8. Ancora tu?

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«Pronto?» una voce resa metallica resa tale dalla linea telefonica pronunciò quelle parole marcando l'ultima vocale​ e udii quello strano accento a me sconosciuto, tibutante sul dal farsi decisi di informare come avevo ottenuto quel numero.

«Uhm, ho ricevuto una lettera ma l'unica cosa leggibile è questo numero, sono rientrata ora a casa ed è zuppa d'acqua. Mi spiace di avervi disturbato, volevo sapere di cosa si trattasse.» ammisi rigirando tra le mie mani la carta ancora umida cercando di scovare altre informazioni, ma era tutto sbiadito.

«Aspetta che chiamo il responsabile di questi eventi.» ribatté in modo formale lasciandomi in attesa, quando pensai che si fosse dimenticato di avvisare questo "responsabile" una voce molto più giovane e dall'accento inglese fece capolino​.

«Si?» mi resi conto che si trattasse ancora una volta di lui, pensai di essere matta così schiarendomi la voce provai ad avere una conversazione normale, pensai che fosse solo un brutto scherzo che stava giocando la mia mente.
Rispiegai il motivo per cui stessi telefonando a quel numero, mi zittì
- esaminando la mia voce - per poi urlare dall'alto capo del telefono.

«Non ci posso credere, ancora tu? Candy per quale cazzo di motivo sei ovunque?» urlò incredulo, sbuffò mentre sussurrava qualcosa di incomprensibile a qualcuno accanto a lui, poi collegai tutto; era tornato a Londra da sua madre.

«Cindy, mi chiamo Cindy-» ribadii, mentre con la mente viaggiai a londra immaginando il riccio disinteressato a svolgere le attività che la madre gli ordinava, non capii tutta questa improvvisa ostilità nei miei confronti quando qualche ora prima faceva di tutto pur di farmi innervosire.
«Dimmi solo il contenuto della lettera, per favore.» continuai passando la mano libera nei miei capelli quasi asciutti, starnutii prevedendo un'influenza, con l'arrivo della stagione fredda ero sempre ammalata.

«Mia madre ti ha invitato alla cena di gala di mercoledì.» rivelò, dalla sua voce non fuoriuscì nessuna emozione tanto che la frase risultò apatica e priva di espressione.
Non capii cosa c'entrasse lui con me e perché ci fosse il suo numero, come se leggesse nella mia mente puntualizzò che lui era il mio accompagnatore, eravamo i più giovani e la madre decise di farci andare assieme.

«Oh.» sussurrai non sapendo cosa dire, faceva pur sempre parte dell'impegno che avevo preso con Anne e non potevo rifiutare.

«Ti passo a prendere domani alle 20, fatti trovare pronta altrimenti prendi la tua cazzo di corriera.» senza darmi il tempo di ribattere chiuse la chiamata, avrei preferito arrivare a Londra con la corriera piuttosto che passare tre ore infernali con Harry.
Sospirai, riprendendo la borsa ancora con i vestiti all'interno versando il contenuto sul
letto, presi altri vestiti puliti dall'armadio ponendoli nella valigia.

Sbadigliai dando uno sguardo all'orologio che segnava le 23.08, decisi di coricarmi senza cenare, ero esausta e avevo bisogno di energie per i due giorni successivi, non diedi peso ai miei pensieri chiudendo gli occhi, mentre mi lasciai cullare dal fruscio degli alberi.

***
Avevo passato l'intera mattinata a letto tra starnuti e brividi, come avevo previsto il temporale di ieri non aveva fatto altro che peggiorare le cose.
Nel tardo pomeriggio mi alzai decidendo di fare un bagno caldo, stetti più poco tempo possibile nell'acqua e mi asciugai velocemente con un telo e avvolsi i capelli in un'altra​, dopo averli spazzolati accuratamente procedetti ad asciugarli con il phon, poi guardai il mio riflesso allo specchio: il tessuto che circondava i miei occhi verdi era contornato da occhiaie bluastre dando al mio viso un colore molto più pallido, le guance erano colorate di rosso, segno della temperatura corporea aumentata.

Il picchiettare alla porta mi fece risvegliare dal mio stato di trance, dal bagno mi spostai in camera prendendo lo zaino lasciato sul pavimento e la giacca di lana, gracchiai un flebile "sto arrivando" appena udibile, e scesi velocemente le scale.
Aprii la porta rivelando la figura di Harry intento a scovare qualcosa nel bagagliao, il tonfo provocato dalla porta lo distolse dalla sua attività mentre scrutava il mio viso.

«Sali in macchina.» ordinò gentilmente senza spezzare il contatto visivo, annuii avvicinandomi alla vettura apparentemente costosa e mi accomodai al posto del passeggero, fui subito accolta dal calore emanato e trovai una posizione abbastanza comoda.
Harry sbatté la portiera facendomi sobbalzare, voltò il capo nella mia direzione scrutandomi con i suoi occhioni stranamente vivaci.

«Stai bene? Sei pallida.»

«Ho il raffreddore.» bofonchiai tossicchiando e poggiai il capo sul finestrino gaurdando la città scorrere sotto i miei occhi, dal suo canto Harry si limitò ad assentire.

Non riuscii a rimanere sveglia, mi lasciai andare sul sediolino e caddi in un sonno profondo.
Non so per quanto tempo dormii, la mano di Harry stava picchiettando la mia spalla svegliandomi, mormorai qualcosa di incomprensibile voltando il capo dal lato opposto per non essere disturbata, lui ridacchiò continuando a bisbigliare il mio nome.
Aprii gli occhi trovando la sua faccia divertita a pochi centimetri dal mio viso, ancora assonnata lo incitai a continuare e sperai avesse un buon motivo per avermi svegliata, notai era passata appena mezz'ora e ci trovavamo ancora in periferia.

«Le strade sono piene di neve, ho trovato un hotel dove passeremo la notte.»

«Dove siamo?» brontolai scrutando attraverso il vetro tentando di trovare qualche informazione utile, fu vano dal momento che il finestrino era offuscato e fui costretta ad accettare, dopotutto non avrei avuto altra scelta.

«Ancora a Northwich.» annuii e scesi dalla vettura stringendomi nel cappotto, i miei piedi sprofondarono nella neve lasciando delle piccole orme dei miei passi, facendomi ridacchiare.

L'edificio, a detta di Harry, non era molto distante da dove aveva lasciato l'auto, ci incamminammo lungo una strada buia priva di luci e un brivido percorse la mia spina dorsale.

«Rilassati.» si prese gioco di me ridendo per la prima volta, solo allora notai la fossetta sulla sua guancia comparire «Se avessi voluto ucciderti l'avrei già fatto mentre dormivi.» ammiccò sghignazzando allegramente, dal mio canto, restai sconvolta tanto che la mia bocca assunse una forma ad "O".

«Siamo arrivati?»

«Che noia che sei»

«Ma ho freddo.» lagnai battendo i piedi sulla neve riproducendo gli atteggiamenti di una bimba, stavo davvero gelando e la condizione in cui mi trovavo non era a mio favore, posizionai lo zaino sulle spalle cercando di bilanciare il peso che influiva sulla schiena.
Harry si accorse del mio disagio porgendomi una mano, lo guardai accigliata
e con un cenno del capo indicò il mio zaino.

«Non preoccuparti, posso farcela da sola.»

«Lascia fare a me.» cedetti alla sua proposta porgendo la borsa.
Le nostre mani si sfiorarono per sbaglio e rabbrividii al contatto con la sua gelida e la mia bollente «Cindy.» richiamò la mia attenzione, strabuzzai gli occhi al suono del mio nome limitandomi a rispondere con un mormorio.

«Hai la febbre.»

Dress code [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora