Capitolo 10 - L'ORLO DELL'ABISSO - terza parte

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Lothor se ne stava stravaccato sul suo ricco scranno. 

I muscoli del petto erano messi in bella mostra dalla camicia aperta, lo sguardo, disinteressato nei riguardi dell'ospite, era diretto al suo calice, dove al ritmo della mano ondeggiava al suo interno del liquido rossastro simile al vino.

«Spero tu ti sia riposato abbastanza» disse sarcastico, senza voltarsi.

Alexandros stava in piedi al centro della grande caverna, a circa una quindicina di passi dal signore del clan della Lacrima Cremisi.

«Sai, credevo di trovarti cambiato, peccato che tu sia rimasto un semplice essere umano» lo schernì, osservandolo attraverso il denso liquido carmigno che riempiva per metà il suo bicchiere di cristallo.

«Beh, se mi fossi trasformato in un demone senza controllo, a quest'ora il tuo corpo dilaniato starebbe insozzando il pavimento della tua bella stanza del trono!» rispose lo stregone, senza nascondere un certo piacere nell'immaginare la scena che aveva appena descritto.

«Chissà, avrei avuto pur sempre il sigillo dalla mia parte.» 

Il vampiro ingollò il sangue contenuto nel calice, colandone una minima parte fuori dalla bocca, rigandosi così con una piccola goccia rossastra la sua pallida pelle. 

«Ti ho convocato qui perché mi servi mio caro, ho un compito da affidarti!»

«Sarebbe?»

«Devi recuperare una cosa per me, si tratta di un antichissimo manufatto a forma di pugnale. Di recente sono venuto a conoscenza dell'ubicazione di questo oggetto, chiamato il Pugnale di Keshnal.»

«Keshnal...» pronunziò Alexandros con stupore.

Aveva già sentito quel nome. Nelle lunghe notti di studio nella biblioteca della Torre Scarlatta si era imbattuto in un antico tomo su cui era menzionato. Conosciuto anche come Keshnal il Distruttore, si trattava di un demone ancestrale che popolava il mondo all'alba dei tempi. Un essere dotato della forza di cento cannoni e diecimila uomini, che nel passato aveva terrorizzato la razza umana, mietendo migliaia di vittime. Gli antichi maghi però, erano riusciti a rispedirlo all'altro mondo, sigillandone il potere in un manufatto a forma di pugnale.

«Con la sparizione della magia dal pianeta, il Pugnale di Keshnal è stato ritenuto innocuo e venduto come ornamento, passando dalle mani di numerosi padroni. Ma ora che conosco l'attuale proprietario, vorrei che tale oggetto finisse nelle mani di chi saprebbe attribuirne il giusto valore.»

«Che intenzioni hai Lothor?» Nella mente dello stregone prese consistenza una tremenda ipotesi.

«Come, ancora non ci arrivi? Adesso ti chiarisco le idee.» Dalla tasca dei pantaloni estrasse una sottile e vissuta pergamena, arrotolata su se stessa, tenuta insieme da un sottile spago marrone. «Vedi, su questo antico foglio di cartapecora è illustrato il rito magico con cui è possibile evocare Keshnal. Ovviamente, per portare a termine con successo il rituale serve anche l'artefatto in cui è sigillato.»

Lothor guardò lo stregone davanti a sé con un ghigno malvagio.

«Ah già, dimenticavo, per rendere possibile il tutto serve ovviamente un potente mago, e guarda caso, ne ho proprio uno qui davanti a me!»

Lo stregone ringhiò tutto il suo disappunto.

«E quando evocherai Keshnal per me, avrò al mio servizio un demone talmente potente da piegare un'intera nazione ai miei piedi!»

«Bastardo, avevi già progettato tutto fin dal principio!» urlò tremando dalla rabbia.

«Esatto amico. Quando ho saputo di avere alle calcagna uno degli arcimaghi della Torre Scarlatta, ho creduto di essere stato baciato dalla fortuna.»

Lothor, ebbro della propria autostima, si pavoneggiava dal proprio altare, schernendo l'uomo che stava udendo il suo delirio.

«Farti cadere in trappola poi è stato piuttosto semplice.»

«Fottiti! Se credi che io faccia anch...»

Alexandros crollò a terra. Il suo corpo era preda di tremende convulsioni, dovute alle fortissime scariche elettriche che ne perforavano la carne, provocandogli dolori allucinanti.

«Non capisci che sei solo un burattino nelle mie mani?» 

Il signore dei vampiri puntava il proprio pugno, dove in evidenza stava l'anello con cui controllava il sigillo che Vanessa aveva impresso sul corpo dello stregone. 

«Posso torturarti per giorni e piegarti alla mia volontà stupido umano! La tua resistenza è vana!»

Ma il ragazzo, carponi al suolo, alzò faticosamente la testa dalla polvere in cui era finito. Lo sguardo d'odio con cui sfidò il suo carnefice, era quello di un uomo che non aveva assolutamente intenzione di piegarsi ad un destino di schiavitù.

«Questo è quello che credi tu» disse, dando fondo a tutte le sue forze.

I muscoli di tutto il corpo si tesero allo spasmo, mentre, intorno ad esso, confluirono potenti energie magiche. Con un ruggito che fece tremare l'intera caverna, Alexandros esplose tutta la sua aura, disintegrando il sigillo che fino a pochi istanti prima gli infliggeva dolore.

«Credevi davvero di potermi controllare a lungo?» disse con occhi fiammeggianti.

Sul volto di Lothor si dipinse un agghiacciante espressione di terrore.

La situazione era completamente capovolta, il ragazzo ora si avvicinava a grandi passi verso il suo ex aguzzino, immobilizzato dalla paura sul suo trono.

«Ora mi dirai tutto ciò che voglio sapere.»

«Vampiri a me!» urlò il loro signore, nel disperato tentativo di salvarsi.

Dal buio emersero due ombre che scattarono all'unisono attaccando ai fianchi lo stregone. Il loro attacco, rapido e fulmineo, avrebbe permesso ai loro arti artigliati di lacerarne le carni, mettendo fine alla sua ribellione. 

Alexandros allargò le braccia bloccando a pochi centimetri dai palmi i due nemici. Immobilizzati dai suoi poteri di telecinesi, essi gridavano tutta lo loro rabbia, nel vano tentativo di liberarsi da quella forza magica che li paralizzava. Con un sorriso pernicioso, lo stregone esplose due potenti vampe infuocate che ridussero in pochi istanti i malcapitati succhiasangue in un mucchietto di cenere. 

Lo stregone rivolse poi i propri poteri contro il loro signore, scatenando una potente gettata di fiamme simile al respiro di un drago. Lothor fece appena in tempo a smaterializzarsi, trasformando il suo corpo in una moltitudine di pipistrelli che volarono via giusto un istante prima che il fuoco raggiungesse lo scranno su cui sedeva. 

Il vampiro ricompose se stesso in un angolo della caverna, aggrappato a una stalattite del soffitto.

«Credi di potermi sfuggire a lungo?» disse Alexandros senza degnarlo di uno sguardo. «Posso trasformare questo luogo in un inferno di fuoco!»

Lothor si lasciò andare a terra ricadendo in punta di piedi.

«Non ce n'è bisogno» disse con aria rassegnata «credo sia giunto il momento di raccontarti tutto quello che questi miei occhi hanno visto, in quella tremenda notte di dieci anni fa.»

LA TORRE SCARLATTA - Destini Intrecciati (Libro 1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora