10. Fin da Londra

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Avevamo raggiunto Londra in un lasso di tempo minore di quanto era stabilito, di primo mattino le strade erano quasi sgombre rendendo il percorso veloce e a tratti piacevole.

Harry aveva accostato dinanzi ad un hotel, l'edificio era composto da tanti piccoli mattoncini beige decorati con delle lucine che a quell'ora erano spente, ma comunque visibili, l'insegna dell'hotel era illuminata da altrettanti led sottolineando le cinque stelle.

Rimasi meravigliata da tutto quel lusso concentrato in un solo luogo, il sorriso sulle mie labbra si estese mentre con lo sguardo notavo l'espressione divertita del riccio intento a prendere la sua borsa di pelle marroncina consumata dai continui viaggi, prese anche il mio zaino dai sedili posteriori e il mio cellulare che era rimasto lì tutta la notte.

Entrai al suo fianco e venni subito accolta dal calore emanato dai riscaldamenti, nella hall padroneggiava la classica moquette rossa percorsi quel lungo corridoio trovandomi dopo poche ore nuovamente davanti ad un bancone, ad accoglierci questa volta fu una ragazza qualche anno più grande di me, indossava una divisa blu, i capelli raccolti in una treccia bassa e un sorriso si espanse sul suo viso alla vista di Harry.

«Styles.» puntualizzò facendo arrossire la povera hostess che impacciata incespicò su i suoi stessi passi, si voltò prendendo due tessere da un contenitore e le lasciò sulla superficie sparendo lungo il corridoio dopo aver mormorato un lieve "grazie per essere venuti."

Harry alzò un sopracciglio sconcertato da quella bizzarra situazione seguendo la stessa strada della povera malcapitata si fermò di botto appena l'ascensore entrò a far parte della sua visuale, premette incessantemente quel pulsantino portandomi all'esasperazione.

L'ageggio che ci stava scortando ai piani venne riempito dalla colonia di Harry inebriandomi i sensi, lo spazio vitale minimo e sentii il viso andarmi completamente a fuoco, calai lo sguardo fissando le suola delle mie scarpe aspettando che arrivasse a destinazione.

Le porte si spalancarono e feci un gran sospiro tornando a respirare normalmente, arrivai fuori alla porta della mia stanza che precedeva quella di Harry, lo salutai con un cenno del capo passando poi la scheda sul sensore.

La moquette nera predominava l'intera camera dalle pareti grigiastre con dei minimi dettagli che la rendevano ancora più particolare, mi avvicinai alla tenda bianca spalancandola: quello che trovai dinanzi ai miei occhi fu magnifico, l'intero paesaggio di Londra si rispecchiava nel Tamigi.

Il letto era posto poco più distante dal finestrone che dominava sulla stanza, affiancato da un piccolo comodino e una scrivania dello stesso materiale sull'entrata.

Feci un bagno caldo cercando di camuffare le ultime tracce di quel raffreddore che negli ultimi giorni mi aveva perseguitato.

Immersi il mio corpo nella vasca che accolse la mia salma, mi spogliai di tutte le preoccupazioni e di tutti i pensieri che durante la notte avevano preso il sopravvento impedendomi di dormire, era la mia parte preferita del giorno dove lavavo via ogni tipo di impurità che durante il giorno mi accadeva, rimanendo sola con me stessa e con il minimo di purezza che una piccola parte di me costituiva.

Avvolsi il mio corpo in un accappatoio offerto dall'hotel accompagnata dalla scia di vapore che mi seguii fino al letto dove giaceva il phon che avevo staccato in precedenza.

Il rumore assordante dell'apparecchio riempii le mie orecchie rompendo il silenzio, passai parte del mio tempo prendendomi cura di me stessa tanto che non senti l'intenso battere alla porta da parte di Harry.

«Pensavo fossi affogata.» brontolò spalancando la porta ed entrò nella mia camera senza esitare.
Il suo sguardo vacillò sul mio corpo ancora coperto dall'accappatoio, scrutò la lunghezza delle mie gambe per poi passare alle clavicole esposte e poi al viso, mi schiarii la voce interrompendo il contatto visivo che aveva creato con la mia sagoma.

Dress code [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora