33ºCapitolo

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Mi sono appisolato sulle sedie della sala d'attesa, non mi hanno permesso di stare oltre con Chiara, quando sento delle urla.
Sobbalzo e guardo mia sorella ma scrolla le spalle ignara di quello che sta accadendo.
Una signora bionda seguita da colui che penso sia suo marito apre tutte le porte che le si parano davanti.

«Dov'è mia figlia?» ripete per l'ennesima volta.
Mi alzo e le vado incontro.
«Mi scusi, signora, siamo in un ospedale potrebbe abbassare la voce?»
«E lei chi è?»
Mi squadra dalla testa ai piedi.
«Ispettore Benassi, posso esserle d'aiuto?»

«Mi hanno chiamato qualche ora fa dicendomi che mia figlia era ricoverata qui ma non mi hanno voluto dare spiegazioni! Io e mio marito siamo venuti da Pescara prima che potevamo!»
Guardo mia sorella che alle spalle della signora mi fa strani segni ma non riesco a capirne il significato.
«Un attimo, voi siete i genitori di Chiara?»
«Lei la conosce?»
Annuisco.
«E dov'è mia figlia?»
«Immagino lei non sappia cosa sia successo...»
«Allora non sono stata chiara? Non so niente!»
«Si sieda, le spiego tutto io!»
«Voglio prima vederla!»
«Mi ascolti, si lasci spiegare la situazione!»
«Ma mia figlia sta bene?»
«Sì , sta bene! Patty per favore vai a prendere qualcosa alle macchinette ai signori!»

Dopo aver chiesto cosa preferissero Patty si allontana.
«Vostra figlia da mesi è stata costretta ad entrare in un giro di prostituzione...»
«Ma che stai dicendo?» mi aggredisce subito sua madre.
«Mi lasci spiegare tutto!» sbuffo per poi riprendere a parlare. «È venuta in centrale per denunciare chi c'era dietro a questa cosa ma ha dovuto ritirare la denuncia perché minacciata... Da quella denuncia ho iniziato a seguire il caso in prima persona. Abbiamo seguito i malviventi e i loro spostamenti giorno per giorno, eravamo pronti per arrestarli, abbiamo organizzato tutto ma sono stati più furbi e abili di noi. La notte di due sere fa Chiara doveva essere sull'aereo per tornare a Pescara ma l'hanno sequestrata prima che passassi a prenderla e l'abbiamo trovata solo poche ore fa. Purtroppo ha subito delle violenze...»

La madre sbianca di colpo e vedo il padre stringere i pugni per poi attaccarmi scagliandosi addosso.

«Non sei stato in grado di proteggere mia figlia!» mi prende per il collo spingendomi contro il muro. «Che razza di poliziotto sei?»
Tossisco per la stretta e provo a parlare.
«Crede che non abbia già i miei sensi di colpa? Ho lasciato la polizia proprio ieri perché non sono riuscito a evitare l'accaduto!»
«Non sei degno di indossare questa divisa

In mio soccorso arrivano dei medici che tirano via il padre di Chiara.
Mi siedo continuando a tossire e prendendo quanto più aria possibile.
Patty mi si affianca.

«Stai bene?»
Annuisco.
«Lascia perdere, è normale che l'abbiano presa male. È la loro unica figlia e non credo sia facile ricevere tutte in una volta queste informazioni...»
«Non me la prendo con loro, solo con me stesso. Hanno ragione, non sono stato in grado di salvarla!»
«Smettila Giulio! Non potevi sapere che avevano intuito tutto. L'importante è che ora Chiaretta sta bene!»

Scuoto la testa senza continuare la conversazione.

I medici portano i due signori nella camera della loro figlia e li seguo sotto lo sguardo truce di suo padre.

Chiara appena li vede sobbalza, non si aspettava sicuramente di vederli.
Incrociamo lo sguardo, le sorrido incoraggiandola e ricambia tenera.

Mi appoggio allo stipite della porta mentre vedo Chiara abbracciare entrambi i suoi genitori mentre scoppia a piangere.
«Ci siamo noi qui, stai tranquilla...» le dice teneramente la madre ma la biondina non smette di singhiozzare.

«Ma lei deve stare per forza qui? Non possiamo avere un attimo di privacy?»
Mi ero distratto e non mi sono reso conto che ce l'avesse con me.
«Come?»
«Se ne può andare? Lei non è stato in grado di fare il suo lavoro, che senso ha restare qui?»
«Papà!» lo guarda male Chiara, «Ma cosa stai dicendo?» Mi guarda come a chiedermi scusa poi continua guardandomi dritto negli occhi. «Giulio è stato fondamentale per mettere fine all'inferno che ho vissuto. Per non farmi stare ore in strada mi veniva a prendere per qualche ora, lo ha fatto tutti i giorni finché io non gli ho chiesto di smettere e mi faceva sentire una ragazza comune, mi faceva sentire donna con le sue attenzioni... Si preoccupa sempre per me, mai nessuno ha fatto lo stesso.»
Le sorrido poggiandomi una mano sul cuore e facendole l'occhiolino.
La madre alterna lo sguardo tra entrambi.
«Giulio avvicinati!» mi dice poi.
Faccio come mi dice e mi affianco a Chiara che subito mi prende la mano.
«Mi dispiace averti detto quelle cose prima e ti chiedo scusa anche per i modi di fare di mio marito ma come puoi immaginare per i figli si perde la testa soprattutto dopo aver sentito determinate cose... Poi mi capirai quando avrai anche tu un figlio...»

E come se quella fosse la parola magica nella mia mente appaiono scene di me e Chiara con in braccio una bella bambina con i suoi capelli e i miei occhi e le guance paffute.
Mi tira la barba e ride sotto incitamento della mamma.

Mi sto forse rincitrullendo? Non mi era mai capitato di immaginarmi addirittura con una figlia.
Torno in me sotto lo sguardo indagatore di Chiara.

«Non si preoccupi signora, mi è capitato molte volte di vedere genitori disperati per qualcosa riguardante un loro figlio, con il mio lavoro ne ho visto veramente tante. Non si deve preoccupare...»
«Ricominciamo da capo, d'accordo? Io sono Laura e lui e mio marito Sandro!»

«Giulio!» stringo la mano prima a lei e poi a suo marito che la stringe con forza.

«Vi lascio da soli, se avete bisogno di me sono lì fuori...» avviso e bacio Chiara sulla testa.

Raggiungo mia sorella che è ancora con i due caffè in mano.
«Mi hai fatto prendere questi inutilmente e si sono anche freddati...»
«Fa niente dai, non ci pensare!»
Le scompiglio i capelli e prendo uno dei due bicchieri per berlo.

«Perché non torni a casa? Sei qui da tanto» le dico.
«Voglio prima vedere lei come sta.»
«Vai a riposare, poi tornerai e potrete anche farvi una delle vostre chiacchierate.»
«Dimmi almeno come l'hai vista...»
«La vedo più serena di prima ma è presto per esserne sicuro...»
Annuisce, poi si alza.

«Ci vediamo dopo... Fai il bravo!»
«A dopo!»
Le bacio la guancia per poi vederla uscire dall'ospedale.

Tracanno il resto del caffè poi mi alzo per buttarle il bicchiere vuoto e ne approfitto per fare due passi.

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