44. Confessioni e solo tua

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Camminavo per le strade di Londra stretta nel mio cappotto scamosciato, avevo le mani nelle tasche mentre mi aggiravo nei pressi di primrose hill notai una capigliatura arruffata che con il capo chino era intenta a buttare giù i pensieri su un notebook malandato.

Mi avvicinai cautamente, lo scricchiolio delle foglie che venivano calpestate dalla suola delle mie scarpe erano l'unico rumore che riempiva quel parco semivuoto, occupai la panchina sicura del mio istinto che affermava che si trattasse di Harry.

Mi degnò di un briciolo di attenzione roteando il capo, un'espressione meravigliata sostituì il cipiglio che occupava sempre il suo viso.

«Ciao.» gongolò chiudendo il diario che teneva stretto tra le sue mani, un sospiro abbandonò le mie labbra e calai lo sguardo sulle dita che erano impegnate a rincorrersi.

«Ciao.» dissi silenziosamente, avevo tirato il labbro inferiore tra i denti ero davanti ad un bivio; i miei sentimenti piano piano stavano iniziando a rifiorire dentro me e non sapevo se essere felice o meno, avevo paura di non riuscire a sopportare un'altra delusione.

Esternai i miei pensieri rendendo partecipe il diretto interessato al casino che si stava ampliando internamente.

«Io credo che.. che tu, che io mi sia innamorata di te. » ammisi con il sangue che defluiva nelle  mie gote, trasalii al contatto con la sua mano gelida contro il mio viso.

Incastrò i suoi occhi color giada nei miei, ero in imbarazzo e aprire il mio cuore dopo anni era un passo avanti per me.

Lui non parlò, poggiò la fronte contro la mia e sfregò il suo naso dritto provocandomi una risatina, le sue mani racchiudevano il mio viso mentre il suo respiro caldo entrava in contatto con la mia pelle refrigerata.

La sua lingua tracciò il contorno delle mie labbra chiedendo l'accesso alla mia bocca che schiusi, ricercava disperatamente il mio contatto ed intrecciai il muscolo con il suo. Era un bacio dolce, lento come non mai. Stava assaporando ogni centimetro.

«Finalmente.» mormorò staccandosi ma restando ancora a pochi centimetri dal mio viso, poggiai il capo contro la sua spalla mentre godevo lo spettacolo che si celava davanti ai miei occhi; lo skyline di Londra si mostrava nella sua maestosità, mi sentivo così ricca.

Avevo al mio fianco un ragazzo perfetto, osservai prima il suo profilo che fissava davanti a sé con un accenno di sorriso poi la città che sorgeva nell'orizzonte. Mai nella mia vita fui più felice di sul diciannove dicembre.

Un carrettino si fermò a pochi passi da noi, e voltai il capo provando a capire di cosa si trattasse: zucchero filato.

I miei occhi si illuminarono alla vista delle nuvole di zucchero che creava quell'uomo e per poco non sbavano sulla giacca di Harry, si accorse della mia espressione e si alzò dalla panca prendendomi per mano.

Il mio cuore fece un salto nel vuoto mentre mi bissavo tra le cortecce curate del parco raggiungendo il camioncino della felicità.

«Una nuvola.» intimò il riccio bloccando i miei movimenti che erano intenti a pagare una stellina, sconfitta aspettai pazientemente che fosse pronto il dolciume fremendo dalla voglia di addentarlo.

Presi il bastoncino tra le dita e dopo aver salutato cordialmente mi allontanai intrecciando la mano a quella del più grande, staccai un pezzetto dal batuffolo  portandolo alle labbra del riccio, rubò il pezzetto dalle mie dita succhiando avidamente lo zucchero che era rimasto appiccicato su di esso e scossi la testa divertita.

Dress code [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora