35. Candele al melograno e commedia romantica.

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Il profumo delle candele all'aroma di melograno si disperdeva nell'aria giungendo nelle mie narici, una tenda era sistemata al centro del soffitto contornato da lucine natalizie che scendevano lungo i bordi, sul pavimento erano posizionate due coperte che avrebbero dovuto ospitare i nostri corpi e su di esse giaceva un portatile sul quale padroneggiava la scritta "Netflix".

Era tutto studiato nei minimi dettagli, i cavetti per la luce e per il caricabatterie del pc erano legati ad una prolunga che terminava chissà dove. Guardai nell'orizzonte, il resto della città appariva lontano è sfocato a causa della nebbia che avvolgeva il Regno Unito.

Mi voltai nella sua direzione catapultandomi tra le sue braccia, mi prese giusto in tempo e non esitai a riempire il suo volto di baci.

«Suppongo che ti sia piaciuto.» disse sghembo ammiccando, gli sorrisi ad un centimetro dalle sue labbra annuendo velocemente, «Tantissimo.» soffiai.

«Vieni, dai.» scesi dal suo corpo  camminando dietro di lui con un sorriso stampato sul viso, si sedette sulle coperte e imitai i suoi movimenti.
Posò due cartoni contenenti delle pizze all'interno della tenda, rimasi seduta avvolta dal silenzio e dal solo rumore dei nostri respiri che si fondevano: il mio più pesante il suo leggero ed appena udibile.
Addentai un morso beandomi della brezza che incombeva dritta sul mio viso scompigliandomi i capelli, intanto sul portatile stava iniziando una commedia romantica intitolata In-Lawfully Yours, da quello che avevo capito quando Harry leggeva la trama era che la protagonista era una ragazza newyorkese che dal centro abitato si trasferì in campagna innamorandosi di un pastore che si rivelò essere suo cognato.

La visione del film fu accompagnata da vari risolini, mi ero abbattuta sulla coperta stendendosi a pancia in giù, qualche sguardo fugace ad Harry e poi la mia attenzione ritornava sul film.

«Signor Grinch?» richiamai la sua attenzione quando finalmente terminò la commedia, mi issai a sedere seguita dal riccio che indicò la tenda per passare la notte. Il battito del mio cuore era accelerato a causa della sua vicinanza, volevo porgergli una domanda che mi stava tormentando da troppo tempo.

«Mi dica, Marta May.» replicò, scoppiai a ridere per poi ritornare subito seria prima di schiudere le labbra e dare vita ai miei dubbi.

«Sei disposto a rispondere ad una, ad una domanda?» vacillai, lui increspò la fronte mentre prendeva tra l'indice e il pollice il labbro inferiore e intanto annuiva debolmente.

«Cosa.. cosa significa amare?» fissava la mia esile figura esaminando il mio volto che assunse una smorfia quando pronunciai quelle sillabe, «Tu mi dicesti che l'amore non è come quello che provai con Deven.. allora com'è? Perché io non ci capisco niente. » espulsi i pensieri che mi occupavano la mente da fin troppo tempo.

Esitò prendendo un sospiro.

«L'amore è leggerezza, è intuizione. Quando ami una persona puoi tenere le sue mani anche se lontani. Amore è un dubbio..» si prese una pausa, incastrò i miei occhi nei suoi.

«Un lieve dubbio che diventa consolazione, certezza di essere sempre lì per l'altro. Equilibrio e follia. Cercare gli occhi della persona amata tra la gente. Amare non è perdersi, è ritrovarsi sempre. » i miei occhi si inumidirono ma riuscii a trattenere le emozioni,  fissavo intanto  le sue dita ricoperte di anelli non riuscendo ad alzare lo sguardo.
Gran parte delle emozioni che egli stava descrivendo non le avevo mai provate con Deven ma in quel momento non mi erano del tutto sconosciute.

«Sei mai stato innamorato?» osai puntando nei suoi smeraldi, scosse leggermente la testa.

«No, so riconoscere l'amore dall'attrazione fisica.» sibilò con il tono di voce sempre più tenue, annuii alle sue parole. 

Dress code [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora