EPILOGO

157 18 50
                                    

Bianco metallo senza apparenti impurità. 

Un soffitto che ho già visto, che ho imparato a conoscere. 

Il nastro dei ricordi si riavvolge, ancora una volta, e io mi trovo ancora qui, con la schiena a contatto con questo letto. 

L'infermeria della torre è unica nel suo genere, con le sue pareti asettiche e quell'odore di disinfettante a base alcolica che punge l'olfatto ogni volta che vi si accede. 

Rimembro la prima volta che mi ritrovai in questo luogo: ero priva di forze dopo aver affrontato la lunga degenza post rito del Quaresh. Ero spaventata, smarrita, piena di dubbi per essermi gettata a capofitto nell'ignoto. Ma ora non è così, no...

Mi sento bene, in pace con me stessa, in sintonia con il mondo che mi circonda. Penserei quasi di esser morta, se non fosse che le poche sensazioni che provo sono così reali. 

Profumi, lo sfregamento delle coperte sulla mia pelle, il gusto della saliva impastata nella bocca e poi quel debole motivetto che giunge alle mie orecchie, cantato da una voce femminile a labbra serrate. 

Come allora c'è una donna accanto a me, ma i miei occhi ancora non riescono a metterla a fuoco.

«Selene.»

Scuote la testa, sorridendomi divertita. No, non è lei, non questa volta.

«Esmeralda?»

Passa un dito vicino alle mie labbra, mi fa capire che non devo sforzarmi, che per il momento è inutile fare altre domande. 

Lentamente riacquisto le forze. 

Tolgo le coperte che mi ostacolano e mi metto seduta, vestita solo con una camicia bianca. Le mie gambe, quasi completamente scoperte, dondolano sul bordo del letto. Mi giro verso l'arcimaga, fissandola con sguardo interrogativo.

«Ti aiuto io a fare un po' di luce» mi dice, accarezzandomi i capelli.

Eccole che arrivano, le memorie dei giorni passati. Mi travolgono come uno tsunami per poi quietarsi all'improvviso, disponendosi secondo un perfetto ordine temporale.

Riemergo da quell'oceano di emozioni come se fossi stata in apnea per diversi minuti: ora ricordo tutto. Scanso la mano di Esmeralda e mi getto verso lo specchio, posto sul piccolo scrittoio adagiato alla parete. Strappo la camicia con foga, un paio di bottoni saltano mentre osservo l'ampia cicatrice disegnata sopra il mio seno sinistro. La sfioro con le dita e il dolore rapido torna a pungere la mia mente.

«Quella purtroppo non potrà mai andare via, farà sempre parte di te» mi dice l'arcimaga, come se quel difetto estetico potesse destarmi preoccupazione. 

Quello che mi fa agitare all'inverosimile e che fa esplodere le mie lacrime è l'immagine di Alexandros, ridotto a un mostro dalla nere ali che mi trafigge con una lama di ghiaccio.

Esmeralda legge la preoccupazione sul mio volto e mi dice: «Rilassati, guarda meglio dentro te stessa.»

Chiudo gli occhi, regolarizzo il mio respiro. Frugando tra tutte quelle immagini ne trovo alcune conseguenti a quell'episodio. Sono vacue, indefinite, sfuocate, ma mi pare di scorgere in esse Alexandros tornato nella sua fisionomia umana che mi sorregge tra le sue braccia.

«Dov'è?» le domando.

Lei sorride indicando la parete che da verso l'esterno.

LA TORRE SCARLATTA - Destini Intrecciati (Libro 1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora