Capitolo 3

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L'angoscia, l'eccitazione, a volte la speranza, sono emozioni che difficilmente ti fanno dormire serenamente e, ovviamente, a me è capitato proprio questo. La scorsa notte non ho chiuso occhio, preoccupata, emozionata e quant'altro per l'incontro di oggi con Eliza.

Inutile dire che stamattina mi sento letteralmente uno straccio. Sono terribilmente in ansia di vederla, di dire o fare qualcosa di sbagliato. In fondo non ho mai dato lezioni a nessuno e se non ne fossi capace?

Dovrei aggiungere un altro difetto alla mia enorme lista: paranoica. Quando si tratta di lei, del mio angelo, tutti i miei difetti e le mie paure sembrano far squadra tutti insieme facendomi letteralmente uscire di senno.

Come se fosse fatto apposta ripenso alle parole di Maggie. Quelle che era solita dirmi quando - da piccola - pensavo sempre al peggio non riuscendo mai a gioire delle piccole cose: 'È inutile fasciarsi la testa prima di rompersela, goditi questi momenti e fanne tesoro'.

"Hai ragione Maggie, credo proprio che farò così", sussurro dando fiato ai miei pensieri.

La mattinata corre via veloce nonostante la stanchezza e le preoccupazioni varie. A pensarci bene è un vero miracolo che io sia riuscita ad andare al liceo. Non riesco ancora a capire come io abbia fatto a diplomarmi. Senza i corsi e lo studio, il lavoro alla tenuta sembra quasi triplicato. In realtà la mia non vuole essere una lamentela, sono io che ho chiesto a mio padre più responsabilità e lui, come sempre, mi ha dato fiducia. Diciamo che ci sono giorni come questi che un po' mi pesa, ma poi penso che se sono indaffarata non ho tempo di rimuginare sulle cose e tutto passa in secondo piano.

Ed è così che arriva il pomeriggio e neanche me accorgo. Dopo aver mangiato un boccone di corsa e salutato rapidamente mio padre e mia sorella, corro alle scuderie senza dare ad entrambi modo di indagare sulla mia inusuale fretta. Onestamente, non ho proprio voglia di rimanere e subire il terzo grado.

Quando arrivo, Eliza è già lì, intenta ad accarezzare Katie mentre le sussurra qualcosa all'orecchio. La scena che mi si presenta davanti mi fa sorridere, mi fa ripensare a ieri - il giorno del mio compleanno - quando proprio lei mi ha sorpreso a fare la stessa cosa.

"Buongiorno Signorina Eliza... allora non sono l'unica a parlare con i cavalli?", affermo in uno slancio di sicurezza e audacia che non mi appartengono.

"A quanto pare... buongiorno a te, Alycia. Prima di cominciare, che ne dici se facciamo un patto?", mi chiede con un timido sorriso.

"Quale?".

"Tutte le volte che mi chiamerai Signorina, Milady, o mi darai del lei, mi rivelerai qualcosa di te, Alycia Spencer", il suo tono basso e rauco mi fa tremare e in un attimo le mie certezze si sgretolano.

Annuisco timidamente non aprendo bocca, evitando così di cedere all'impulso di usare appellativi o epiteti appena vietati e cadere così nella sua trappola.

"Allora, sei pronta a darmi la prima lezione? Già immagino cosa ti abbia detto mia madre... che sono una peste e che con me ci vuole una gran pazienza. Beh, effettivamente non ha tutti i torti?!? Alycia, tu non sai in che guaio ti sei cacciata...", ironizza con un sorriso che mi fa perdere un battito.

Sospiro una, due, tre volte, cercando di riprendermi. Credo che sarà più dura del previsto stare al suo fianco e non per via della pazienza che - presumibilmente - mi farà perdere, ma per il mio completo imbarazzo semplicemente per un suo sorriso o per una sua parola.

Continua a coccolare Katie e senza pensarci apro la bocca e le dò fiato.

"Non sei una peste, sei un angelo... il mio angelo", sussurro con un filo di voce.

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