Capitolo 15 - SCONTRO DI LUCE E OMBRA - seconda parte

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«Muoviamoci! Esgarth e la sua squadra ci hanno preceduto, probabilmente sono già nella cattedrale.»

Selene e Maximilian annuirono con un cenno del capo e accelerarono il passo per tenere il ritmo del primo maestro Tron. 

I tre avanzavano nel dedalo di strade della città di Florentia, immersa nell'oblio delle tarde ore notturne. La ridente città, famosa per le nobili abitazioni d'arte rinascimentale e gli sfarzosi giardini ricchi di piante colorate, appariva ora una tetra necropoli, dove le ombre degli edifici danzavano come anime perdute alla luce di una pallida luna.

«Anche Dass e Alteria potrebbero trovarsi già là» disse Selene, col cuore pervaso dall'orribile sensazione che potesse succedere qualcosa di brutto ai ragazzi. Il suo compagno condivideva gli stessi sentimenti.

Tron gettò loro un'occhiata di sdegno. Non aveva mancato per tutto il viaggio di rimproverarli a causa della fuga ingiustificata dei loro due allievi. Capiva però la preoccupazione che provavano: avrebbe sicuramente somministrato la giusta punizione ai due fuggiaschi, ma prima doveva ritrovarli vivi. Il suo primo pensiero rimaneva comunque per l'obiettivo della missione: riportare indietro l'ormai ex Secondo Arcimago Alexandros. Se si fosse rivelato ostile, sarebbe stato un avversario parecchio ostico da affrontare, e forse, non sarebbe stato neanche il peggiore dei problemi.

«Le percepite anche voi?»

«Sì, maestro Tron» rispose Maximilian «non ho mai sentito due aure magiche così potenti. Una magnifica e luminosa, mentre l'altra è tremendamente oscura.»

«La prima appartiene sicuramente al cherubino Emmaniel, santo protettore della cattedrale, mentre la seconda...»

«Maestro, pensate forse che?»

«Non potrebbe essere altrimenti. Un'aura tanto maligna non può che appartenere ad uno dei signori degli inferi» concluse Tron.

«Vorrebbe dire che Alexandros ha evocato... no, non voglio crederci» aggiunse Selene, rivolgendo gli occhi al cielo e i pensieri alla sua allieva. "Alteria, quell'uomo sarà ancora lo stesso di cui ti sei innamorata?"

Maximilian comprese la situazione e cercò di dare un minimo di conforto alla sua compagna, stringendole la mano.

"Stai tranquilla" voleva dirle con quel gesto, e il suo animo sussultò come se avesse percepito quei pensieri. Ogni attenzione, o parola che le dedicava, riusciva sempre a raggiungere il suo cuore. Era l'unico in grado di farlo, l'unico appiglio e baluardo tra le asettiche pareti della torre, l'unica luce in grado di penetrare la fredda corazza che aveva costruito attorno alla sua anima. Selene sentiva che nell'ultimo periodo si erano avvicinati ancora di più. Strinse forte la sua mano, non l'avrebbe mai lasciato.

Il tremendo tanfo, proveniente dalle fogne ingorgate della città, li accompagnava da quando avevano messo piede in quel luogo, insieme alla fastidiosa sensazione di essere osservati da centinaia di occhi maligni. L'angosciante percezione di essere pedine della grande scacchiera del destino, si impadronì dei tre stregoni rendendo pesante ogni loro passo. Soltanto Tron sembrava esser in parte refrattario a quella situazione. Lui, considerato forse l'essere mortale più vicino a un Dio, non poteva lasciarsi trasportare dagli degli eventi. Era però cosciente delle tremende forze in gioco: sarebbe bastato il suo potere ad arginarle?

Giunsero all'ingresso del parco che circondava la cattedrale. L'intera area era avvolta nella nebbia, talmente densa che rendeva persino difficile vedersi le punte dei piedi.

«Questa nebbia non è un fenomeno naturale» disse Tron per niente entusiasta della situazione, «procediamo con molta attenzione.»

Proseguivano in quello che pareva un paesaggio onirico dai contorni indefiniti. Selene si strinse ulteriormente al suo compagno per paura di smarrirlo, il Primo Arcimago, davanti a loro di mezzo passo, rischiava quasi di sparire alla loro vista.

Lo scalpiccio degli stivali sull'erba umida abbinato a quello ritmico del loro respiro, era l'unico rumore che riuscivano ad udire.

«Non siamo soli» esclamò Tron all'improvviso.

Tanti piccoli occhi, rossi come gocce di sangue, sibilavano veloci a pochi metri dal gruppetto di stregoni.

«Maximilian, è ora di fare un po' di chiarezza in questa specie di limbo in cui ci stiamo avventurando.»

Lo stregone non se lo fece ripetere. Scostò leggermente Selene e tese tutti i muscoli flettendo leggermente le ginocchia. Intorno ai tre si formò dapprima una piccola brezza che si espanse, accelerando la propria velocità a tal punto da piegare le fronde degli alberi. Il vortice spazzò la densa nebbia per il raggio di una dozzina di metri, rivelando alla luce delle stelle, le grottesche sagome dei vampiri che li stavano circondando. Una decina all'incirca; si muovevano come predatori pronti ad azzannare le loro vittime.

«Cedete il passo servitori del male se non volete prematuramente abbandonare le vostre putride spoglie materiali.»

Tron stava per attingere ai suoi tremendi poteri magici, mentre i vampiri, ignari di ciò che li aspettava, mostrarono i canini, lunghi come le zanne di un lupo, in segno di sfida.

Selene stava per attaccare con un incantesimo, ma Maximilian la fermò.

«Aspetta, non ce ne sarà bisogno» disse indicando l'arcimago.

Dal suo corpo piccoli fili luminosi cominciarono a materializzarsi, crescendo sempre più in quantità e frequenza.

Tron sospirò, poi, dopo qualche istante passato in meditazione, spalancò gli occhi, esplodendo tutta la sua forza spirituale.

Un fitto reticolo di raggi di luce riempì l'intera area, mitragliando in ogni parte del corpo i vampiri che, fino a pochi secondi prima ostentavano sicurezza, forti della loro superiorità numerica. Fecero appena in tempo a gridare di dolore, prima di essere ridotti in piccoli mucchietti di polvere dall'incantesimo del più potente stregone della Torre Scarlatta. 

LA TORRE SCARLATTA - Destini Intrecciati (Libro 1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora