Ormai è notte fonda e sono ancora qui, nelle scuderie, a parlare con Katie, Joe e gli altri... di lei neanche l'ombra. Sono sicura che Maggie le abbia già consegnato la lettera e che lei l'abbia già letta.
Ma cosa mi aspettavo, eh? Che corresse tra le mie braccia? Continuo a meravigliarmi della mia ingenuità e delle mie speranze. Anche se fa male ammetterlo, penso che Eliza abbia fatto bene a non venire, non so se sarei riuscita a lasciarla andare dopo averla vista, ne tantomeno partire. Tutto sommato credo sia meglio così.
"Mi raccomando Katie, prenditi cura di lei...", sussurro accarezzandole il muso.
I suoi occhioni sembrano volermi consolare, quasi percepissero la mia tristezza. Katie è speciale mi ha sempre capito al volo.
"Mi mancherai...", mormoro ancora, prima di accasciarmi sul fieno vicino al suo box.
Stringo le gambe al petto e, non riuscendo più a trattenere le lacrime, comincio a piangere. Senza accorgermene mi sdraio su quel materasso naturale fatto di paglia e, stanca, mi addormento.
Un rumore sordo mi sveglia quasi di soprassalto, per un attimo mi lascio prendere dal panico non ricordandomi bene dove mi trovi e perché sia in questo posto. Ci metto un po' mettere a fuoco, mi guardo intorno frastornata e mi torna in mente ogni cosa. Non credo di aver dormito molto, l'oscurità della notte sembra ancora avvolgere l'esterno delle scuderie. La timida luce, rimasta accesa, mi fa scorgere una figura in lontananza. Ancora assopita non riesco a capire chi sia, ma continua ad avvicinarsi a me lentamente.
Sbatto le palpebre più volte poi finalmente incontro due occhi azzurri, i suoi occhi, leggermente opachi forse perché velati dalle lacrime.
"Eliza...", sussurro incapace di realizzare veramente.
È venuta, lei è qui, è venuta...
"È tutto vero quello che hai scritto in questa lettera?", mi chiede sventolandomi in faccia un foglio, il suo tono freddo e accusatorio mi fa tremare.
Abbasso lo sguardo colpevole, forse non avrei dovuto ammettere i miei sentimenti, non così, non lasciandomi andare in modo così totale, soprattutto ora che me ne sto andando... ma ormai lei sa, ed è quello che volevo. Ora è inutile negare l'evidenza.
"Sì, è tutto vero...", mormoro in affanno.
"Alycia, guardami!", mi intima quasi forse un ordine, ma percepisco disperazione nella sua voce, ciò nonostante non riesco a guardarla, non c'è la faccio, rischierei di tornare sui miei passi e non posso, non posso farle questo.
"Guardami... ti prego", mi supplica addolcendo il tono.
Alla fine cedo, alzo lo sguardo e vedo le lacrime rigarle il volto. Il mio cuore si spezza ed i sensi di colpa cominciano a dilaniarmi. Non avrei mai voluto farla soffrire, io che vivo - solo ed esclusivamente - per il suo sorriso. Scusami Eliza, non avrei mai dovuto scrivere quella lettera. Sono solo un'egoista, devo andarmene via subito, lei starà meglio senza di me nei paraggi.
"Perché mi hai allontanato? Perché mi hai fatto credere di non provare nulla per me? Perché Alycia? Tu mi ami, proprio come io amo te...", sussurra con voce tremante.
Il dolore è talmente forte che mi spiazza completamente. Mi sento inerme, messa all'angolo e non so come uscirne. La sua intensità mi fa venire i brividi e quelle domande danno il colpo di grazia. Non riesco a contenere tutto questo groviglio di emozioni e alla fine le lacrime solcano il mio viso sfondando le mie barriere. Sospiro cercando le parole giuste per risponderle, ma non le trovo da nessuna parte. Così, mi alzo in piedi e cerco di mettere spazio tra di noi.
STAI LEGGENDO
Something Called Love
FanfictionLa storia è ambientata alla fine degli anni sessanta, nel West Sussex contea inglese. La vita di Alycia Spencer, orfana di madre e figlia dello stalliere della tenuta Arundel, sarà sconvolta dall'arrivo della giovane duchessa, Eliza Howard, secondog...