CAPITOLO 33

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Ancora non potevo credere di aver convinto mio padre ad avermi imprestato la macchina. Avrei contato più su mia madre; invece, la decisione si era rivelata diversa dal normale.

Meglio così.

Dopotutto non volevo andare a piedi e nemmeno far scomodare Peter solamente per passare da qui e farmi darmi uno strappo.

Certo, per lui non sarebbe stato un problema; ma questo solamente perché in macchina con lui ci sarebbe stata anche Lexi. Ed io volevo lasciarli la loro privacy come lei ne aveva sempre lasciata a me.

Alla radio davano un vecchio pezzo molto conosciuto: Purple rain, di Prince.

Alzai il volume, sorridendo ed iniziando a cantare a squarciagola.

Adoravo essere in macchina da sola: potevo fare tutto ciò che volevo senza essere derisa, filmata o giudicata.

Certo, anche con Lexi era lo stesso; ma io e lei andavamo poche volte in macchina assieme. Forse, perché i miei non si fidavano molto della mia amica.

Insomma, per un adulto era semplicemente una ragazzina un po' troppo solare con la mania di cambiare ragazzo ogni due o tre mesi. Ed era successo anche questa volta, per questo i miei genitori continuavano a non essere molto d'accordo; ma a me non importava granché. Lexi sapeva essere un'ottima amica nonostante i suoi stranissimi modi di fare.

Cambiai marcia e rallentai, guardando dallo specchietto se avrei avuto il via libera per svoltare nella stradina di sinistra.

Ero l'unica ad andare in quella direzione e sapevo il perché: la gente stava lontana da quel posto.

Una volta, quel vecchio monastero abbandonato in cui ora ci facevano gli incontri, era temuto da tutti.

Ricordavo ancora di quando mia madre mi diceva di non avvicinarmi perché dentro c'erano i fantasmi. Probabilmente lo faceva solamente per spaventarmi dai drogati della zona che, ora, erano misteriosamente scomparsi da quel posto. Forse per via di ciò che girava adesso: terrore. Quello era ciò che ci vedevo io negli incontri di lotta. Soprattutto se tra due avversari come Brian e William. Da loro potevi aspettarti di tutto.

Proprio in quel momento ripensai alle parole di quest'ultimo e rabbrividii.

Mi chiedevo che cosa volesse intendere con il farmi conoscere il vero Brian.

Chi era, allora, quello con la quale avevo parlato per tutto quel tempo?

Parcheggiai di fianco ad una macchina rossa e scesi spegnendo la radio e chiudendo con forza la portiera, controllando almeno due volte che fosse chiusa del tutto. Ne avevo il terrore, era chiaro.

Mi asciugai le mani sui jeans stretti e leggermente strappati sulle ginocchia e, solamente dopo un lungo respiro, varcai il cancello lasciato aperto.

Ripercorsi la ghiaia sentendone il rumore snervante e ripensai a quando io e Brian ci avevamo passeggiato sopra durante la nostra chiacchierata.

Mi chiedevo se quella persona con la quale ero stata per tutta la sera fosse vera.

Ripercorsi tutto il viale camminando lentamente e sentendo, a poco a poco, la musica crescere. Già mi sentivo a disagio e non vedevo solamente l'ora d'incontrare qualcuno di famigliare. Chiunque.

Varcai la soglia tentando di passare in mezzo ai vari gruppetti intenti nel fumarsi una sigaretta e, subito dopo aver per puro caso spintonato un ragazzo con il cappuccio, mi fiondai dentro di tutta corsa con la speranza che non se la fosse presa.

Mi sistemai i capelli su una spalla facendoli scorrere velocemente e subito mi guardai attorno alla ricerca di chiunque.

Avrei voluto parlare con Brian; ma, al tempo stesso, non vedevo solamente l'ora di poter guardare William negli occhi per chiedergli qualche informazione in più. Ero curiosa, tremendamente curiosa e assai agitata.

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