«Cindy.» disse con il respiro affannato, mi aveva raggiunto in poco tempo grazie alle sue lunghe gambe. Non mi voltai, avevo troppa paura di puntare le miei iridi nelle sue erano il mio punto debole e mi imbarazzavo a tenere su un contatto visivo così a lungo, i suoi occhi parlavano e anche i miei non scherzavano.
«Che cosa vuoi ancora?» la mia rabbia andava scemando mentre il temporale avanzava con veemenza irrompendo nella tranquillità inglese con prepotenza, alzai il naso al cielo quando una gocciolina di pioggia mi cadde dritta sulla punta e istintivamente chiusi gli occhi.
«Posso parlarti?» alzai gli occhi al cielo voltandomi, le mie mani erano poggiate sulle anche intanto aspettavo che le parole uscissero dalla sua bocca, «A casa. » sottolineò, scossi la testa.
«Non ne vedo il motivo.» mi fissava intensamente come se volesse leggermi la mente, deglutii il groppo in gola e schiusi gli occhi quando la pioggerella iniziò a cadere dalle nuvole bagnando i miei capelli, il vento non aiutava dal momento che avevo rimasto la giacca nella sua abitazione, mi accorsi solo in quel momento che destava in pessime condizioni e indossava una maglia di cotone nera a maniche corte, lo superai ripercorrendo la strada verso casa sua.
Afferrò il mio polso tra le sue grandi mani e bloccai i miei passi fuori al cancello, stavo per ribattere quando si avvicinò al mio corpo impedendomi di formulare una frase di senso compiuto.
«Mi mandi il cervello in tilt, Cindy credimi, dal primo giorno che ti vidi capii che in te c'è qualcosa di diverso e nonostante io abbia scoperto le tue cicatrici di un passato che trasporti nel presente c'è qualcosa che mi attira a te in ogni luogo..» confessò con gli occhi puntati nei miei e il suo respiro era diretto sul mio viso, rabbrividii a contatto con il fiato sul mio collo che era bagnato a causa della pioggia.
«Non fuggire da me, non fuggire dai tuoi sentimenti..» concluse poggiando la fronte contro il cancello di ferro, il mio sguardo guizzò sulla sua mano che era ancora pressata sul mio polso eravamo zuppi d'acqua, non avevo parole per ribattere alla confessione che aveva fatto.
Non potevo essere arrabbiata con lui, sapeva che mi importasse di lui e non capii il motivo per cui dovesse fingersi il ragazzo di Madley, non sapevo cosa c'entrasse suo padre in tutta quella storia che ai miei occhi appariva senza senso.
Tirai via la mia mano dalla stretta che aveva esercitato fino a quel momento, salì fino alla mia guancia che accarezzava lentamente mentre si avvicinava sempre di più al mio viso, chiusi gli occhi quando i suoi ricci entrarono in contatto con il mio collo inclinai testa e fu lì che successe.
Baciò lentamente le mie labbra assaporandole, accadde con estrema lentezza, inclinai il capo permettendo che la sua lingua entrasse in contatto con la mia mentre iniziò una danza disperata tra entrambe, si rincorrevano per unirsi ancora e ancora.
Le mie mani erano tra i suoi capelli dove mi aggrappavo per restare all' in piedi dopo che l'uragano Harry mi aveva travolto, mi stringeva a sé con una leggera presa sulle anche, mi staccai cercando l'ossigeno necessario per consentirmi di respirare e restai nella stessa posizione non curante della pioggia che continuava a battere sui nostri corpi ormai inzuppati.
Guardavo le sue labbra arrossate a causa mia e i suoi capelli che non erano nelle migliori condizioni, aveva un sorriso stampato sul viso che dopo qualche istante stava sbocciando anche sul mio. Forse non si sbagliava.
Forse quello che avevo provato per Deven era una lontana sfaccettatura dell'amore, mai nella vita avevo provato sensazioni del genere con un solo bacio.Il cancello venne aperto e se non ci fosse stato lui a reggere il mio corpo mi sarei trovata spiaccicata sul pavimento, seguii il riccio in silenzio rendendomi conto del mio atteggiamento contraddittorio e delle azioni che avevano preceduto la ragione dando spazio dopo tanto tempo, al cuore.
Mi disse di poter utilizzare il bagno per fare una doccia veloce e asciugare i capelli ancora bagnati dalla pioggia per evitare di prendere un malanno ancora una volta, asciugai l'intero corpo con il telo che mi aveva ceduto e strizzai i capelli facendo gocciolare L'acqua da quest'ultimi.
Non trovai il phon e fui costretta ad avere un confronto faccia a faccia con il ragazzo che mi aveva baciato, deglutii e sbloccai la serratura e imboccai la via per raggiungerlo nel salotto, scesi lentamente le scale lasciando le goccioline di acqua a formare un percorso dietro di me.«Harry?»
«Qui.» ululò dalla cucina, era nascosto dietro alla porta del frigo e si mostrò il minimo per farmi notare la sua presenza.
«Mi..mi potresti dare il phon?» sussurrai per la prima volta imbarazzata, evitai il contatto visivo sentendomi una stupida, dovevo ritornare a casa senza dare ulteriore fastidio.
Annuì dirigendosi nella sua camera con me che seguivo ogni suo movimento, mi porse l'aggeggio e sfiorai casualmente le sue mani che mi provocarono brividi su tutto il corpo, diedi la colpa ai capelli ancora bagnati che mi infreddolivano e sparii nel bagno.
Mi accasciai lungo la porta mentre pensavo al casino che stavo creando nella sua vita, non ero la persona adatta per uno come Harry: meritava qualcosa di più.
Ero troppo problematica nella sua vita e non volevo essere un peso per lui, stentavo ancora a fidarmi del sesso opposto e avevo paura di uscirne lesa ancora una volta.Terminai di asciugare i capelli e misi in ordine, per quanto fosse possibile, il bagno.
Avevo i miei vestiti bagnati tra le mani e indossavo una maglia Harry con un pantalone della tuta stavolta della mia taglia.Lo vidi in cucina mentre era intento a cucinare qualcosa e dall'odore pensai che fosse riuscito a cucinare qualcosa senza mandare a fuoco l'intera cucina.
Si accorse di me quando mi schiarii la voce catturando la sua attenzione, avrei voluto dire tante cose e farne altrettante ma feci la cosa che ultimamente mi riusciva di più: rimanere in silenzio.«Tieni.» mi porse un piatto con degli spaghetti che erano avanzati quel pomeriggio, aspettai che prendesse posto accanto a me e presi la prima forchettata, non erano tanto male mancava il sale e qualche condimento in più ma tutto sommato erano mangiabili.
«Fanno schifo. » puntualizzò di punto in bianco e sorrisi all'espressione che aveva assunto.
«Sono mangiabili?» risulto più come una domanda ma non ci diedi peso continuando a fissare Harry che digiunava, indicai il forno ricordandomi della "torta" che avevo provato a fare.
Mi alzai controllando se fosse ancora lì e la estrassi, l' aspetto non dei migliori e sperai che ripagasse il sapore.
Tagliai una fetta e la misi in un piatto, la servii al riccio che la guardò come se fosse l'ultima pietanza sulla faccia della terra, ne presi un pezzetto e fui sorpresa quando mi accorsi che era squisita.«Mh.» squittì il riccio in approvazione, temevo di aprire il discorso "bacio" ma sapevo che prima o poi sarebbe dovuto succedere.
«Puoi.. potresti accompagnarmi a casa?» sibilai, lui mi fissò intensamente evitando i miei occhi e sotto al suo sguardo calai la testa a disagio, annuì lasciando il piatto che poco prima stava consumando a pochi centimetri di distanza abbandonandolo lì.
Lo seguii in silenzio intanto presi la giacca che era rimasta appesa all'entrata mentre aspettai nel garage in attesa di vederlo, la fame che avevo qualche ora prima era svanita del tutto e fu sostituita da un senso di nausea.
Salii nella range Rover restando in silenzio, dopo quindici minuti imboccò la strada di casa e gli appartamenti tutti simili si fecero spazio nella mia mente.«Harry, non doveva succedere... scusami e grazie per tutto. Prova a comprendermi. Buona..Buonanotte. » abbandonai la vettura senza aspettare una risposta da parte sua, rimase lì a fissare la porta che avevo sbattuto per qualche istante prima di sfrecciare via.
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Dress code [IN REVISIONE]
FanfictionCindy Moore ventenne di Northwich che viaggia spesso dal paese in cui vive diretta a Londra per lavoro, non crede più nelle sue emozioni ed è sfiduciata verso il sesso opposto. Harry Styles, ventitreenne di Northwich figlio della proprietaria più g...