11ºCapitolo

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Incrocio le dita sotto il mento mentre aspetto con ansia il parere di Chiara mentre mangia la pasta al pomodoro che le ho preparato.
Si accorge che la sto osservando e alza lo sguardo inchiodandolo al mio.
«Allora?» Le chiedo.
«Sono niente male.»
Porta un'altra forchettata alla bocca mentre nasconde un sorriso.
«Solo?»
«Cosa ti aspettavi, macho
«Sono i maccheroni più buoni che io abbia mai mangiato.»  Scimmiotto la sua voce e lei scoppia a ridere.

«Io non parlo così!» Prova a rimanere seria ma con scarsissimi risultati e alla fine scoppia a ridere coinvolgendo anche me.
«Dai sono buoni, però io li faccio meglio.»
«Vorrà dire che me li farai provare, così potrò costatare se è vero.»
«Ci sto.»
Allunga la mano verso me e la stringo nella mia.

«Posso aiutarti, per favore?» Ripete per l'ennesima volta Chiara vedendomi lavare i piatti.
«Quante volte devo dirti di no?»
«Ma non è normale che tu non voglia nemmeno che ti asciughi le stoviglie...»
«Faccio sempre tutto da solo, per favore, siediti!»

Sbuffa e si appoggia al mobile accanto al lavandino con le braccia conserte e col broncio.
Non riesco a trattenermi dal ridere e mi becco un'occhiata.
«Sappi che resterò imbronciata per tutto il tempo se non ti lasci aiutare.»
«Troverò il modo di farti tornare il sorriso.»
Le sporco il naso di schiuma e lo pulisce facendo un'espressione buffa.

«Vuoi fare qualcosa per me?» Le chiedo.
Annuisce.
«Accendi la tv e siediti sul divano, arrivo subito.»
«Mi stai prendendo in giro?»
«Perché dovrei?»

Non risponde ma mi lancia uno sguardo che non mi piace...
«Cosa stai pensando in quella tua testolina?»
Non riesco nemmeno a finire la frase che la signorinella comincia a schizzarmi addosso tutta l'acqua presente nel lavandino.
Indietreggio stupito con tanto di bocca spalancato tanto che Chiara ride di gusto.

«E così vuoi la guerra...»
Mi riavvicino alla vaschetta e prendo quanto più schiuma è possibile per poi passargliela sul viso.
«Giulio, no!» Ride mentre prova a coprirsi con scarsi risultati.

Qualche minuto dopo siamo entrambi zuppi di acqua e quasi senza fiato per il troppo ridere.

Mi fermo ad osservarla e il mio sguardo si posa sulla sua t-shirt appiccicata sul seno...
Segue il mio sguardo, arrossisce e fa per prendere la felpa della tuta.
La blocco.
«Devi asciugarti prima.»
Le sorrido godendomi ancora un po' la visuale e provando a non farmi scoprire. «Puoi andare in bagno se vuoi, posso prestarti una mia maglia anche se ti andrà un po' grande...»
Annuisce.
«Anche tu sei bagnato.» Sghignazza.
«Chissà come mai.» Mi tolgo la maglia asciugandomi con quest'ultima il petto umido.

«Vieni, ti do una maglia...»
Vado in camera e lei mi segue.
Apro il cassetto dell'armadio e cerco la t-shirt più piccola.
Ne prendo una grigia, semplice.
«Può andare bene?» Le chiedo vedendola appoggiata allo stipite della porta.
«Credo di sì.» La prende. «Grazie.»
«In bagno troverai tutto ciò che ti serve.»
Annuisce e si allontana.
Prendo un'altra maglia e la indosso per poi tornare in cucina e asciugare il casino che abbiamo combinato.

«Perché ridi?»
«Perché siamo due bimbi.»
«Almeno ci divertiamo dai.»
«Almeno questo.»

«Che film vuoi vedere?» Le chiedo girando tra i canali.
«Nessun horror oppure film d'azione, non li preferisco.»

La guardo mentre con tutta la naturalezza si sdraia a pancia in giù sulla penisola del mio divano dopo essersi tolta le scarpe.
Io resto seduto dietro di lei e riesco contemporaneamente ad avere nel mio raggio visivo sia lei con le sue curve mozzafiato che la televisione a cui presto poca attenzione.
«Quindi dovrei mettere un film strappalacrime?»
«I film d'amore non sono strappalacrime, sono emozionanti. Spettacolari.»
«Vomito!»

Si gira verso di me e mi incenerisce con lo sguardo.
«Cosa vorresti vedere tu? Sentiamo.»
«Un poliziesco.»
Inarca un sopracciglio.
«Sul serio?»
Annuisco entusiasta.
«Cioè tu fai il poliziotto e quella volta che sei libero da ladri, assassini e pistole vuoi vedere un poliziesco?»
Annuisco ancora sorridendo.
«Certo che sei strano eh.» Ride.
«Vivo del mio lavoro ventiquattro ore al giorno.»
«Ho notato. Dai ti accontento, metti questo film.»

È mezz'ora che il film è partito e Chiara è così applicata che sembra quasi non ci sia tranne per le troppe domande che pone su ogni cosa che accade.
«Perché lo ha sparato? Sono sicuri sia lui il colpevole? Perché il poliziotto non ha la pistola? Perché non spara?»
E io, con tanta pazienza, devo rispondere a tutte le domande.

Fortunatamente conosco tutto il film a memoria, non è la prima volta che lo vedo, altrimenti non potrei rispondere alle sue domande perché la mia attenzione è rivolta tutta a lei.
A come muove i piedi quasi come se stesse tenendo il ritmo di qualche canzone, di come cambia braccio per appoggiare la testa, di come tortura i suoi meravigliosi capelli quando è troppo presa dalle scene.

Sono talmente immerso nei miei pensieri che non mi accorgo che mi sta chiamando.
«Cosa c'è?»
«Non rispondi al telefono?»
Il telefono? Quale telefono?
«Ti sta squillando il telefono.» Ripete.
Mi alzo e lo prendo dalla mensola.
«Pronto?»
«Benassi.»
«Commissario, cosa succede?»
«Ho bisogno di te, abbiamo un arresto da fare. Quanto tempo credi ci vorrà per arrivare qui?»
«Pochi minuti.»
«Allora veloce!»
«Comandi.»

Inizio a camminare velocemente per la casa, prendo la divisa e la indosso senza curarmi di Chiara.
«Che succede?» Mi chiede quest'ultima.
«Devo correre in centrale, abbiamo un arresto da fare e non so altro se non che devo sbrigarmi.»

Indosso il pantalone, infilo velocemente la camicia e provo ad abbottonarla ma sembra quasi che sia troppo impacciato.
Chiara mi viene in soccorso abbottonando lei bottone per bottone e anche velocemente.
«Wow, sei veloce.»
Annuisce sorridendo poi mi passa la giacca.

Prendo la pistola dalla cassaforte dietro il quadro sul divano e comincio a montarla e mi accorgo dello sguardo impaurito di Chiara.
«Tranquilla, è bloccata. Non partirebbe un colpo nemmeno se premessi il grilletto.» Le sorrido. «Tu mi aspetti qui? Credo ci impiegherò meno di un paio d'ore.»
Indosso gli anfibi.
«Posso anche andare via...»
«No, resta pure.»
Annuisce e mi squadra da capo a piedi.

Mi avvicino, le do un bacio sulla fronte e vado verso la porta.
«Fa' come se fossi a casa tua! Sei libera di fare quello che vuoi!»
«Grazie.»
«Ci vediamo dopo.»
«Stai attento Giulio.»
Annuisco ed esco di casa per poi correre per le scale e arrivare all'auto.
Sfreccio veloce per arrivare quanto prima in centrale.

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