Capitolo 7 - UN FIORE DAI NERI PETALI - finale

127 27 63
                                    

Era come se la sua anima si stesse sciogliendo in un oceano di potere. 

Dapprima percepì una sensazione di calma e pace; in superficie quell'immenso mare non presentava alcuna increspatura, ma immergendosi in profondità tremende correnti trascinavano in modo irresistibile qualsiasi cosa incontravano. 

Mentre era in balia di quei flutti, fu investita da un vortice di emozioni. 

I suoi ricordi si mischiavano a memorie sconosciute, scorrendo velocemente come fotogrammi che si susseguivano al ritmo del battito d'ali di un insetto. Un comune denominatore accomunava quelle immagini facendosi strada come il filo di Arianna all'interno del labirinto della memoria: la figura di Alexandros.

Alteria si sentì soffocare, annegando tra le torbide acque di quel sogno, quando una mano sconosciuta la sottrasse alla forza di quella corrente. Esmeralda l'aveva tratta in salvo e ora si trovava di nuovo in piedi al suo fianco.

«Perdonami, il collegamento spirituale è stato un po' brusco.»

Il corpo dell'arcimaga dai contorni onirici non era altro che una proiezione nella sua mente.

Davanti a essa si materializzò uno specchio, nel cui riflesso stavano prendendo vita delle immagini di uno spazio e un tempo sconosciuto.

«Volevo mostrarti questo...»

***

Era una giovane donna, bella, appartenente a una delle famiglie borghesi della città. La vita le aveva dato tutto ciò che poteva desiderare, soldi, fama, e un marito: un nobile che aveva fatto carriera nell'esercito raggiungendo uno dei gradi più alti ai quali si potesse aspirare. Soltanto un erede mancava a questa coppia e l'uomo lo desiderava ossessivamente.

«Ti ho comprato questo braccialetto» disse, porgendole un ninnolo dorato dall'indiscusso valore.

«Grazie, è stupendo amore mio» sorrise lei quasi in imbarazzo, davanti a tanta generosità.

«Dicono che sia di buon auspicio per la fertilità.»

Nonostante gli innumerevoli tentativi la donna però, non riuscì ad avere figli. Questo problema ruppe l'idillio di quella che per anni era stata portata come esempio di coppia perfetta. 

L'uomo finì così per stancarsi della moglie e dopo averla ripudiata, si portò in casa un'amante più giovane e fertile, dalla quale avrebbe finalmente potuto ottenere il tanto desiderato erede. 

Disonorata, la donna scappò di casa, disconosciuta perfino dalla sua famiglia che la considerò un'inetta, dopo aver fortemente sponsorizzato l'unione con il nobile marito.

Dopo esser caduta in disgrazia, un giorno, mentre mendicava senza meta, vide una felice coppia in un parco che portava a spasso il loro figlio in una carrozzina. I due si allontanarono qualche istante e la donna si ritrovò sola a un passo dall'innocente pargolo. Se non poteva essere felice lei con una famiglia non poteva esserlo nessun'altro, pensò colma d'egoismo, mentre stringeva le sue mani affusolate attorno al piccolo collo del bambino ancora in fasce. Si compiacque nell'osservare quel minuscolo essere a cui aveva sottratto la vita e si realizzò ancora di più quando vide la disperazione dei genitori, davanti al sonno eterno in cui era caduto il loro figliolo.

Fu così che si trasformò in una spietata assassina che trovava soddisfazione a falciare giovani vite, rovinando la felicità dei novelli genitori, felicità che lei non aveva potuto conoscere. 

Dopo un'impressionante scia di morte venne finalmente catturata dalle guardie. Giudicata colpevole dal tribunale della Grande Madre, venne condannata al rogo nella pubblica piazza. Sotto gli sguardi d'odio delle persone a cui aveva sottratto il dono più grande, prima che le fiamme l'avvolgessero, giurò che neanche la morte l'avrebbe fermata e il suo terribile monito fu trasmesso come maledizione al suo bracciale.

***

«Così nel corso dei secoli lo spirito ha continuato a uccidere, sfruttando le giovani madri come veicolo per compiere la sua vendetta» disse Esmeralda ritornando alla realtà, mentre nelle loro menti riecheggiavano ancora le immagini che mostravano l'ultima vittima posseduta nella sua abitazione a Mirtia, che teneva sotto scacco Alteria.

«Ha cercato di farti sopraffare dal tuo Quaresh, di farti divorare dal demone da cui nascono i tuoi poteri da strega. Non ce l'ha fatta però Alteria, sei stata molto forte.»

La giovane visibilmente scossa, sembrava non capire il significato di quelle parole.

Dal bracciale poggiato sull'altare della piccola cappella diroccata fuoriusciva un denso fumo nero che andava assumendo una forma antropomorfa.

L'ombra era ormai separata dal bracciale e galleggiava a mezz'aria, tetra come un cencio ricoperto di pece.

«Trova la pace ora!» le inveì contro Esmeralda. Dalle sue mani, lunghi fili di aura bianca andarono ad avvolgere lo spirito maligno, che reagì all'incantesimo, contorcendosi nel disperato tentativo di non dissolversi dal piano materiale.

Mentre stava scomparendo, nel suo ultimo istante apparì l'immagine della giovane donna; l'espressione infelice del viso segnato dal dolore per le sue vittime, fu l'ultimo lascito prima di eclissarsi per sempre.

«E' stato terribile!» esclamò Alteria, con le lacrime agli occhi.

«Una storia triste, come mille altre. Il male si nutre del rancore e del risentimento delle persone. In un mondo come il nostro, che brulica d'ipocrisia, in cui gli uomini prevaricano sui propri simili per futili motivazioni, il male continua a trovare terreno fertile e generare mostri come quello.»

La luce del tramonto penetrò dal pertugio a ovest illuminando la figura dell'arcimaga della torre, facendola apparire ancora più saggia e potente. 

Si voltò verso la ragazza poggiando le mani sulle sue spalle. Quando aveva compiuto il rito per vedere il passato dell'ombra, i loro spiriti si erano mescolati ed Esmeralda aveva potuto così sbirciare nell'animo della giovane apprendista.

«Alteria, io ho letto nel tuo subconscio, e ho vist...»

Un improvviso boato, proveniente da centinaia di metri di distanza, colse l'attenzione delle due streghe interrompendo il monologo della più anziana. Si gettarono fuori dal santuario dall'unico ingresso presente, dove l'armatura animata posta di guardia si scostò per lasciar loro spazio.

«Che diavolo è quello?» domandò Alteria spaventata. 

Un tremenda aura malvagia veniva emanata da un essere che svolazzava intorno all'ultimo piano della Torre Scarlatta. La figura era di aspetto umanoide, ma possedeva due lunghe e nere ali di pelle simili a quelle di un pipistrello.

«Quello è ciò che diventiamo quando il Quaresh prende il sopravvento sulla nostra anima!» rispose Esmeralda digrignando i denti, ben conscia del pericolo che rappresentava.

***

SPAZIO DELL'AUTORE

Che mi dite della tensione della prima parte del capitolo? 

Piaciuta la storia dell'ombra del bracciale?

Ma soprattutto che mi dite di Esmeralda? 

E il colpo di scena finale? 

Ok, non perdetevi la prossima puntata! 

LA TORRE SCARLATTA - Destini Intrecciati (Libro 1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora