Capitolo 10 - L'ORLO DELL'ABISSO - seconda parte

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Schiuse i suoi occhi in pieno pomeriggio, mentre i raggi del sole che penetravano da un modesto pertugio nel muro ne investivano il viso, dove i peli di una ispida barba crescevano alla rinfusa sulla pelle provata dalla fatica.

«Dove sono?» domandò il giovane, passandosi una mano tra i capelli che gli cascavano sulla fronte.

«Al sicuro» rispose la ragazza dalla voce dolce come nettare, osservando il suo protetto. 

Soltanto la Grande Madre con le sue candide mani poteva aver plasmato due occhi di tale bellezza, due iridi che avrebbero fatto impallidire i più preziosi e costosi gioielli presenti sul pianeta.

Alexandros aveva perso i sensi a causa delle gravi ferite subite.

«Avevi la febbre alta, ma ora stai meglio.»

Grazie ai poteri di Esmeralda aveva superato velocemente quella che normalmente sarebbe stata una lunga convalescenza.

Dopo aver volato per ore, sfidando la tempesta con i loro deltaplani incantati, avevano raggiunto quel piccolo rifugio conosciuto solo dai maghi della Torre Scarlatta. Alexandros stoicamente, nonostante il proiettile che gli aveva trapassato la spalla, aveva resistito finché non era arrivato al sicuro, prima di perdere i sensi.

Non erano solo le ferite ad aver tormentato il sonno del giovane stregone. L'ostacolo più difficile fu la lotta interiore con il Quaresh, che dopo tutto quel sangue versato, aveva cercato di emergere, approfittando della momentanea debolezza del suo ospite. 

La ragazza aveva vegliato sul suo compagno più giovane fino a ora, aiutandolo a superare con il suo calore quei difficili momenti. Teneva la sua testa appoggiata sul grembo, dolcemente, con la mano destra, ne accarezzava il viso.

«Esmeralda» disse lui, arrossendo lievemente sulle guance.

Lei fece cenno con le dita di fare silenzio, poi, si chinò su di lui e gli sfiorò la fronte con le labbra. Alexandros si issò sulle proprie braccia fino a raggiungere la posizione seduta. Il suo sguardo incontrò quello della compagna; con una mano accarezzò i lunghi capelli color rame, che scendevano mossi lungo la pelle liscia del viso.

Le loro labbra si incontrarono, producendosi in un lungo e appassionato bacio.

Il suo odore mi inebria, penetra le mie narici fino a ottenebrare i sensi. Le mie labbra scivolano morbide sulle sue, scendono lungo il collo, danzano sulla pelle diafana e morbida, che mi accoglie con un breve tremore. Le slaccio la camicetta, le sfioro i capezzoli turgidi, prima di cominciare a massaggiare i seni sodi. Il viso le si contrae in una delicata smorfia di piacere, mentre le sue mani scivolano fino alla mia cintola.

In pochi istanti i nostri corpi si ritrovano nudi, inermi e fragili, percorsi soltanto da piccole gocce di sudore. Il dolore sparisce, la rabbia che consuma il mio spirito si dissolve, il mostro si placa. Tutto ciò che non ci riguarda diventa effimero, la realtà assurda e malvagia in cui sono invischiate le nostre vite si scioglie come neve, davanti alla forza dei nostri sentimenti. La mia anima si perde tra il calore delle sue cosce; è il mio piccolo paradiso personale, il mio porto sicuro in un vasto oceano di dolore.

Quando i nostri corpi si uniscono, la sua piccola bocca emette un gemito, le sue gemme smeraldo vengono celate dalle palpebre, la pelle liscia del viso si contrae in una maschera di piacere. 

In quei momenti nella mia testa c'è solo lei, lei e il suo profumo, profumo di rose in fiore. 

Il suo corpo ondeggia sopra il mio inguine in una sinuosa danza eccitante, ci abbandoniamo completamente al piacere.

Dimentico tutto.

Siamo soli al mondo e nulla può ferirci.

Chiudo gli occhi, vorrei che questo momento durasse in eterno...

***

«Buongiorno.»

Ancora una volta i suoi occhi si schiudevano in un luogo di cui non ha memoria. 

Lì però, non c'era la luce del sole ad attenderlo, soltanto oscurità, racchiusa tra solide pareti di roccia. 

Un acre odore impregnava l'aria stantia che lo circondava: odore di sangue, odore di morte.

«Dove sono?» domandò, con la sensazione di avere appena avuto un deja-vu.

«Sei nella tua cella.»

Ancora una volta era la dolce voce di una donna a placare la sua curiosità.

«Hai avuto la febbre alta per giorni» proseguì.

Si trattava di Vanessa. Era inginocchiata vicino allo spartano giaciglio dove lo stregone era stato adagiato durante la sua convalescenza. Tra le mani stringeva una pezza di stoffa umida, simile a quella che Alexandros aveva sulla fronte.

«...Ma ora sembra che ti si è calmata.»

Il suo spirito aveva combattuto per l'ennesima volta una dura battaglia contro il suo Quaresh. Ormai questi conflitti avvenivano in lui sempre più frequentemente.

"Quanto tempo ancora resisterò senza trasformarmi in un demone?"

«Esmeralda» disse la giovane, riscuotendo l'attenzione del suo assistito «continuavi a pronunciare il suo nome mentre eri preda dei deliri legati alla malattia.»

"Esmeralda, ancora una volta sei riuscita a proteggermi."

«È per caso la donna che ami?»

«Non è nient'altro che un lontano ricordo» tagliò corto, cercando di smorzare sul nascere la curiosità della ragazza.

«Lontano forse, ma di certo un dolce ricordo.»

Lo stregone non poté fare altro che confermare col proprio silenzio quello che gli era appena stato detto.

«Sei un uomo molto carismatico e hai il fascino di chi è sempre circondato da un alone di mistero» proseguì Vanessa «sei quel genere di ragazzo con cui qualsiasi ragazza di paese fantastica di avere una storia d'amore.» Il suo volto poi si rattristò improvvisamente. «Anch'io, qualche tempo fa, sognavo di innamorarmi di un tipo come te.»

«E sei finita ad essere la servitrice di un signore dei vampiri. Capisco il fascino del bello e dannato, ma credo te lo sia scelto un po' troppo dannato.» aggiunse Alexandros sarcastico.

«Tu non hai idea di ciò che sta dietro i miei sentimenti nei confronti di Lothor!» esclamò lei parecchio stizzita.

Spinto dalla curiosità lo stregone usò i suoi poteri per sondare la mente della giovane, incontrando subito una forte resistenza nonostante si trattasse di una ragazzina senza alcun potere.

Un sonoro schiaffo interruppe l'incantesimo, Vanessa lo guardava con disprezzo per aver cercato di violare i suoi pensieri. Alexandros distolse lo sguardo, sentendosi in colpa per ciò che aveva tentato di fare.

«Visto che stai meglio, il mio signore ha detto che vuole conferire con te!» disse, prima di uscire dalla piccola cella senza voltarsi indietro.


LA TORRE SCARLATTA - Destini Intrecciati (Libro 1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora