39.L'invincibile Ladybug

2.9K 176 5
                                    

- Coraggio! Tikki, trasfor... - cominciò la corvina, un attimo prima che l'altra la interrompesse: - Aspetta, Marinette! Non credo sia la cosa giusta far intervenire Ladybug. - esclamò, lasciandola di stucco. - Cosa? Che dici? - domandò, aggrottando le sopracciglia. "È forse impazzita?": era quello che traspariva dal suo sguardo. Lei però, pareva abbastanza seria e convinta di ciò che stesse dicendo. - Pensaci: la sua é una trappola perfetta. Vuole attirarti a sé attraverso Chat Noir, così da avere finalmente la prova che gli manca per dimostrare la tua vera identità. Non devi permettere che accada! - le spiegò. - Ma Tikki! Come puoi pretendere che io riesca a vincere un combattimento senza i miei superpoteri? Non ce la farei mai! - nonostante le sue parole, Marinette continuò ad essere più che riluttante. - Invece sì! Tu sei una ragazza speciale, Marinette. Dentro di te c'é qualcosa di ben più forte di un semplice Lucky Charm: l'ingegno, la furbizia, il coraggio e la determinazione sono solo alcune delle qualità che fanno di te l'invincibile Ladybug! - le parole che pronunciò furono dettate dal cuore e, proprio per questo, risultarono del tutto sincere. La corvina se ne accorse: - Dici sul serio? - era profondamente commossa. Sapeva di non meritare affatto un Kwami così tanto tenero e dolce come Tikki, che la rendeva sempre più felice e sicura di sé. Le voleva bene: questo di certo non si poteva negare. In realtà non era l'unica a farlo, perché anche i suoi amici tenevano molto a Marinette, però era la sola che aveva da sempre creduto in lei e che le aveva infuso coraggio sin dal primo momento in cui si erano conosciute. - Ma é ovvio! Non preoccuparti, ci sarò io a darti una mano. Fidati di me! - e così fece, sicura che non se ne sarebbe pentita affatto.

Marinette si fermò. Aveva corso senza sosta per più di venti minuti, passando in rassegna diverse zone della città, ma non era riuscita a trovare neanche l'ombra di Le Dessinateur. Non aveva la più pallida idea di dove si fosse cacciato. Ad un certo punto però, mentre ripensava alla prima volta in cui Nathaniel era stato akumizzato, la sua mente parve illuminarsi. "Ma certo!", si disse, "Come ho fatto a non pensarci prima?". Il Ponte dell'Arcivescovo non si trovava molto distante da lì, per questo non sarebbe stato tanto difficile raggiungerlo. Quella sera il cielo era più scuro del solito, con i suoi nuvoloni grigi che andavano sempre di più coprendo la splendida luce della luna piena. Però, nonostante questo, non faceva poi così tanto freddo. Marinette fece qualche passo in avanti, guardandosi attorno. L'intero ponte sembrava deserto: non vi era praticamente un'anima viva, quando lo attraversò. Ma, prima che potesse anche solo pensare di voltarsi e di fare dietrofront, delle braccia lunghe e forti le si strinsero attorno alle spalle e al collo, mozzandole il fiato. - Ah, eccoti qui, Ladybug. - la voce di Le Dessinateur la fece rabbrividire. La corvina tentò disperatamente di sfuggire alla sua presa, ma non le risultò affatto semplice. Strinse le mani attorno alle sue e incominciò a divincolarsi, presa dal panico. - N-nathaniel, te l'ho detto: non s-sono Ladybug. - riuscì a malapena a mormorare. Lui, a quel punto, le afferrò il mento con le dita e le fece girare il viso nella sua direzione. Solo allora si accorse che l'altra non stesse indossando alcuna maschera a pois, e capì di essersi sbagliato: quando l'aveva vista arrivare, gli erano saltate all'occhio soltanto le sue codine nere. D'altronde, con tutto quel buio non era semplice orientarsi e distinguere bene le figure. - Marinette? Cosa sei venuta a fare qui? Credevo che avrei incontrato Ladybug. - domandò, stranito. Il suo sguardo duro e fermo divenne pian piano sempre più confuso, mentre lui faceva qualche passo indietro ed abbassava la guardia, senza neanche rendersene conto. Marinette invece, si voltò e lo guardò finalmente negli occhi. - I-io sono qui perché... Ecco, v-volevo chiederti scusa, Nathaniel. Non avrei mai dovuto trattarti in quel modo. Mi dispiace, lo so che sei un ragazzo buono, ma... ho avuto paura. - esclamò, mantenendo lo  sguardo basso e incominciando a giocherellare con le sue dita, a disagio. - Marinette, ma che diavolo... ? - Nathaniel pareva stralunato. - Lo hai detto tu, no? Non mi faresti mai del male. Prima mi sono comportata da stupida, per questo ti sto pregando di perdonarmi. - ma lui non sembrò lasciarsi convincere dalle sue parole: cominciò infatti, a scuotere la testa, con un sorriso beffardo che gli increspava le labbra. - Non hai ancora capito nulla, non é vero? - se ne uscì, ridacchiando falsamente. - È finito il tempo in cui mi prendevi in giro e mi raccontavi tante belle cose soltanto per aiutare il tuo sciocco amichetto supereroe a portare via i miei poteri! Non crederò mai più a una delle tue singole bugie: puoi anche scordartelo! - gridò, tutto d'un tratto, ferito. Il giorno del suo quattordicesimo compleanno aveva sofferto molto per come la corvina si era comportata con lui, nonostante lo avesse fatto solo per il suo bene. Lo aveva tradito, ed era per questo che non riusciva più a fidarsi di lei. - Ma Nathaniel... Le mie parole sono più che sincere: io mi fido di te, sul serio. - Marinette gli si avvicinò ancora, afferrandogli le mani e stringendole tra le sue. Stranamente, Le Dessinateur non si allontanò e, anzi, lasciò che l'altra ne accarezzasse il dorso, senza opporre alcuna resistenza. - Sai una cosa? - esclamò, portandole un ciuffo scuro dietro alle orecchie e continuando a guardarla dritto negli occhi azzurri. - Ho sempre pensato che le persone non potessero cambiare e che, qualora ci riuscissero, lo facessero soltanto in peggio. Adesso però, so che non é così. - fece un respiro profondo, e poi: - Tu non sei cambiata affatto: sei ancora la stessa sporca bugiarda ed ingannatrice che ho conosciuto due anni fa. - esordì e, così facendo, l'afferrò per le orecchie e tentò di rubarle i Miraculous. Marinette urlò, presa alla sprovvista. - Aaaah! Chat Noir! - gli occhi le si riempirono di lacrime e la vista cominciò velocemente ad annebbiarsi. - Sssh! Non c'é alcun bisogno di gridare, sta' tranquilla. - con un'agilità a dir poco disarmante, Le Dessinateur estrasse la sua matita da una tasca del costume ed iniziò a disegnare. In un batter d'occhio, le mani e le braccia della ragazza si ritrovarono legate dietro la sua schiena, mentre le sue labbra vennero sigillate. Il rosso parve più che entusiasta del suo operato: finalmente era riuscito a farla cadere nella sua trappola. Per questo non potè fare a meno di vantarsene: - Va meglio così, non é vero? Ah, se solo Papillion potesse vedermi in questo momento: sono sicuro che sarebbe fiero di me! Quasi mi dispiace di aver interrotto la nostra comunicazione poco prima di venire da te. Lo sai, la scorsa volta non si é comportato molto bene con me: si é infuriato perché il mio unico obiettivo era quello di conquistarti e non di fare del male agli altri. Adesso però, posso dire di aver imparato la lezione. Tu che dici? - domandò. - Oh, ma che sbadato! Per poco mi dimenticavo che non puoi più spiccicare parola. Vabbè, credo che ne farò volentieri a meno. - scrollò le spalle con nonchalance, prima di stringere il suo lobo destro tra le dita e strapparle un orecchino nero. Marinette non riuscì a trattenere le lacrime: la violenza con la quale il ragazzo si era rivolto a lei era fin troppo eccessiva. D'un tratto però, a rompere il silenzio andatosi a creare fu un rumore sordo provocato dal lancio di un lungo bastone di metallo, che si frappose tra i due e li fece sobbalzare sul posto. - Lasciala andare! - sbraitò una voce. Era quella di Chat Noir: Marinette ne era certa. Infatti, quando entrambi si voltarono verso quella direzione, lo videro ergersi sulla ringhiera del Ponte dell'Arcivescovo in tutta la sua bellezza: con i denti digrignati e le mani artigliate strette in due pugni. La bruna concepì la sua entrata in scena quasi come un miraggio, data la vista quasi del tutto offuscata. Non ebbe nemmeno modo di poter pensar a quanto le fosse mancato, insieme ai suoi baci, alle sue carezze e al suo respiro sulla pelle, perché avvenne tutto troppo velocemente. Nonostante questo però, approfittò del suo arrivo per allontanarsi dall'akumizzato e cercare l'aiuto di Tikki, ancora nascosta nella sua borsetta rosa. Marinette ancora non lo sapeva, ma era stata proprio lei a raggiungere Chat Noir e a portarlo lì, affinché salvasse la sua portatrice. Mentre il biondo gli si lanciava addosso, lo spiritello rosso cercò di liberarla da quelle catene invisibili che le avevano legato i polsi, così che potesse riprendersi il suo orecchino e combattere insieme al proprio partner. Chat Noir, d'altro canto, aveva come principale obiettivo proprio quello di recuperarlo e restituirglielo: quello di sconfiggere Le Dessinateur si trovava in secondo piano. Ma sfortunatamente, nel momento stesso in cui lo attaccò, l'altro non si mostrò affatto impreparato, tant'è che si ritrovò a sfoderare la sua "artiglieria pesante". Tra le innumerevoli armi che disegnò infatti, ce ne fu una che si rivelò particolarmente efficace: una grossa spada super affilata. Certo, combatterla con un bastone che non aveva alcunché di tagliente non fu affatto semplice, ma il biondo era noto più che altro per la sua prontezza nello schivare i colpi inferti. E fu proprio così che riuscì a sfuggirgli e, al contempo, grazie alla sue innate abilità da "distrattore", anche a riprendere l'orecchino di Ladybug e a riportarglielo. "A proposito di Ladybug", si disse, ad un certo punto, voltandosi e non vedendola più, "Dove diavolo si é cacciata?". Si pentì però, di essersi lasciato distrarre così tanto facilmente, soltanto in seguito, quando Le Dessinateur se ne servì per attaccarlo alle spalle e spingerlo violentemente contro la ringhiera del ponte, costellata di lucchetti dell'amore, contro i quali andò a scontrarsi la sua schiena, facendolo gemere dal dolore. - Cataclisma! - urlò, in preda al panico: sentiva di non avere alcuna via di scampo. Infatti, quando l'altro provò a ferirlo con la sua spada, lui non ebbe modo di reagire, così si limitò ad appoggiarsi alla ringhiera dietro di sé, che scomparve con il solo tocco della sua mano guantata di nero, e a chiudere gli occhi, prima di lasciarsi cadere nel vuoto. - No! - questa volta fu Ladybug a gridare. Si trovava lì, proprio dietro di loro, e non aveva mai provato così tanta paura in tutta la sua vita.

Serena

A puuur-fect love story #Wattys2020Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora