Capitolo 4

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Il pomeriggio dopo, quello dopo e quello dopo ancora, Eliza è sempre venuta nelle scuderie, puntuale, per prendere la sua lezione di equitazione. Non ha saltato un giorno. Ogni singola volta che compariva nella stalla, mi sembrava di vedere un miraggio, come se io stessi vivendo un bellissimo sogno per niente comparabile con la realtà.

Di solito mi ci voleva circa un'ora per liberarmi da quell'impaccio disastroso e imbarazzante... ma le risate di Eliza, volte a prendermi in giro, ne valevano la pena.

La nostra amicizia, anche se in segreto, tesseva le sue radici. Giorno dopo giorno, mi lasciavo travolgere dalla sua spensieratezza, non curandomi del fatto che la mia follia per lei stava crescendo di pari passo con la nostra amicizia.

La paura di lasciarmi andare e di essere completamente sopraffatta dai miei sentimenti era sempre dietro l'angolo. Era sorprendente, come con Eliza io riuscissi ad aprirmi. Parlavamo di ogni cosa, con una naturalezza quasi inspiegabile. Avrei potuto dirle qualsiasi cosa e questo mi terrorizzava, avrei potuto perderla in qualsiasi momento se solo avessi espresso a voce alta i miei sentimenti... e non potevo... non potevo perdere il nostro rapporto, anche se solo di 'amicizia', non avrei mai sopravvissuto senza.

Non so neanche io con quale forza mi sia alzata dal letto questa mattina, ma l'ho fatto e la convinzione di chiudere a doppia mandata il mio cuore mi continua a frullare nella mente, come se tutto questo potesse salvarmi dall'irreparabile... mi potesse salvare da lei.

Come dice sempre mia sorella: sono troppo ingenua. E forse non ha tutti i torti.

"Buongiorno sorellina! Allora raggio di sole sei pronta per una fiaccante giornata ad Arundel", parli del diavolo...

La sua intrusione nei miei pensieri, mi obbliga a ridestarmi dal torpore. Non faccio in tempo a risponderle che mi bersaglia di nuovo con le sue frecciatine.

Dichen, per pietà, la guerra è già finita da un pezzo, non c'è bisogno di passarmi per le armi, appena sveglia, con il tuo fastidiosissimo blaterale.

"Vedo che sei in gran forma Aly! Hai una faccia...".

"Quella di tutti i giorni Dichen, è sempre quella... comunque, buongiorno anche a te", sbuffo alzando gli occhi al cielo.

"Ma che hai? Di solito sei tu quella che dà il tormento alla mattina, non io! Non mi dire che il tuo paradiso si è trasformato all'improvviso in inferno?", si diverte a punzecchiarmi.

"Dichen, ma che ti inventi? Ho solo avuto una nottataccia... questo e quanto. Per cui, ti prego, evita di dire fesserie, qualcuno potrebbe crederci...", sbotto irritata.

"Ok, ok, ho capito la sinfonia Beethoven. Comunque, anche se non sarebbe compito mio, ero solo venuta ad avvisarti che il tuo paradiso... o forse oggi è più appropriato definirlo inferno, richiede la tua presenza alle scuderie... adesso", replica con ironia, alzando le braccia in segno di resa.

La fulmino con lo sguardo portando poi la mia attenzione sull'orologio. Possibile che la mancanza di sonno mi abbia eclissato così tanto da farmi perdere nell'arco della giornata? Sospiro notando che sono poco più delle otto di mattina.

Come mai Eliza mi cerca così presto? Di solito la mattina è impegnata con la scuola, non viene mai alle scuderie prima di pranzo. Che diavolo sarà successo?

"Ehi, Aly, datti una mossa! Non vorrai fare aspettare la TUA Duchessa?", mi prende in giro, enfatizzando - fino allo stremo -l'aggettivo possessivo.

"Piantala Dichen!", ringhio poco prima di affrettarmi ad uscire dalla stanza.

Corro a perdi fiato fino a quando non arrivo alle scuderie. Arrivata all'ingresso sono costretta a mettere e mani sulle ginocchia per riprendermi.

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