32. Scontro sul bus e litigi.

4.2K 161 8
                                    

Ero scappata via dopo le parole che egli aveva pronunciato, arrancavo sulla strada ciottolosa e stretta senza una meta ben precisa. Sentivo il mio nome che da lontano veniva urlato dal riccio ma non mi voltai, il mio cervello era carico di informazioni e come se non bastasse anche il mio migliore amico era dentro a quella società del cazzo.

Avevo corso per non so quanto tempo e pensai di aver seminato il castano, mi abbattei lungo una corteccia che abbellivano la strada, presi un lungo sospiro prima di ricominciare a camminare normalmente diretta verso casa.

Il mio polso venne racchiuso tra le sue mani e mi voltai avidamente, che cosa diamine voleva ancora?

«Lasciami in pace» sentenziai provando a liberarmi dalla presa ferrea che esercitava sul mio polso, «Harry, maledizione!» strattonai via il mio polso proseguendo sul cammino.

Passai una mano tra i capelli nervosamente, non sapevo dove cazzo andare ma non volevo dargliela vita. Riuscivo ad intravedere la fermata del bus e decisi di attendere l'arrivo di quest'ultimo.

Mi sedetti sulla panca coperta dalla pensilina di plastica che ricopriva il mio capo, si sedette qualche centimetro più in là restando in silenzio. Aveva intenzione di prendere il bus assieme a me? Perfetto.
Sbuffai frustrata, erano passati già dieci minuti da quando ero seduta lì e il suo del vento che si insediava tra le foglie era l'unico rumore udibile.

Il mezzo si avvicinava e si fermò dinanzi alla mia figura: inserii le monete nel monitor per i biglietti e proseguii verso la fine del pullman che era occupata e rimasi all'in piedi reggendomi al poggia-mano, sbuffai quando mi voltai e vidi che era dietro di me. Lo incenerii con lo sguardo provando ad essere imbronciata ma dal suo sorriso mi accorsi che probabilmente non ero risultata come speravo.

Una frenata improvvisa mi fece perdere l'equilibrio e caddi su qualcosa di morbido, alzai il viso dal nero che presto si rivelò essere la sua camicia e l'unico colore che vidi fu il color giada dei suoi occhi incastrati nei miei.
Mi ero aggrappata al colletto di essa per non finire spiaccicata con il viso sul pavimento sporco di quel maledetto autobus.

«Potresti..» mi schiarii la voce,«potresti anche lasciarmi.» sbottai alludendo al braccio era stretto al mio bàcino.

Balzo su due piedi pulendo il pantalone firmato che indossava, alzai gli occhi al cielo spazientita.
Finalmente arrivai alla fermata che era a pochi passi dalla strada di casa mia e abbandonai quel pullman puzzolente.

Camminai con il mio cagnolino personale che seguiva ogni spostamento, esasperante. Era letteralmente esasperante.

Sbloccai la serratura entrando nel mio appartamento e mentre stavo per richiudere la porta il suo palmo bloccò i miei movimenti.

«Posso parlarti?» disse con un'espressione osai dire, dispiaciuta. Ci pensai su per qualche minuto prima di spalancare la porta non prima di averlo avvertito di un particolare.

«Cinque minuti, non uno in più.» dissi schiva.

«Uhm, allora vediamo..» si fermò a riflettere per un secondo, «Ricordati, cinque minuti.» ripetei sedendomi sul bordo del divano.

«Maledizione, il tuo amico Louis conosce Niall e aveva bisogno di un lavoro», passò nervosamente una mano nei suoi capelli folti, avevo le braccia incrociate al petto mentre aspettavo che continuasse.

«E allora ha iniziato a far parte della Wolves of drugs.» rabbrividii al nome della loro organizzazione, non era quello che mi faceva rabbia e decisi di esprimere le mie frustrazioni.

«Sai cosa mi fa innervosire?» sbottai, scosse la testa e mi incitò a continuare, «è che se io non avessi seguito loro tu non mi avresti mai detto niente.» calò lo sguardo sui suoi piedi, sorrisi amareggiata.

Dress code [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora