Capitolo 16 - LE LACRIME DEL CUORE - finale

90 18 43
                                    

Che succede? 

Cos'è questo bagliore accecante? 

Alteria ne è completamente avvolta, immersa in un caldo abbraccio luminoso che la culla con le sue mani impalpabili.

Cos'è questo, forse un miraggio? 

Vedo il sangue ritirarsi dai suoi vestiti, la sua profonda ferita regredire a vista d'occhio fino a richiudersi. 

Non è possibile, io non ho questo potere, queste mani da mostro sanno solo donare la morte. 

È forse lei l'autrice di questo prodigio? 

Eppure è incosciente ne sono certo, anche se sono altresì sicuro che questa aura di pace, proviene dal suo corpo.

Sembra leggera, quasi incorporea quando si libra davanti ai miei occhi. Si solleva in volo a pochi centimetri dal suolo e le sue braccia allargate sembrano ali dalle piume dorate.

Sono testimone di un vero miracolo.

Davanti ai miei stanchi occhi si staglia un vero angelo del paradiso, che non ha nulla a che vedere con l'impostore che troneggiava in questo luogo. Sfiora la mia pelle ispida
nonostante i suoi occhi siano ancora chiusi. Il suo tocco è lieve, ma caldo e rilassante come il grembo materno. Una luce che profuma di miele mi avvolge, sento il mio corpo sgretolarsi sotto la sua forza dirompente. Non è dolore che provo, ma solo un gradevole sensazione di pace. Mi sento leggero come mai nella vita. 

Vorrei danzare. Ballare con lei al ritmo del suo sorriso, stringerla tra le braccia e accarezzare le sue ciocche di grano. 

Ho perso anni dietro qualcosa di effimero, quando avevo sotto i miei occhi tutto ciò di cui avevo bisogno...

***

Le ali nere si ritrassero all'interno delle scapole appassendo come fiori, mentre il suo corpo mastodontico regrediva a quello di un semplice uomo. Le corna scomparivano, lasciando spazio a disordinati ciuffi, che danzavano sulla fronte la cui pelle tornava liscia e rosea. Alexandros osservò incredulo le sue mani: dita senza artigli, solcate soltanto dalle linee sui palmi.

"È un miracolo" ripeté ancora, osservando l'autrice di tutto ciò. Dolcemente si era adagiata a terra a pochi passi da lui. La luce era scomparsa, così come ogni segno di lotta sul suo corpo.

Lo stregone non aveva spiegazione a tutto questo, ma tutto sommato non gli importava trovarne una. C'era solo una cosa che aveva significato e nonostante ci avesse messo tanto, troppo tempo per capirlo, il destino era stato generoso con lui; quando credeva di aver perso tutto, era giunto in suo soccorso, assumendo la forma di quella giovane fanciulla.

Dormiva beata in un sonno profondo, ignara di ciò che era accaduto. Lui la raccolse tra le sue forti braccia e in quel momento, pensò che in vita sua non aveva mai stretto qualcosa di così bello. Appoggiò le labbra sulla fronte di Alteria sfiorandola con un piccolo bacio. Lei sembrò accorgersene, producendosi in un lieve gemito che ne increspò le labbra cristalline.

«Torniamo a casa» pronunciò, come se potesse sentirla. 

Attorno a loro c'era solo nauseante devastazione. Lanciò un'occhiata al corpo martoriato di Emmaniel che giaceva riverso nel proprio sangue, privo di sensi. Non aveva idea se la vita ancora scorresse in lui e non aveva neanche senso domandarselo.

Quell'essere non aveva più alcun significato.

Si incamminò verso la scala che portava ai piani inferiori, mentre i primi bagliori dell'alba giungevano dal lontano oriente, squarciando la cupa tenebra.

Il suo corpo si paralizzò all'improvviso. 

No, la notte non era ancora stata sconfitta, non ancora.

«Non così in fretta!» esclamò una diabolica voce, accompagnata da un tremendo e oscuro potere.

Alexandros, con un enorme sforzo di volontà, riuscì a ruotare il collo quanto bastava per vederlo.

«E-Esgarth...» balbettò, preda dello sconforto nel vedere il corpo dell'ex arcimago trasformarsi in un demone sotto i suoi occhi. Ridotto in fin di vita, aveva attinto alla rabbia del suo Quaresh, liberandone tutto l'enorme potere.

«Ora, le parti si sono invertite» disse, inebriato dalla sua enorme aura di malvagità. Le sue nuove capacità l'avevano reso in netta posizione di vantaggio rispetto allo sfinito Alexandros, tornato un semplice stregone umano.

Dal moncherino attaccato alla spalla nacquero viscidi tentacoli di fibra muscolare, che si allungarono come vermi informi fino a raggiungere Thondaril, abbandonato a terra ancora serrato nella mano mozzata. In un agglomerato viscido di materia organica, il bastone incantato si fuse con essa, diventando parte di quello che pareva essere il nuovo braccio destro di Esgarth, o almeno, di quello che rimaneva di lui. Uno sbuffo di fumo nero uscì dall'abnorme bocca del mezzodemone, contratta in un ghigno di soddisfazione. Seppur celato sotto l'abbondante mantello, era evidente che tutta la massa del suo corpo si era gonfiata a dismisura.

«Avrei dovuto attingere a tutta questa forza molto tempo addietro» disse con voce roca e profonda. Come una secchiata d'acqua gelida il terrore s'impadronì di Alexandros, in balia degli eventi precipitati ancora una volta a suo sfavore.

"Non è possibile, no, non ora che ti ho trovato."

I suoi pensieri erano rivolti alla ragazza, che inerme giaceva tra le sue braccia.

Esgarth avanzò a piccoli passi, nutrendosi della paura che divorava lo stregone.

«Potrei torturare lentamente la tua amica, gustandomi tutta la tua disperazione» disse, indicando Alteria con le dita artigliate.

Alexandros era esausto, e i pochi poteri che gli erano rimasti, non erano sufficienti a liberarsi dall'incantesimo paralizzante a cui era sottoposto. Le lacrime, che cadevano lungo le guance, erano l'unico movimento che si poteva percepire sul volto corrugato dell'uomo.

-Tump

È il passo del demone che avanza inesorabile, il suono dell'inevitabilità per l'impotente Alexandros.

"No, lei non deve essere coinvolta in tutto questo... io devo... "

-Tump

Un altro passo ancora. Lo stregone una volta conosciuto con il nome di Esgarth, ormai completamente divorato dal suo spirito maligno, era sempre più vicino.

Giunse a un tiro di schioppo dalle sue vittime, quando un raggio luminoso lo ferì alla mano.

La bestia ringhiò per la rabbia, facendo tremare ciò che rimaneva delle pareti, mentre rivolgeva la sua attenzione verso l'essere che aveva osato ferirlo.

«Tron!» esclamò Alexandros, non più soggetto alla magia paralizzante che lo intrappolava fino a poco prima.

«Esgarth, secondo gli inappellabili principi della Torre Scarlatta, vista la tua condizione da schiavo del Quaresh... io ti condanno a morte!» disse con tono solenne il primo arcimago, scandendo ad alta voce le ultime cinque parole.

«Maestro»  sussurrò una voce familiare, accompagnata da una mano che si posava sulla spalla.

«Ma-max...»

Alexandros sillabava a fatica con la voce rotta dalla commozione. Si voltò incrociando il volto sorridente di quello che era stato suo allievo anni fa.

«Come sta Alteria?» domandò Selene preoccupata.

«Bene» si affrettò a rispondere «sta soltanto riposando» concluse, rivolgendo lo sguardo alla ragazza stretta tra le sue braccia che dormiva come un cucciolo, ignara di ciò che stava succedendo. 

«Io non so come scusarmi...»

«Non è questo il momento di saldare i nostri conti» l'apostrofò Tron, che non perdeva di vista Esgarth.

Il demone fremeva come una bestia che non vedeva l'ora di azzannare le sue nuove prede.

«Porta in salvo Alteria, qua ci pensiamo noi!»

«Grazie amici» disse, con la serenità di osservare la luce del sole spazzare via le ultime tenebre. 

LA TORRE SCARLATTA - Destini Intrecciati (Libro 1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora