35ºCapitolo

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Appena arrivo in ospedale lo scenario che mi si presenta davanti non mi piace affatto.

Un infermiere spinge una barella sulla quale non riesco a vedere chi c'è ma vedendo Laura accanto a essa percepisco che è Chiara.
Aumento il passo avvicinandomi e vedo la mia biondina pallida in volto e addormentata con una mascherina sul viso.
«Che sta succedendo? Dove la state portando?» chiedo all'infermiere.
«In sala operatoria, prima che sia troppo tardi!»
«Come? E perché?»

L'infermiere prova a scostarmi senza risultato perché mi piazzo davanti alla barella aspettando una risposta.
«Si sposti! Dobbiamo operarla d'urgenza!»

Il padre di Chiara prendendomi di spalle mi sposta e la portano velocemente via.

«Cosa è successo? Io non sto capendo niente!»
Alterno lo sguardo tra i due e mi colpiscono gli occhi pieni di lacrime di Laura. In questo momento capisco che c'è qualcosa di serio che non va.

«Quando sei andato via ha iniziato a tossire, non era niente di preoccupante finché non ha cacciato del sangue... Ho chiamato il medico, le hanno fatto un esame e ha un'emorragia interna abbastanza grave...»
Si asciuga le lacrime mentre i singhiozzi non sembrano voler cessare.

Ero convinto che non avrei più dovuto temere di perderla e invece è di nuovo sul filo di un rasoio.
Quando finirà tutto questo?

Stringo forte i pugni e inizio a tirare calci alle sedie della sala mentre urlo per la troppa frustrazione.
Ancora una volta è Sandro a tirarmi via.
Mi mette con le spalle al muro costringendomi a guardarlo.

«Calmati! Chiara ha bisogno di noi, non puoi reagire così! Lei necessita del nostro supporto, non sprecare energie per incazzarti in questo modo! Va bene?»
Annuisco e il respiro torna regolare.
«Ha ragione... È che tengo a sua figlia e non riesco più a vivere con la paura di perderla! Mi ero illuso che ora fosse tutto finito e che potesse esserci un po' di serenità ma ancora una volta mi sbagliavo...»
«L'ho capito. Vedrai che Chiara uscirà da quella sala e nel giro di pochi giorni tornerà tutto alla normalità...»

Mi dà un buffetto e mi invita a sedermi accanto a sua moglie.

Le ore passano e non so quanti caffè ho bevuto.
Vado avanti e dietro e credo di aver percorso addirittura km.
Chiara è lì dentro da ben sei ore e io non ne posso più, mi sento impazzire.
Chiedo a ogni medico e infermiere ma nessuno sa dirmi niente.
Proprio quando sto per  rassegnarmi e starmene buono ecco uscire la barella con i medici che l'hanno portata via.
Insieme ai suoi genitori mi avvicino subito e le accarezzo il viso.
È ancora pallida e dorme.

«Allora dottore? Come sta?» chiede Sandro.
«Lasciateci prima sistemarla in camera e poi vi darò tutte le spiegazioni.»

Le accarezzo i capelli mentre camminiamo verso la sua camera.
Mi allontano giusto per dargli lo spazio di sistemarla e paziento.

«Posso dire che l'operazione è andata bene. Siamo intervenuti giusto in tempo altrimenti davvero non so cosa avremmo dovuto fare per salvarla...»
Sospiro all'udire queste parole dal medico.
«La terremmo qualche giorno sotto controllo poi potrà buttarsi alle spalle questa brutta esperienza. Posso con certezza dirvi che l'emorragia è stata causata probabilmente dalla violenza fisica...»

«Ora è fuori pericolo?» chiedo subito.
«Assolutamente sì.»
«Definitivamente? Non è che c'è il rischio che possa aggravarsi?»
«Non accadrà, tranquillo!»
Annuisco sperando che sia vero mentre Laura mi sorride rassicurante.

«Grazie di tutto, dottore...» dice invece Sandro stringendo la mano a colui che ha salvato la vita alla ragazza che amo.
«È dovere e poi la signorina è veramente una ragazza forte, gran parte del merito è suo!»

Ci sorride ancora e si congeda permettendoci di stare con lei nella stanza con la premessa di non svegliarla.

Prendo la sedia e mi avvicino.
Le prendo la mano stringendola nelle mie e ci appoggio la fronte sopra.

«Grazie mamma.» Inizio a sussurrare. «Grazie per esserle stata vicina. Grazie per aver vegliato su di lei. Sei sempre stata la mia ancora e continui a esserlo...»

Il mio cellulare inizia a squillare ed esco velocemente dalla camera per non svegliare Chiara.
Rispondo senza vedere chi è.
«Fratellone, ti sto chiamando da un po'... Dove sei?»
«Sono in ospedale già da un po', Patty. Hanno dovuto operare Chiaretta nella notte.»
«Che stai dicendo?» urla. «E perché?»
«Ha avuto un'emorragia interna e hanno dovuto intervenire con urgenza, è stata diverse ore in sala operatoria infatti è uscita da poco però ora sta bene...»
«Ora arrivo lì. Perché non mi hai chiamata?»
«Mi è passato di mente, il mio unico pensiero era lei in quella maledetta sala...»
«L'importante è che sta bene, ora arrivo!»
«Va bene...»

Chiudo la chiamata, torno in camera e mi fermo sulla porta vedendo la madre che accarezza dolcemente la testa della sua bambina...
Le osservo per bene e sento ancora di più la mancanza della mia mamma.
Anche lei mi accarezzava sempre la chioma, diceva che le piacevano i miei capelli perché erano morbidi e io restavo sulle sue ginocchia senza dire una parola a godermi le coccole.
C'erano della volte che mi rilassavo talmente tanto da addormentarmi e quando mi svegliavo mi ritrovavo nel mio lettino dopo che mi ci aveva portata lei.

«Giulio, tutto bene?» mi chiede Laura.
Me la ritrovo di fronte senza nemmeno essermi accorto del suo cambio di postazione.
«Certo, perché?»
«Ti vedo assente...»
«Pensavo...»
«Pensieri positivi?»
Scrollo le spalle.
Se da una parte sono ricordi meravigliosi, dall'altra mi fanno sentire ancora di più la mancanza della meravigliosa donna che mi ha messo al mondo.

Proprio mentre sta per replicare, arriva mia sorella.
«Come sta?» chiede col fiatone.
Avrà sicuramente corso.
«L'operazione è riuscita, dobbiamo solo aspettare che si svegli...» le spiega Luisa.
«Menomale... Dovevi chiamarmi, Giulio!»
«Te l'ho già spiegato...»
«Ho portato dei cappuccini, sicuramente non avete preso niente!»
«Sei molto gentile, Patrizia!» la ringrazia baciandole la guancia e chiamando suo marito.

Mia sorella mi porge un bicchiere.
«No, grazie.»
«Prendine anche solo qualche sorso. Non puoi stare digiuno!»
«Forse dopo, dai!»
«Giulio!»
Mi volto verso di lei.
«Prendi!»
«Non insistere...»
«Se non lo bevi non sai cosa ti combino...»
«Siamo passati alle minacce ora?»
Rido e lei mi porge di nuovo il bicchiere che prendo rassegnandomi.

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