39ºCapitolo

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Un gran mal di testa non mi permette di dormire ancora.
Sono giorni ormai che passo le notti in bianco. Una sola cosa mi tiene sveglio, o meglio una sola persona : Chiara.

Stamattina ha l'aereo per tornare in patria e non la vedo né sento da quando l'ho riaccompagnata a casa.
Lo ammetto, mi manca terribilmente ma il mio orgoglio e soprattutto la mia dignità hanno la meglio su tutto e quindi stringo i denti e resisto alla tentazione di andare da lei.
Però in compenso mi sento più volte al giorno con sua madre che insistente vuole sapere il motivo del mio allontanamento e non so più che altra scusa inventare. Inoltre mia sorella mi aggiorna sulla sua salute e mi rallegra tanto sapere che si è ripresa al cento per cento e ammetto che mi fa altrettanto piacere sapere che chiede di me.
Potrebbe alzare quel maledetto telefono e chiamarmi e invece non lo fa.
Ah giusto, i clienti non bisogna mai richiamarli, perché io è questo che sono: un cliente!

Mi prenderei a sberle da solo perché queste parole fanno più male di una pallottola e io non riesco a togliermele dalla testa.

Mi alzo sbuffando anche oggi.
Anche stamani mi aspetta la palestra. Non l'ho mai frequentata così assiduamente come sto facendo in questi giorni ma non posso fare altrimenti se voglio azzerare i pensieri, o almeno provarci.

Faccio la solita doccia, prendo il solito borsone e in pochi minuti sono lì.

Proprio quando sto per indossare i guantoni mi arriva un sms di Patty.
"Tra meno di un'ora partirà, vieni a salutarla..."
"Non sono ben accetto e tra l'altro sono impegnato."
"Dove sei?"
"In palestra!"

Poso il cellulare e indosso finalmente i guantoni.
Do piccoli colpi al sacco giusto per riscaldarmi a dovere poi inizio a colpire forte.
«Io solo un cliente!» urlo scagliando un colpo.
«Mi sono innamorato come uno stupido!» un altro colpo.
«Mi sono fatto prendere per il culo come un bambino!» colpisco ancora.

Ho la maglia imperlata di sudore e quindi la tolgo velocemente per poi riprendere la scaricata di pugni su quel povero sacco che oggi subisce la mia ira!

Guardo l'orologio, ormai dovrebbe essere su quel maledetto aereo e io sono qui, a prendermela con me stesso per essere stato uno sciocco a tutti gli effetti.

«VAFFANCULO!» urlo sferrando un ultimo colpo che fa rimbalzare il sacco avanti e dietro.
Lo blocco con i guantoni e ci appoggio la fronte contro aspettando che il respiro torni regolare.

Ad un tratto sento cingermi da dietro.
Sobbalzo sorpreso e riconosco il profumo.
Non può essere. Lei è su quell'aereo.

«Cosa ci fai qui?» chiedo rabbioso senza cambiare posizione.
«Scusa...» sussurra e un singhiozzo le muore in gola.
«Cosa ci fai qui?» ripeto scandendo parola per parola.
«Girati... Fatti guardare negli occhi.»
«Per dirmi ancora che non conto niente per te?»
Mi giro di scatto.
«Vai, guardami negli occhi e ripetimelo!»
Scuote la testa e vedere quelle lacrime rigarle quel meraviglioso viso è pari a un pugno in pieno petto ma non lo do a vedere.
«Dimmi che diavolo sei venuta a fare qui! Volevi salutare il tuo cliente più prestigioso?»

Mi abbraccia all'improvviso e non riesce più a trattenere i singhiozzi.
Sbuffo e riesco a staccarla da me senza farle male.
Prendo la maglia e vado verso gli spogliatoi.

«Giulio, aspetta per favore!»
Non le rispondo e continuo a camminare percependo i suoi passi dietro di me.

Una volta entrato inizio a spogliarmi ed entro in doccia.
Chiara mi stupisce entrando nello spogliatoio e chiamandomi.
Non avrei mai creduto che non si facesse problemi a entrare in un luogo dove dovrebbero esserci solo uomini ma oggi è fortunata perché è vuoto.
Apro il rubinetto e lascio che l'acqua scorri veloce sul mio corpo sudato.
La bionda apre la porta e chiudendosela alle sue spalle resta lì.

«Che tu voglia o meno devi ascoltarmi!»

Mi prende il viso tra le mani e mi costringe a guardarla non curandosi del fatto che si sta bagnando.

«Ho detto una marea di cazzate, avevi ragione ma anche se me lo aspettavo mi hai presa in contropiede e non sapevo come spiegarti che tutta questa situazione mi faceva paura!»
«Non mi interessa ascoltarti!»
«Ora sei tu che stai mentendo. Lasciami parlare! Hai messo fine al mio inferno, devo ancora riprendermi dal rapimento e mi sono ritrovata in sala operatoria e infine tu mi confessi i tuoi sentimenti.
Mi sono sentita persa come non mai e l'unica cosa ragionevole che mi è venuta in mente è stata quella della mia partenza e quella bugia enorme.
Tu non sei mai stato un cliente, te l'ho sempre detto! Sei stato fin da subito colui che mi ha fatta sentire donna e anche se ricambio i tuoi sentimenti ho comunque avuto paura. In poco tempo la mia vita è cambiata diverse volte e a me i cambiamenti mettono terrore.
Per favore perdonami, Giulio. Io ti amo

Scuoto la testa provando a non cedere alle sue parole.

«Credimi. Mi sono innamorata di te dalla prima volta che mi hai trattata come una ragazza normale! Non voglio vivere nemmeno un giorno senza sapere che posso viverlo con te!»

La guardo dritta negli occhi pieni di lacrime.
«Ti amo, Giulio... Per favore perdonami!»

Accorcia le distanze e arriva anche lei sotto il getto d'acqua che le bagna anche il viso e si mischia alle sue lacrime.
Si alza in punta di piedi e mi bacia.

«Devi farti perdonare!» le sussurro a fior di labbra per poi prenderla in braccio e appoggiarla con la schiena alla parete.
«Lo farò ma non mi allontanare più! Sono stata malissimo!»
«Mi hai fatto molto male con le tue parole!»
«Scusa...» sussurra ancora e mette fine al nostro scambio di battute.

Quando la metto giù dopo aver chiuso l'acqua sorrido vedendola completamente bagnata.
«E ora?» dice indicandosi. «Non ho nemmeno un cambio!»
Chiudo la porta dello spogliatoio a chiave e la bacio di nuovo.

«Ce l'ho io. I miei vestiti ti andranno un po' larghi ma è meglio di tenere i tuoi.»

Inizia a spogliarsi e le lancio l'asciugamano per poi prenderne un'altra per me.
Mi vesto velocemente e le lascio una tuta e una maglia che porto sempre di riserva.

«Sembro una bimba con i vestiti del suo papà!» si guarda allo specchio ridendo.
«Ora andiamo a casa e ti cambi.»
Le scompiglio i capelli.

«Quindi non andrai via...» le dico guidando verso il suo appartamento.
«Esatto...» Mi guarda colpevole.
Scuoto la testa e ora mi viene da ridere.
Ora mi sento veramente felice.

LASCIATI SALVAREDove le storie prendono vita. Scoprilo ora