Erano vent'anni che le candeline Lilith le spegneva dentro quella grigia cantina. Legata ad una sedia per evitare che si facesse male con il troppo agitarsi, tra grida isteriche e disperate che le venivano da dentro, dai polmoni, dal cuore, dalla mente, dall'anima. Impacchi d'acqua fresca sulla fronte, pezze e fazzoletti ad asciugarle il sudore, morse di stoffa tra i denti per farle strozzare le urla e i lamenti ed evitare che si frantumasse i denti arcata su arcata, per colpa del troppo stringere e mordere il dolore che le divampava da ogni cellula del corpo. Ogni 6 di giugno, alle ore 6:00 di mattina, questa era la festa di compleanno di Lilith. E a cantarle canzoni d'auguri c'erano i genitori disperati che le asciugavano le lacrime e la fronte sudata.
Inutili le sedute esorcizzanti, come pure quelle dallo psicologo di Manhattan, quello pluripremiato e che aveva lo studio tappezzato di coccarde nemmeno fosse un atleta tornato di fresco da una delle tante vittorie alle Olimpiadi.
La vita doveva continuare, scorrere nel suo continuum. Secondi, minuti, ore, giorni, settimane, mesi, anni. Ormai la ragazza era vicina ai ventuno. Ventuno anni che pensava avrebbe come al solito festeggiato nella grigia cantina di casa, confortata dalla madre e dal padre tra grida vivissime e penetranti.
Ventuno anni che portavano la difficoltà di far finta di essere una persona normale, come le altre. Fingere che andasse sempre tutto bene o magari anche male qualche volta... ma come va male a tutti. Non come andava male solo a lei, senza un perché.
E così la ragazza iniziò, fin dall'infanzia, ad odiare il 6 giugno.
Odiava le torte, detestava i regali e le canzoncine di compleanno e spesso desiderava morire, perché pensava che con la morte sarebbe cessata quella maledetta tortura.
In effetti una volta, appena adolescente, tentò di suicidarsi. Accese l'asciuga-capelli al massimo, riempì d'acqua la vasca da bagno e ci si immerse dentro portando con sé l'elettrodomestico che, inspiegabilmente, smise di funzionare una frazione di secondo prima di toccare la superficie dell'acqua. In quella situazione, Lilith capì che qualcuno voleva che rimanesse in vita. E ciò le pareva profondamente egoistico. Le pareva una punizione, ma della quale lei non sapeva accusare il peccato.
Frequentava l'università ma non aveva amici perché, si sa, le voci corrono e tutti l'avevano sempre tenuta lontana e marchiata come "strumento del Diavolo" o "indemoniata visionaria", facendo sì che si chiudesse in se stessa. Dietro i capelli biondi e gli occhi verdi e malinconici si nascondeva una ragazza impacciata e sensibile che, nonostante tutto, aveva una grande forza d'animo.
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La sposa del Diavolo
FantasíaLui è il Diavolo. Lei è umana. Lui la vuole. Lei gli è promessa.