21ºCapitolo

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Appena arrivato in centrale vado direttamente nell'ufficio di Massimo.
«Buongiorno.» Saluta quest'ultimo facendomi segno di sedermi.
«Sono molto soddisfatto di come stanno andando le indagini.» Aggiunge poi.
«Anche io, ma dobbiamo accelerare il tutto. Chiara si sta spazientendo e sta rischiando troppo.»
«Sai vero che non possiamo andare lì all'improvviso e arrestarli?»
Annuisco consapevole.
«Certo che lo so però dobbiamo trovare il modo di stringere i tempi...»
«Cosa è successo per questo cambio di marcia?»
Poggia il mento sulle mani intrecciate e mi guarda aspettando una mia spiegazione.
«Nulla di rilevante però è bene che questa faccenda venga chiusa quanto prima...»
«Non possiamo rischiare di buttare tutto all'aria dopo mesi di lavoro, Giulio!»
«Sono il primo a tenere tanto a questo caso. Non farei mai niente che possa comprometterlo!»
«Cosa vuoi fare allora?»
«Tenere d'occhio Don Ciccio e compagni ogni giorno, ogni ora! Voglio capire i loro spostamenti, quello che fanno tutti i giorni e tenerci pronti quando sarà il momento di sbatterli dentro! Abbiamo le prove necessarie, commissario! Che senso ha aspettare ancora?»
«Dobbiamo avere pazienza, te lo dico ogni volta! Rischiamo sia noi che le ragazze, soprattutto Chiara!»
«A proposito di lei...»
«Cosa?»
«Volevo metterle a disposizione la scorta...»
«Per quale motivo?»
«Perché si sente in pericolo e non vuole più collaborare...»
«L'hai detto tu, abbiamo prove a sufficienza. Non c'è bisogno di altro...»
«Ma Chiara è in pericolo!» Sbotto.
«Giulio non possiamo e poi lei è d'accordo?»

Scuoto la testa.
«Vedi? Facciamo così...» Dice. «Teniamo sotto controllo il boss ventiquattro ore su ventriquattro così appena sapremo che ha in mente qualcosa agiamo ed evitiamo che succedano cose spiacevoli. Va bene?»
Annuisco e mi alzo.
«Scegli tu le squadre e falli andare già da ora! Organizza i turni e comunicaglieli.»
«Comandi.»

Chiudo la porta alle mie spalle e sbuffo.
Vado alla macchina e prendo due caffè, entrambi per me, e vado nel mio ufficio.

Accendo il pc e comincio a bere il caffè.
Dire che fa schifo è poco ma ne ho bisogno.

Preparo la scheda per le due squadre.
La prima è la mia con Mauro, Clara, Matteo e Nicola, la seconda composta da Michele, Antonio, Leonardo e Luigi.

Alzo il telefono e compongo il numero dell'ufficio della prima squadra.
«Pronto?» Risponde Mauro.
«Sono Giulio, ho bisogno di voi nel mio ufficio. Chiama anche la squadra di Michele, per favore!»
«Arriviamo subito!»

Poso la cornetta e tracanno il secondo caffè.
Scrivo al pc i turni da fare e ne stampo tre copie.

Bussano alla porta.
«Avanti.»
Entrano i miei colleghi e mentre alcuni si siedono gli altri restano in piedi.

«Come sapete stiamo seguendo il giro di prostituzione...»
Li vedo annuire.
«Abbiamo prove sufficienti per cominciare ad organizzare l'arresto ma prima dobbiamo conoscere a memoria i loro spostamenti.»
«Cosa dobbiamo fare?» Chiede Michele.
«Da ora dobbiamo pedinarli ventiquattro ore al giorno! Dobbiamo memorizzare tutti i loro passi, senza farci sfuggire niente e fino all'ordine di prendere quei bastardi!»
«Come ci dividiamo?» Chiede Clara.
«Faremo dei turni di otto ore! Iniziamo con la prima squadra: io, Mauro e Matteo, poi ci danno il cambio Clara, Nicola e Matteo e per ultimi Antonio, Luigi e Leonardo! Tutto chiaro?»

«Chiarissimo.»
Rispondono in coro e mi alzo.
«Iniziamo da ora, mi raccomando. Discrezione e occhi aperti, dobbiamo capire quanto prima le loro mosse per poter mettere fine a questo inferno! Mi fido di voi!»

Metto la mano aperta davanti a loro e uno alla volta appoggiano le loro sulla mia.
«Uno per tutti...» Dice Michele.
«Tutti per uno!» Rispondiamo insieme.

Ci scambiamo alcune occhiate e mentre gli altri tornano al loro lavoro, io e gli altri due ci cambiamo.
Indossiamo abiti normali e prendiamo una delle macchine della caserma.

Ci appostiamo sotto casa del boss dove, per nostra fortuna, ci sono due scagnozzi ad aspettarlo.
Ci mette un po' a scendere e non tolgo gli occhi dal suo portone.
I due scagnozzi parlano tra loro con tanto di mano sul viso.

«Sarebbe fantastico se potessimo aggiungere delle cimici per sentire quello che si dicono. Mi sembra di impazzire.»
Sbotto sbuffando.
«Pazienza eh capo?» Mi deride Matteo.
«Non immagini come mi sento impotente...»
«Perché? Stiamo facendo il possibile per chiudere al meglio questo caso!»
«Per la ragazza che ci ha dato informazioni su di loro!»
«Non ti seguo...»
«Lascia perdere, è meglio.»
Metto in moto vedendo il ciccione del boss uscire e salire in macchina.

Arrivano al capannone dell'altra volta.
Entrano ma stavolta nessuno dei suoi rimane fuori.
«Rimanete qui.»
«Dove credi di andare?»
«A controllare da vicino.»
«Andiamo in due. Mauro resta in auto.»

Annuisco e scendiamo.
Ci guardiamo intorno e con le pistole pronte ci avviamo verso il capannone.
Mi fermo vicino alla loro macchina e non ha niente di sospetto.
Arriviamo al capannone e gli giriamo intorno alla ricerca di qualche foro da cui poter guardare senza essere visti.

Matteo mi fa un segno e mi avvicino. C'è un piccolissimo foro.
Sbircio all'interno e vedo il boss circondato dai suoi due scagnozzi e altri quattro uomini.
Il capannone non è molto grande e soprattutto non c'è niente se non le travi di ferro al centro, alcune catene, corde.
Sembra uno di quei posti abbandonati.
Probabilmente lo usano proprio per questo, credono di non destare sospetti.

Li vedo avvicinarsi al portone da dove sono entrati e faccio segno a Matteo di allontanarci e così torniamo in macchina, aspettando che ripartano.

Le otto ore sono terminate, l'altra squadra è arrivata e parcheggia dietro di noi.
Scendiamo dall'auto.
«Ragazzi andate, io mi faccio anche il secondo turno...» Dico.
«Dovresti riposare, sedici ore consecutive non sono una buona idea Giulio... Nel caso in cui dovessimo intervenire non saresti abbastanza lucido.»
Appoggio una mano sulla spalla di Matteo.
«Tranquillo, so quel che faccio. Andate e rimanete rintracciabili.»

Annuiscono e tornano in macchina per poi andare via.
Mi sgranchisco un po' le gambe e poi salgo in macchina, dopo non molto boss e scagnozzi si rimettono in macchina e li seguiamo.
Arrivano dalle ragazze.

«Che diavolo vogliono ora da queste poverette?» Sbotto.

Il boss scende dalla macchina con i due ai suoi lati e si avvicina a Chiara.
Le sorride per poi accarezzargli una guancia.

Lo vedo dire qualcosa e poi noto lo sguardo impaurito di Chiara. La mano che è sulla guancia scende prima sul collo poi sul seno. Digrigno i denti per la rabbia.
Quella stessa mano poi arriva sul fianco e si sposta sul suo fondo schiena.

«Perché diavolo non fa niente?» Sbraito.
«Perché non può! Quello è un pazzo, meglio che le palpi il culo che la uccida!» Dice Nicola.

Continuo a osservare la scena e quando vedo la mano di quel verme insinuarsi sotto i pantaloncini di Chiara scatto per uscire dalla macchina ma Clara mi ferma bloccandomi il braccio.
La guardo perplesso e lei scuote la testa.
«Faresti saltare tutta l'operazione!»
«Ma lo vedi cosa le sta facendo?»
«Lei sa sopportarlo!»

Sbuffo passandomi la mano tra i capelli, frustrato. 
«Metteremo fine a tutto questo.» Sussurra ancora lei.
Annuisco e provo a calmarmi. 

Le ore passano e il lurido boss non fa niente di straordinario.
È quasi noioso stare tutto il giorno dietro questo elemento.
Le otto ore passano, arriva la terza squadra.
Avevo pensato di fare anche il terzo turno ma il mio corpo si ribella prima ancora di poter comunicare agli altri la decisione.
Invece di tornare a casa, dopo aver preso la macchina dal garage della centrale, mi fermo nel solito locale dove vado con la squadra per bere qualche bicchierino, giusto per rilassare un po' i nervi.

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