ha fatto piacere.

Patty e Chiara sono uscite pochi minuti fa. Io e Clara avevamo terminato prima di loro ma ho fatto di tutto per intrattenermi ancora.
Ho notato che mi guardava e vispa com'è mia sorella mi stupisco di come non se ne sia accorta.

Accompagno Clara a casa, evitando di proposito tutte le domande che mi ha posto, e vado a casa di mia sorella sperando che Chiara sia ancora con lei.

Trovo il portone aperto e salgo al primo piano.
Busso e sento urlare mia sorella.
«Chiara, apri tu, per favore?»
Non sento la risposta, però la porta davanti a me si apre ed ecco Chiara.
Le sorrido.
«Ma che sorpresa.» Dico ironico. «Ci rincontriamo...»
Si fa da parte per farmi entrare.
«Sei solo?» Domanda subito.
«Ti dispiace?» Ammicco.
«Come?»
Sghignazzo.
«Ti dispiace che non abbia portato con me Clara?»
Mi avvicino e lei indietreggia.
«No, non mi dispiace. Anzi.»

È arrivata con la schiena vicino al tavolo. Non ha scampo.
«Perché ho l'impressione che sei gelosa?» Sussurro a pochi centimetri da lei.
«Non sono gelosa!» Prova ad allontanarsi ma con il braccio libero dalla fasciatura le uncino il fianco.
«Oh sì che lo sei!»
«Smettila Giulio, allontanati.»
«Perché mai?» Le guardo le labbra.
«Se viene tua sorella e ci vede così può fraintendere...»
«Hai vergogna di me per caso?»
«Perché mai dovrei?»
«Hai finto di non conoscermi!»
«Tua sorella non sa che faccia la puttana e non vorrei che lo sapesse! Mi vergogno di me, non di te!»

Le sue parole mi ghiacciano.
Le appoggio la mano dietro la nuca e poggio la fronte alla sua.
«Non ti permetto di definirti puttana e tanto meno di vergognarti di te stessa! Se tu fai questo brutto lavoro è solo perché sei costretta e non per puro piacere ma presto questo finirà, te l'ho promesso!»
«È la verità Giulio...» Sussurra.
Sospira e chiude gli occhi.
Quando sono vicino, così vicino a lei non riesco a pensare ai miei gesti e infatti azzero la distanza tra le nostre labbra.

Inizialmente non ricambia poi allaccia le braccia dietro la mia schiena e si lascia andare.
Mi lascia l'accesso alla sua bocca e mi gusto il sapore a cioccolato che ha.

Le mordo il labbro accarezzandole piano il fianco.

«Chiara, chi è?» Sento dire da mia sorella.
Mi stacco velocemente prima che arrivi in cucina.
«Sono io, Patty.»

Chiara si allontana e si siede al lato opposto del tavolo senza rivolgermi uno sguardo.
«Sei venuto giusto in tempo.» Dice avvicinandosi anche lei al tavolo.
«Ho fatto la torta al cioccolato, ne vuoi un po'?»
Sorrido automaticamente. Ecco perché Chiara sa di cioccolato.
«Sì, grazie!»
Mi accomodo accanto a Chiara e aspetto la mia fetta di torta.

Dopo un bel po' Chiara si alza e inizia a raccogliere le sue cose.
La guardo perplesso ma non mi dà la minima importanza.
«Patty, grazie per la torta ma devo andare. È meglio che mi metta un po' a studiare...»
«Già vai via? Fatti sentire però in questi giorni, abbiamo la nostra uscita da organizzare.»
«Tranquilla, in questi giorni ci organizziamo.» L'abbraccia stampandole un bacio sulla guancia poi mi guarda e mi fa un cenno di saluto.
Appena varca la soglia della porta mi alzo anche io.

«Patty io vado, devo tornare in centrale.» Mento, le bacio i capelli e senza aspettare una sua risposta mi precipito sulle scale. 

«Ti do un passaggio.» Le dico raggiungendola.
«Non c'è bisogno, vado a piedi.»
«Non essere testarda, ti accompagno.»
Sbuffa e non aggiunge altro fino a quando non saliamo in macchina.
«Come fai a guidare così?»
«Non ti preoccupare, non sei in pericolo. So guidare anche così.» Le sorrido e lei scuote la testa.

Pochi minuti dopo siamo sotto casa sua.
«Puoi scendere? Ti devo parlare!»
«Certamente.»

Provo a leggere nei suoi occhi qualcosa che possa aiutarmi a capire di cosa voglia parlarmi ma è brava a nascondere i suoi pensieri.

Saliamo in silenzio le scale ed eccoci nel suo appartamento.
«Che succede?» Le chiedo chiudendo la porta alle mie spalle.
«Non posso più aiutarti...»
«In che senso?»
«Stiamo rischiando troppo. Io credo che Don Ciccio sospetti qualcosa...»
«Raccontami.»

Mi dice di quando hanno radunato tutte le ragazze nel capannone per metterle al corrente dell'accaduto, mi riferisce che ha avuto l'impressione che parlando abbiano fatto riferimento a questo caso.
Trema mentre parla.

«Io non posso più aiutarti e credo non sia il caso nemmeno di vederci, ne che io sia Lola ne che io sia Chiara.»

Le metto una mano sulla spalla.
«Ma cosa dici? Abbiamo fatto dei passi avanti in questo caso, non puoi tirarti indietro ora... Con te possiamo chiudere questo inferno ancora prima.»
«Non posso più, Giulio. Io ho paura. Questi mi fanno fuori. Ho solo 24 anni e non voglio rischiare!»
«Ti metto una scorta a tua disposizione, non li vedrai né te ne accorgerai ma saranno la tua ombra. Che ne dici?»
«No, voglio stare tranquilla. Non immischiarmi più in questa storia, non venirmi a prendere, non farti vedere in quella strada.»
«Non puoi dire sul serio...»

Le si riempiono gli occhi di lacrime.
«Sono serissima. Tu sei un poliziotto e io una pedina di quel verme, se venissero a sapere anche la più piccola delle cose io non sarò più sulla faccia della terra! È così difficile comprenderlo per te?»
«È proprio perché ti comprendo bene che voglio salvarti. Te l'ho promesso che non permetterò che ti accada qualcosa.»
«Voglio che tu mi prometta una cosa soltanto...»
«Cosa?»
«Stai lontano da me! Non cercarmi e non chiamarmi, dimenticati il mio nome, il mio viso. Fingi che io non esista.»
«Come puoi chiedermi questo? Dopo un mese di momenti passati insieme con lo stesso obiettivo, dopo che ti ho raccontato perché lo faccio!»
«Giulio, non voglio fare la stessa fine di tua madre, con rispetto parlando. Fallo per il mio bene. Se vuoi continuare questa indagine dimenticati di me, tu non mi hai mai conosciuta!»

Scuoto la testa.
«Io lo faccio per te!»
«Evita. Non ne hai motivo! Io non sono niente per te e tu lo stesso per me.»
«Ti sbagli. Forse per te è così ma non per me!»
«Cosa intendi?»

Non aggiungo altro ed esco da casa sua sbattendo la porta, anche se non volevo perché mi è scappata di mano, ma almeno dà più carica a questa situazione.

Come può osare di chiedermi una cosa del genere?
Come può preferire di continuare a fare questa vita per sempre?
Non riesco a spiegarmelo, non ha una spiegazione valida questa assurda situazione.

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