Capitolo 10

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Pov's Caitlyn

Freddo. Tanto freddo.

È la prima cosa che capii appena mi svegliai. Sentì qualcosa di duro sotto di me e freddo e appena cercai di aprire gli occhi vidi una nebbia fittissima sopra di me e tutt'intorno.

Mi lasciai andare al panico ma dopo un secondo capii dove fossi finita.
Era pomeriggio e visto che mia madre era a lavoro avevo deciso di venire a trovare mio padre al cimitero. Dopo dovrò essermi addormentata sulla sua lapide perché non mi ricordo nulla.
Mi alzai e controllai l'ora, il sole stava calando e fra un po' iniziava a fare buio.

Perciò mi stiracchiai mentre rabbrividì quando il freddo mi colpì in pieno volto. Mi strinsi per quel che potevo nella giacca e presi la borsa indugiando qualche minuto davanti alla lapide.

Papà mi mancava. Come adesso mi mancava la mamma.

Da quando mio padre è morto, mia madre passa tutto il tempo fuori per lavoro e di rado la vedo a casa. Dal primo giorno dell'inizio della scuola l'avrò vista si e no sette volte, in circa due mesi.

Decisi ad andarmene e salutai mio padre.

"Ci vediamo. E grazie per avermi ascoltata..."
Abbassai lo sguardo e mi feci forza.

"Ti voglio bene."

Andai via dal cimitero a passo lento osservando tutto intorno a me. La strada che portava lì non era tanto lontana da casa mia, giusto dieci o quindici minuti a piedi caso mai.
Ma intorno al cimitero le case erano metà disabitate mentre andando più in là era come se il mondo avesse ripreso vita.

All'improvviso vidi una BMW nera lucida davanti ad una vecchia palestra disabitata.
Mi fermai davanti alla macchina e notai che dentro non c'era nessuno.

Ne ero sicura, questa era la macchina di Dylan.
Ma cosa ci faceva qui?
In una vecchia palestra in demolizione?
Im fondo non mi interessava...

Sbuffai e decisi di ascoltare la logica e dirmi che non mi interessava nulla. Feci per andarmene quando una mano sulle mie spalle mi fermò facendomi sobbalzare.

"Oddio..." mormorai col cuore in gola.

"Aspetta sono io." Dylan alzò le mani in alto e ridacchiò divertito.
Non mi ero accorta di aver alzato il braccio per colpirlo finché non lo abbassai.
Strano non lo avevo sentito arrivare.
Sembrava un fantasma. Non il suo aspetto. Il modo in cui aveva camminato senza far rumore... vabbè.

"Cosa ci fai qui?" Mi chiese squadrandomi da cima a fondo.

"Sto andando a casa, e tu?" Chiesi pronta a mettere fine a quella discussione.
Anche se una parte di me diceva che più fosse stata lunga la conversazione più sarei stata bene.
Ma che?

"Nulla. Faccio un giro. Abiti qua vicino?"
Annuì in risposta e lui mi guardò.

"Se vuoi ti posso accompagnare." E indicò la macchina di fianco a noi.

"No grazie lo stesso. Preferisco andare a piedi." Alzai le spalle con nonchalance.

Lui alzò un sopracciglio.
"Fra poco farà freddo. E farà anche buio lo sai? Non ho problemi ad accompagnarti." Disse aprendo la portiera al lato del guidatore.

Mi misi a scuotere la testa.
"Non fa nulla. Faccio questa strada quasi tutti i giorni, per cui sono abituata."

Lui al che mi guardò serio.
"Quasi tutti i giorni? E dove vai? Fai una specie di lavoro?"

Il brivido del rischio "illusioni e delusioni" [ Completato ]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora