23. Allergia alla polvere e non lasciarmi solo.

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«Harry sono a casa!» la voce spezzò il silenzio, iniziai a sudare freddo mentre gli occhi di Harry erano concentrati nel salotto, «Nasconditi sotto il letto in camera mia, no nel bagno e nemmeno nell'armadio: sotto il letto. Vai» sussurrò lasciando la presa sui miei polsi mentre raggiungeva la madre all'entrata, sentivo come inventava scuse assurde pur di trattenerla e ne approfittai della sua distrazione per sgattaiolare su per le scale, arrivai sana e salva e senza aver commesso nessun rumore al piano di sopra, entrai nella Sua camera sedendomi sul pavimento mentre strisciavo lentamente all'indietro dopo essermi stesa sul freddo ripiano.

Mi sentii soffocare e il tempismo del mio naso non mancò: ero allergica alla polvere e stavo cercando di smorzare gli starnuti che minacciavano di uscire.
Le voci si stavano avvicinando ed un brivido salì lungo la mia spina dorsale, «No, mamma è impossibile che sia qui dentro.» sentii urlare dal castano, ma la mamma insistette e calò la maniglia, iniziai a pregare mentalmente quando i suoi tacchi alti entrarono nella mia visuale e mi ricordai del codice del vestiario che era costretta, per modo di dire, ad indossare sempre.

Cazzo. Cazzo. Cazzo.

Il mio naso non ne voleva sapere più di trattenere starnuti repressi e si liberò, serrai gli occhi preparandomi alla mia morte istantanea.
Il copriletto venne alzato e ritrovai gli occhi di Anne scrutarmi, sorrisi timidamente uscendo dalla tana che mi aveva ospitato, mi libererai di tutti gli starnuti mormorando un flebile scusate, sotto gli occhi curiosi dei presenti.

Avrei voluto scavarmi una fossa istantanea e sotterrarmi fino a morire soffocata.

«Cindy, cosa ci fai qui?» chiese incrociando le braccia al petto in attesa di una risposta, guardai Harry non sapendo cosa dire «L'ho chiamata per darle l'invito mamma, non mi hai dato il tempo di dirtelo!» si giustificò precedendomi, annuii accordandomi alle parole del riccio.

«Oh, L'hai invitata anche a cena, che bravo il mio bambino.» gli disse piantando un bacio sulla sua guancia, alzò gli occhi al cielo e trattenni una risata in tempo.
Harry aveva ancora le guance colorate di nero e i capelli infarinati ed io non mi trovavo in condizioni migliori.

«Divertitevi. Ci vediamo presto Cindy.» annunciò e salutai di rimando e osservai la sua figura longilinea abbandonare l'appartamento del figlio. 

«Ah, Harry?» urlò dal piano inferiore facendo sbuffare il più grande che gridò di rimando il nome della madre, «tuo padre vuole vederti.», concluse abbandonando la casa che fu avvolta dal silenzio ancora una volta.

«Har.» mi avvicinai sfiorando il suo braccio che scansò il mio tocco, socchiusi gli occhi provando una nuova sensazione in me stessa, un magone all'interno dello stomaco e no, non era fame.

«Ti accompagno a casa.» disse cupo scuotendo i capelli dai granelli di farina intrappolati tra i ricciolini.
Scossi la testa sedendomi sulla piattaforma morbida liberandomi dalle scarpe, incrociai le gambe sul materasso mentre osservavo la sua figura torturarsi i capelli.

Mi alzai nuovamente tirando via la mano che era intenta a tirare le radici dei suoi capelli per sfogare la sua frustrazione, stavolta non schivò il mio tocco «Non è questo il modo.» ripetei le parole che mi disse qualche sera prima. Deglutì la saliva mentre respirò per poi espellere l'aria attraverso le narici.

La notte era calata nonostante fossero le sei di pomeriggio, la stanza era illuminata dalla luce artificiale lampadario e il silenzio nel quartiere dava l'idea di essere notte fonda.

La mia mano era tremante  quando provai a far sentire la mia presenza proprio come fece lui, combattei con mente e cuore mentre con un tocco appena percettibile presi la sua mano strattonando con gentilezza, e per quanto mi era possibile vista la sua figura torreggiante, verso l'uscita della sua camera.

Dress code [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora