A svegliarmi fu la suoneria del mio cellulare che vibrava costantemente sul comodino.
Strofinai gli occhi e risposi.«Anne, mi dica.» mormorai con la voce ancora assonnata, erano passati due giorni da quando chiesi al figlio di stare alla larga da me e quella chiamata non fece altro che ingarbugliarmi i pensieri.
«Si tratta di mio figlio», balzai a sedere all'istante, se gli fosse successo qualcosa non me lo sarei mai perdonata, la spronai a continuare.
«Sono due giorni che non risponde al telefono, speravo fosse con te.» sospirai, «No, Anne non è con me. » le dissi è un singhiozzo uscii dalle sue labbra.
«G-gli è successo qualcosa. Mi ha sempre risposto.» confessò sua madre preoccupata per l'incolumità del figlio.
«Vado.. vado a vedere se è a casa.» tentennai, « Grazie mille, Cindy. » mormorò prima di mettere giù.
Mi vestii in fretta dopo essermi lavata, la Citroen che avevo noleggiata era parcheggiata ancora nel giardino e mi sedetti all'interno di essa dopo aver chiuso la porta di casa ed aver indossato la giacca a vento che mi riparava dal gelo.
Guidai fino a casa sua, impacciata sui miei stessi passi bloccai il pugno a mezz'aria.«Non è qui.» mi voltai lentamente, i lineamenti simili al figlio, due occhi del medesimo colore ma con un accenno di cattiveria in essi. Deglutii. Si arricciava i baffi tra le lunga dita affusolate, fissava nella mia direzione con una espressione maliziosa.
«Dov'è?» pronunciai in un sussurro, i miei tentativi di apparire sicura di me fallirono. Con due dita mi invitava ad avvicinarmi, ma rimasi sui miei passi.
«Seguimi.» disse schivo, scossi all'istante la testa.
«Allora non ti importa di lui, sai quanto è stato male? Lo sai?» sbraitò, indietreggiai fino a quando toccai il paraurti della vettura, scacciai via le lacrime che si erano formate agli angoli degli occhi.
Era nei guai per colpa mia, dovevo riuscire ad arrivare al loro covo, ero sicura fosse lì.
Salii nuovamente nell'auto sfrecciando il più lontano possibile da Chad, percorsi il tragitto che portava ad Holmes Chapel e poi scesi nella stradina abbandonata. La memoria non mi aveva tradito e nei fui soddisfatta.
Camminavo in punta di piedi temendo la mia stessa vita, non potevo lasciarlo lì.
Mi insinuai nel bosco fitto mentre la mia mano batteva con veemenza sulla porta di metallo, il viso di Deven si presentò davanti ai miei occhi. Indossava un camice ed una mascherina, mi bloccava il passaggio; in suo aiuto erano accorsi Zayn, Niall e Louis guardai amareggiata i volti dei tre in particolare il corvino.«Per favore..» ululai tra le lacrime, Deven provò a toccarmi ma mi scansai riuscendo ad accedere nel luogo infernale. Girai tutte le camere che accoglievano persone e addirittura neonati, erano così dannatamente vergognosi. Di lui nemmeno l'ombra.
Salii le scale a due, i loro passi erano dietro di me mentre mi abissavo lungo i corridoi bui, una stanza con una teca di vetro era tutto ciò che decorava quel luogo.
Giaceva lì, le mani e i piedi erano rinchiusi con una sbarra di metallo. Indossava un pantalone bianco e largo e il torace scoperto sul quale erano attaccati elettrodi che scendevano in un tubicino collegato ad un macchinario, dovevo immettere un codice per sbloccare la vetrata. Presto venni raggiunta da Zayn che sollevò il mio peso dal pavimento ignorando i miei calci, «È un tuo amico, Zayn fa qualcosa!» urlai, gli occhi di tutti furono puntati su di me.
«Tranquilla Cindy.» disse con un tono severo.
«Come faccio a stare tranquilla quando lui è in queste condizioni? » sbottai battendo i palmi contro il vetro, il suo battito cardiaco aumentò visibilmente.
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Dress code [IN REVISIONE]
FanfictionCindy Moore ventenne di Northwich che viaggia spesso dal paese in cui vive diretta a Londra per lavoro, non crede più nelle sue emozioni ed è sfiduciata verso il sesso opposto. Harry Styles, ventitreenne di Northwich figlio della proprietaria più g...