il prigioniero del cielo, carlos ruiz zafon

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Nel romanzo “Il Prigioniero del cielo” ritroviamo gli inseparabili amici Daniel e Fermin. Daniel ormai sposato dirige la libreria di famiglia con i ritmi di una vita in cui finalmente tutto sembrava essersi lasciato alle spalle. In un giorno di una Barcellona che vedeva il Natale ormai alle porte, alla libreria fa visita un uomo che dopo aver “acquistato” al triplo del suo valore una copia de “Il conte di Montecristo” e aver scritto un messaggio, lo lascia a Daniel perché egli lo consegni nelle mani di Fermin. Da qui in poi la narrazione si colorerà di incontri e aneddoti che Zafon ha saputo sempre dirigere con maestria in una Barcellona violenta per chi non si lasciava cadere nella cultura del regime totalitario degli inizi del 900. Le storie del piccolo Daniel e del rivoluzionario Fermin si intrecceranno nuovamente nel passato, dando risposte inimmaginabili nel presente e che porteranno a futuri rancori. Zafon come nel primo e secondo libro della trilogia, permette al lettore di entrare in contatto con i personaggi quasi da poter condividere le scelte con gli stessi. Leggendo sembra di poter camminare impavidi con loro nella luce rossastra e piovosa di una Barcellona dal presente, ma molto più dal passato, segreto e tenebroso.
L’ultimo punto di un cerchio che chiude le avventure della famiglia Sempere, di Fermin Romero de Torres e degli attori di un libro che ci spinge alla ricerca dei luoghi dove hanno vissuto, nella speranza di poterli incontrare. Sono infatti i personaggi, più che la storia in sé, il fulcro di tutto il romanzo: coloro che danno spessore ed enfasi alla vicenda. Sebbene sia Daniel il protagonista, punto forte del romanzo, anzi di tutta la serie del cimitero dei libri dimenticati, è Fermin Romero de Torres:
“Fermín Romero de Torres. Di professione, servizi segreti settore Caraibi della Generalitat di Catalogna, ora in disarmo, ma di vocazione bibliografo e amante delle belle lettere“
Fermín è un uomo dall’umorismo sfrenato e da un’ironia incredibile. Una persona sensibile con valori giusti, e che nonostante il suo passato pieno di terrore, conserva in sé un grande amore per la vita e per il prossimo. Non da nulla per scontato e vive a pieno ogni respiro che la vita gli dona, anche se sotto tutto quell’umorismo le cicatrici del passato pulsano nella sua testa. Tuttavia l’amore per la donna che ama e per Daniel sono molto più forti del passato; è forse anche questo uno degli insegnamenti di Zafon, che nonostante “tutti i dolori” la vita e l’ottimismo possono sempre vincere se si ricorda di guardare il bicchiere mezzo pieno. L’amicizia (forse più dell’amore) è certamente il valore che sta alla base del romanzo.
“Ciò che conta è che quasi tutto è possibile quando si ha un vero amico, pronto a mettersi in gioco e a smuovere cielo e terra […]“
“Vedendo il mio amico baciare la donna che amava mi venne fatto di pensare che quel momento, quell’istante rubato al tempo e a Dio, valesse tutti i giorni di miseria che ci avevano condotto fin lì e tutti quelli che sicuramente ci aspettavano una volta tornati alla vita, e che tutto quanto era onesto e limpido e puro in questo mondo, e che tutto ciò per cui valeva la pena continuare a respirare era in quelle labbra, in quelle mani e nello sguardo di quei due fortunati che capii, sarebbero rimasti insieme fino alla fine delle loro vite”.

In ogni caso l’arte di Zafon, risiede in particolar modo nella capacità di far respirare ai suoi lettori, il profumo di libri, di biblioteche antiche e di avventura. Cosa per cui sarò sempre grata a questo grande scrittore:

“I libri sono come degli specchi: riflettono ciò che abbiamo dentro.”

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