37.Identità non troppo segreta

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Marinette corse più velocemente di quanto avesse mai fatto, con un nodo stretto alla gola e gli occhi color mare sull'orlo del pianto. Tirò su col naso e mantenne lo sguardo basso, per non rischiare di attirare occhiate indiscrete. In quel momento, il trillo squillante della campanella risuonò ovattato alle sue orecchie, mischiato alle voci degli innumerevoli studenti pronti ad entrare in classe. Alzò il passo e percorse uno dei tanti lunghi corridoi dell'edificio, stringendosi lo zainetto rosa sulle spalle. D'un tratto, scorse la porta del bagno delle ragazze, lo raggiunse a gran falcate e si rifugiò al suo interno. Si appoggiò poi, al primo lavandino che trovò, alzando finalmente lo sguardo, per posarlo sullo specchio di fronte a sé. La sua immagine riflessa all'interno di esso non le sembrò mai così estranea. Il suo viso arrossato era umido a causa delle lacrime, che erano sgorgate giù dai suoi occhi azzurri quasi come un fiume in piena, senza che lei neanche se ne accorgesse. Strinse le mani in due pugni, cercando di darsi forza. Aprì il rubinetto del lavandino, prima di sciacquarsi il volto con dell'acqua fredda. - Coraggio, Marinette: puoi farcela. - mormorò a se stessa, lasciandosi andare ad un lungo sospiro. Sapeva di aver detto una fesseria, ma non l'avrebbe mai ammesso a nessuno. Spesso infatti, essere troppo sensibili non era considerato un pregio, quanto un difetto, sopratutto se non se ne conoscevano le cause. La gente giudicava e basta, senza mai fermarsi un attimo ad ascoltare seriamente cosa gli altri avessero da dire: era così che funzionava il mondo. La forza veniva scambiata per apatia, mentre la sensibilità... Be', quella era pura e semplice stupidità. Lei non ci credeva affatto, era ovvio, però esternare tutte le sue emozioni negative con un pianto "liberatorio", il più delle volte, non le aveva portato chissà quali grandi frutti. Infatti, la verità era che stava incominciando realmente a stancarsi di tutto quella debolezza: si sentiva peggio di un castello di carte sempre pronto ad essere buttato giù dal minimo colpo di vento. Era stufa di lasciarsi ferire ogni volta in quel modo, come se nulla fosse. Tirò su col naso ancora una volta, asciugandosi il viso bagnato con una mano, per poi prendere coraggio, avvicinarsi alla porta ed uscire definitivamente da lì. Percorse le strade a ritroso, attraversando semafori e marciapiedi senza una meta. Con lo stomaco in subbuglio ed una stretta morsa al petto, si tuffò a capofitto nel primo luogo familiare che le passò per la testa. Ne spalancò l'entrata in vetro e scorse un paio di occhi leggermente a mandorla guardarla confusa, prima di fiondarsi fra le braccia della donna più importante della sua vita: sua madre.

Quella fu una delle prime volte in cui la corvina si aprì del tutto con lei. Le raccontò l'accaduto, parlandole dei propri sentimenti e di quello che Adrien le aveva fatto. Sabine la tenne stretta a sé, sussurrandole parole di conforto ed accarezzandole dolcemente la chioma scura. Non parlò molto, ma preferì ascoltare attenta le sue parole. Marinette, d'altro canto, si sentì il cuore più leggero, come se le si fosse liberato da un macigno opprimente. Parlarne con qualcuno era, senza ombra di dubbio, la scelta migliore che potesse fare. Sapeva che la madre sarebbe sempre rimasta al suo fianco, nonostante tutto e tutti. In quel momento, le loro ultime litigate le parvero lontane anni luce, quasi non fossero mai esistite. Così, ancora stretta a lei, si lasciò cullare affettuosamente dalle sue braccia, come solo una madre avrebbe saputo fare. L'amore che provavano l'una per l'altra era qualcosa di imparagonabile a nessun altro. La corvina avrebbe avuto modo di comprenderlo pian piano e con lo scorrere del tempo, ma non sarebbe mai riuscita a vivere senza di lei. Quando poi, le diede il permesso di rimanere a casa per qualche giorno, o almeno fino a quando non si fosse sentita meglio, Marinette gliene fu grata ancor di più. L'ultima cosa che avrebbe voluto fare in quel momento era rivedere Adrien. Quelli che un tempo le erano sembrati gli occhi più belli che avesse mai visto infatti, erano oramai diventati quelli che non avrebbe voluto incontrare per alcuna ragione al mondo. Era strano come fossero cambiate le cose in così poco tempo, vero? La ragazza, se ripensava all'accaduto, sentiva un forte senso di rabbia e delusione stringerle lo stomaco. Avrebbe voluto odiarlo, farlo con tutto il suo cuore, ma non ne era in grado. In seguito, più o meno verso l'ora di pranzo, lasciò la madre in negozio, dicendole di non avere molta fame e di volersi riposare un po' nella sua stanza, e così fece. Non appena vi entrò però, per poco non scoppiò nuovamente in lacrime. Decine di immagini di Adrien appese alle pareti le fecero tornare quel terribile groppo in gola che era riuscita a tenere lontano fino a quel momento. In un impeto di rabbia mista a frustrazione, corse a staccare ogni sua singola fotografia, per eliminare, almeno dalla sua vista, il viso di chi le aveva fatto del male. Quel viso che, nonostante tutto, continuava ad occupare costantemente i suoi pensieri. Sull'orlo di una crisi, afferrò una scatola deposta sotto il suo letto e ci depose dentro tutte le emozioni che aveva provato in quegli ultimi tempi, per almeno tentare di dimenticare. Si lanciò poi, sul proprio letto e chiuse gli occhi, decidendo di mettere tutto da parte e di lasciarsi finalmente cadere fra le braccia di Morfeo.

Passarono un paio di giorni e, con loro, anche la tristezza di Marinette sembrò affievolirsi, tant'è che decise di tornare a scuola. Dopo aver ignorato volutamente i numerosi messaggi da parte della sua migliore amica, che contenevano perlopiù frasi del tipo: "Marinette, dove diavolo sei finita?", oppure: "Mi sto preoccupando, cos'è successo?", si fece coraggio e si preparò mentalmente ad evitare Adrien come la peste. Quella mattina si svegliò al solito orario e cercò di mettere su un sorrisetto che potesse sembrare quanto più autentico possibile, ma non ci riuscì. Fortunatamente, con sua madre non avrebbe più dovuto mentire. Anzi, il loro legame si era rafforzato ancor di più, dopo tutte le confidenze che si erano scambiate in quei giorni. Quando la salutò, dandole un bel bacio sulla fronte ed augurandole un "Buona fortuna", Marinette si convinse sempre di più di aver fatto la cosa giusta. Arrivata a scuola, si fece spazio tra la folla di studenti, di solito molto chiacchierosi che, stranamente, si zittirono all'istante, nel vederla passare. La corvina aggrottò la fronte, confusa. "Ho per caso qualcosa fra i denti?" si chiese, impaurita, sospirando poi di sollievo nello scoprire di essersi sbagliata. Sentì un paio di studenti sussurrarsi qualcosa all'orecchio e ridacchiare, indicandola, ma cercò di far finta di niente. - Guardatela, è lei! Come ho fatto a non capirlo prima? - ne riuscì a distinguere a fatica solo alcune frasi, e non ci capì praticamente nulla. Quando mise piede nella sua classe però, venne sorpresa da un'Alya preoccupata più che mai, che l'attirò a sé in un caloroso abbraccio e: - Marinette, ma cosa diavolo sta succedendo? - le domandò, dopo essersi allontanata da lei di qualche passo. - Non ne ho la più pallida idea. Tu ne sai qualcosa, per caso? - - Ma come, non hai sentito? Qui sono tutti convinti che tu sia Ladybug! - 

Serena

A puuur-fect love story #Wattys2020Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora