41. Pelle su pelle.

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Qualcuno aveva deciso di rompersi le nocche fuori alla mia porta, era un incessante rumorio che non cessava nonostante avessi deciso di ignorarlo.
Scesi a piedi nudi facendomi spazio nel buio della notte mentre salterellavo sui gradini arrivando alla fonte del rumore: guardai dallo spioncino e vidi una figura di spalle, incappucciata. Aprii leggermente e l'uomo si girò; pensai fosse uno scherzo del destino.

Il riccio mi fissava con il viso frantumato dell'alcol, e me ne accorsi dai suoi occhi sbilenchi e dall'odore di esso che era percepibile anche a distanza, mi accostai per permettergli di entrare. Temevo ancora la sua presenza dopo la scenata che fece nella sua automobile qualche ora prima, dopotutto avevo capito che lo stava facendo per preservarmi ma il modo in cui agì mi spaventò e non poco.

«Cindy..» la sua voce si spezzò, chiusi la porta distanziandomi. Avevo ancora paura di lui e se ne accorse quando evitai il suo tocco.

«Sono un disastro.» piagnucolò, alzai lo sguardo incastrandolo tra i suoi occhi iniettati di sangue e di qualche sfumatura più scura del solito.

Restai zitta limitandomi ad osservare le sue fragilità.

«Di' qualcosa.» rammaricò disperato.

Cosa avrei dovuto dirgli? Avrei affrontato la conversazione da sobrio, non in quello stato. Afferrò il mio gomito attirandomi più vicina a lui ma sfuggii dalla sua presa, se aveva intenzione di risolvere ogni discussione con un bacio, beh si sbagliava.

Sgattaiolai al piano superiore chiudendo la porta a chiave, invano provai a riprendere sonno ma sentivo i lamenti di Harry che provenivano dal piano inferiore. Quando fui certa che dormiva uscii dalla mia camera dirigendomi verso il bagno dove svuotai la mia vescica, stavo per uscire quando sobbalzai al rumore della porta che venne richiusa.

«Basta giocare al gatto e al topo.»  esordii serio, deglutii indietreggiando quando lo vidi avanzare nella mia direzione. Ero sicura che stesse dormendo, avevo sentito il suo lieve ronfo, come diavolo era arrivato fin qui?

Ero giunta al termine del bagno scontrandomi contro il box doccia, si avvicinò pericolosamente a me. Deglutii trasalendo quando il suo respiro colpiva dritto sulle mie labbra, soffiò su di esse e mi lamentai.

«Harry.» mi zittii pressando le sue labbra sulle mie, ero stanca di respingerlo ancora, mi lasciai andare ricambiando il bacio.

Decisi di godermi quella quiete e rimandare tutti i miei piani a domani.

La mia lingua era incastrata alla sua, il suo palmo era pressato contro la cabina della doccia che doleva sulla mia schiena. La sua mano scesa lungo la coscia, afferrò saldamente il mio sedere attirandomi tra le sue braccia, le mie mani viaggiarono tra i suoi capelli e tirai le punte provocando un gemito gutturale da parte sua. Le sue mani si insediarono sotto il tessuto della maglia e rabbrividii al contatto con le sue mani fredde.

Alzai le braccia e sfilò quest'ultima che finì dritta sul pavimento, abbassi la maniglia della porta, sembra tra le sue braccia, mentre si muoveva alla ricerca della camera da letto. Aprii con un calcio riversandosi all'interno senza staccare mai le sue labbra dalle mie. Gli schiocchi dei nostri baci erano l'unica forma di rumore presente in tutta la stanza, mi staccai per prendere un respiro che uscii tremolante; leccai la parte compresa tra l'orecchio e il mento soffiando sopra, rabbrividì al contatto poggiando il mio corpo sul letto. Lo trascinai assieme a me reggendomi al colletto della sua camicia che con mani tremanti provai a sbottonare troppo violentemente, saltarono i bottoni per tutta la camera ma sembrò non curarsene.

Dress code [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora