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" Ma quando ti fanno uscire da sto posto di merda?" chiese per l'ennesima volta Mario che era steso lì sul lettino di fianco a lui.

L'amica era riuscita, parlando con il caporeparto, a far avere a Claudio una stanza singola per permettere al moro di restare lì con lui.

" Tra due giorni ma te l'ho detto 5 minuti fa" sbuffò Claudio.

" Scusa è che non sopporto gli ospedali" era insofferente Mario.

Non si era mai mosso da li in quei 5 giorni, era rimasto con Claudio giorno e notte.

Aveva usato il bagno della camera d'ospedale per farsi la doccia, dopo aver chiesto a Paolo di recuperargli dei vestiti a casa.

Claudio aveva insistito per farlo tornare a casa a riposare, fare un pasto decente, una doccia come si deve e allora il moro si era indispettito " che è non mi vuoi qui?" gli aveva detto e allora Claudio per tranquillizzarlo gli aveva risposto " anche se non ti volessi ora circoli nelle mie vene" il moro aveva sorriso e lo aveva baciato.

" È per questa vero?" Claudio gli sfiorò la cicatrice " È per questa che odi gli ospedali? Un giorno mi racconterai come te la sei fatta?" Mario si mise di lato per guardare Claudio negli occhi.

Forse era arrivato il momento di raccontargli un po' di se in fondo Claudio gli aveva dimostrato di potersi fidare di lui.

" Un incontro di boxe clandestino" Claudio non si aspettava gli rispondesse e prontamente affermò " Mario se non te la senti non devi."

" Cla famme parlà perché o sai se cambio idea nte dico più niente" Claudio allora gli sorrise dolcemente, gli lasciò un bacio su una guancia e gli fece cenno di continuare.

Mario prese un lungo respiro e gli raccontò la storia della sua vita.

" Quando ho scoperto che mi piacevano i ragazzi avevo 15 anni. Già combattevo. Combatto da sempre. Ero un pugile semiprofessionista. Mio padre era fiero di me. Si vantava con gli amici di avere un figlio pugile. Diceva che ero il suo orgoglio. Dopo circa un anno dalla scoperta della mia omosessualità mi sentivo pronto per condividerlo con la mia famiglia. All'epoca mio padre non aveva ancora la sua azienda, era un pezzo grosso della Roma bene, un politico, come si vantava lui. Quando glielo dissi" fece una pausa per cercare di trattenere le lacrime " lui mi disse che era un momento, ero influenzato da cattive compagnie " papà i gusti sessuali non cambiano" gli dissi, ma lui mi ripeteva che era una malattia, come l'influenza, che mi sarebbe passata. Che era una cosa contro natura, che non ti possono piacere persone del tuo stesso sesso, che è sbagliato e chi lo fa è un malato, una persona schifosa" Mario si fermò per fare una pausa, le lacrime scendevano anche per Claudio.

" Mi dispiace" gli disse asciugandogli le lacrime.

" Il peggio deve ancora arrivare. Non feci più parola, né con mio padre né con nessun altro, del mio orientamento sessuale. Mi concentrai nella boxe e riuscii ad avere ottimi risultati. A 18 anni ero campione italiano pesi medi. Un giorno, per sbaglio, mio padre mi vide baciarmi con un ragazzo negli spogliatoi. Cominciò a vomitarmi addosso tutto il suo veleno. Che gli facevo schifo, che di un figlio come me non sapeva cosa farsene, che ero la vergogna della famiglia Serpa, che figura farei con i miei amici se lo sapessero . Mi buttò fuori casa senza pensarci, senza un soldo in tasca, mi fece perdere gli sponsor e non sapevo cosa fare. Sapevo solo boxare, avevo fatto quello per tutta la vita. Cercai di trovare un lavoro in qualche palestra, in fondo ero bravo ma ero troppo giovane. Ho dormito sulle panchine al parco, alla stazione di Roma Termini, ho mangiato nelle mense per i senza tetto e mi sono lavato nei bagni pubblici. Cla è stato un vero inferno. Ogni giorno che passava mi convincevo sempre più che quella era la vita che mi ero meritato perché mi piacevano gli uomini". Si fermò di nuovo.

" Come ci sei arrivato agli incontri clandestini?" gli chiese Claudio shoccato da quelle rivelazioni.

" Ero in cerca di un lavoro ed entrai in quella che oggi è la mia palestra. Il proprietario dell'epoca mi disse che non aveva lavoro per me, ma che se volevo guadagnare un po' di soldi avrei potuto partecipare a degli incontri di boxe non proprio regolari " in fondo sei bravo, sei stato campione italiano" mi disse. Mi aveva riconosciuto. Partecipai al primo incontro e vinsi e dopo quello se ne susseguirono a decine forse centinaia. Erano soldi facili. Un giorno dopo quasi 5 anni di incontri, molti vinti alcuni persi, mi fecero boxare con uno che di certo non apparteneva alla mia categoria, era stato di sicuro un peso massimo. Mi mandò in ospedale e per 3 giorni non ripresi conoscenza. Non avevo documenti. Per il mondo non esistevo. Per la mia famiglia neanche. L'ospedale, come da prassi, chiamò la polizia e al mio risveglio mi ritrovai davanti un angelo"

" Valentina?"

" Si la mia Vale. Lei mi ha salvato la vita. Non so perché ma mi fidai immediatamente di lei. Le raccontai tutto forse perché ero stufo di quella vita. Lei mi propose un accordo con la polizia. Feci l'infiltrato, ma non so come la sera della retata lo capirono e mi fecero combattere con un pugile che sapevano bene mi avrebbe battuto. Mi picchiò talmente forte che se Vale non gli avesse puntato una pistola dietro la testa mi avrebbe ucciso. Ero ridotto talmente male che restai un mese in coma e altri 2 in ospedale. Valentina avvisò la mia famiglia ma mai nessuno venne a trovarmi né i miei genitori, né nessuno dei miei fratelli. Con i soldi vinti in quegli anni mi comprai la palestra che, a causa degli incontri clandestini gestiti dal proprietario, andò sotto sequestro e mi promisi di aiutare i ragazzi di strada. All'inizio li raccattavo in giro. Poi non ce ne è stato più bisogno, ora vengono da soli. Sanno che da me troveranno sempre aiuto. Questa" si toccò la cicatrice che ricopriva 10 cm di pelle lacera di dolore " mi ricorda quello che ero e che non vorrò mai più essere."

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