8ºCapitolo

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La sveglia suona, non sono pronto a svegliarmi già.
Mi sento intontito.
Mi sono addormentato tardi stanotte, Morfeo non voleva proprio saperne di venirmi a prendere.
Avevo un solo pensiero: Chiara.
È così tante cose quella ragazza che quasi non riesco a definirla.
Tanto forte quanto indifesa.
Quegli occhi pieni di lacrime di ieri sera li ho ancora impressi nella mente, sono un motivo in più per porre fine al suo inferno.
Avrei voglia di strozzare con le mie stesse mani quei bastardi a partire dal cosiddetto Don Ciccio ai suoi tirapiedi!

Mi alzo, ormai il mio umore è compromesso anche oggi, metto la divisa, bevo un caffè al volo e vado in commissariato.

Vado nell'ufficio del commissario.
«Come procede?» Chiede.
«Bene. Lola lavora sotto un falso nome e un falso aspetto, è furba e ci aiuterà. Mi ha fornito i nomi di chi è a capo di questo giro e chi aiuta il boss, che ne dice se li teniamo sott'occhio?»
«Sono d'accordo ma bisogna farlo con discrezione. Non devono accorgersi di noi. Chi vuoi mandare?»
«Vado io e porto Matteo con me.»
«Sicuro di voler andare tu? È rischioso visto che sei già una specie di infiltrato!»
«Sono sicuro. Ho l'esperienza necessaria.»
«Discrezione Benassi, mi raccomando.»
Annuisco ed esco.

Cerco Matteo tra i corridoi e lo trovo alla macchinetta del caffè.
«Mattè.» Gli appoggio una mano sulla spalla. «Vatti a cambiare che dobbiamo pedinare uno.»
«Chi?»
«Vatti a cambiare. Parliamo in macchina. Non possiamo perdere tempo.»
«Comandi.»
Beve in un sorso il caffè e va verso gli spogliatoi. Faccio lo stesso dopo aver preso la borsa dal mio ufficio.
Indosso dei semplici abiti neri e aspetto Matteo in macchina.

«Ci metti tempo anche a cambiarti?» Gli dico appena si siede sul sedile accanto.
Scuote la testa ridendo e indosso gli occhiali da sole.
Metto in moto e sfreccio verso l'indirizzo che mi ha fornito Massimo.

Ci appostiamo non molto lontano dal portone dove dovrebbe abitare quel lurido di Don Ciccio.
Passa mezz'ora ma di lui non sembra esserci traccia.

«Eccolo.» Mi avverte il mio collega. «E non è solo.»
Guardo verso il portone e vedo questo vecchio che cammina con aria da prepotente e un pancione grande quanto una mongolfiera affiancato da tre scagnozzi. Sono quelli di cui mi ha parlato Chiara.

Salgono in una macchina nera con tanto di vetri oscurati e partono veloci.
«Segnati la targa!» Suggerisco a Matteo mentre metto in moto e li seguo alla giusta distanza.

Percorrono diversi viali poi si fermano in una strada degradata.
Mi fermo per non permettere che ci vedano.
Entrano in un capannone mentre due dei tre scagnozzi restano fuori di guardia.

Restiamo lì per un'ora e mezza ma non escono.
«Meglio andare. Torniamo domani.»

Metto in moto e torniamo in centrale.
Completo il resoconto della giornata, lo consegno al commissario e vado a casa per farmi una doccia.

Quando sono sotto il getto d'acqua mi rilasso lasciando scorrere l'acqua sul mio corpo.
Esco molto tempo dopo.
Stavolta ho portato i vestiti in bagno così mi asciugo velocemente e indosso jeans e camicia.

Esco di casa e vado da Chiara.
Prima però passo da un negozio di abbigliamento e le prendo una tuta comoda.
Quando arrivo la trovo seduta sul marciapiede.
In questi giorni sono fortunato, la trovo sempre qui.
Suono con il clacson e si avvicina.
«Sali bambolina.» Le faccio l'occhiolino aprendole la portiera da dentro.
«Sono felice di vederti, macho. Probabilmente mi hai salvata da un vecchio bavoso dietro di te.» Sospira poggiandosi al poggiatesta.
«È sempre un piacere.» Sorrido ripartendo.

Accende da sola lo stereo e mi fa tremendamente piacere che si senta a proprio agio.
«Scegliete voi di vestirvi così?»
«Così come?»
«Così svestite.»
«Lo richiede questo "lavoro"» Mima le virgolette con le dita.
«Ma non è eccessivo?» La guardo indicando il fin troppo corto pantaloncino.
«Ti dispiace vedere tanto?» Chiede quasi divertita.
«In questo caso sì, ma non per te, per l'occasione.»
«Non mi sento a mio agio vestita così ma non ho alternativa.»
«A proposito di ciò ti ho preso questo.» Mi allungo dietro e le passo la busta.
«Puoi metterlo sopra a questa specie di culotte, dovrebbe essere comoda.»
Chiara apre la busta di carta e tira fuori la tuta nera.
«Ti ringrazio. Non dovevi anche se non immagini quanto apprezzi il gesto.»
«Voglio solo che ti senta a tuo agio.»
«Grazie.» Sorride accarezzandomi la gamba per poi ritrarre subito la mano.

Indossa il pantalone di tuta in pochi attimi con gesti quasi da contorsionista poi indossa anche la felpa abbottonandola fin sopra il collo.
«Hai freddo?»
«No, mi sento al sicuro così.»
Le sorrido.
«Con te mi sento al sicuro...» Si gira verso di me per poi rivolgere lo sguardo fuori dal finestrino forse imbarazzata.
«È quello che voglio. Proteggerti e salvarti.»

Appoggia la mano sulla mia che è sul cambio e intreccia le mani alle mie.
Sorrido quasi involontariamente di questo gesto affettuoso e me lo godo finché dura.
«Non puoi togliere la parrucca ed essere Chiara con me invece di Lola?»
Scuote la testa.
«È troppo rischioso...» Sospira.
Annuisco. Ha ragione. Le ho fatto una proposta stupida. 

«Voglio tenerti lontana dalla strada per tutto il pomeriggio!»
«È troppo rischioso e anche costoso.»
«Non mi importa, voglio che tu stia il meno possibile a contatto con certi luridi bastardi!»
«Giulio no, rischiamo la pelle entrambi!»
«Stai tranquilla, so quel che faccio.»
Sbuffa forse rassegnata.

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