Capitolo 1.

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"Smettila, Casillo." Imprecai mentre camminavo nel corridoio con Isa.

Casillo era Alessandro Casillo, il ragazzo più figo della scuola... che ovviamente era in classe mia.

Ormai era sua fissa venirmi vicino mentre camminava e fare battute senza senso, così, giusto per il gusto di vedermi smadonnare.

"Andiamo, Dalba, oggi sono in vena di scherzare." Disse, come se non avessi parlato.

"Bene. E io no." Sbuffai mentre, con Isa, mi dirigevo verso la nostra aula.

"Adoro quando sbuffi." Aguzzò la voce, sghignazzando.

"Un altro anno e non ti vedo più. Non è nulla un anno." Dissi cantilenando, come se stessi parlando da sola.

"Non hai nessun torto!" Aggiunse subito dopo Isa.

Entrammo in classe e ci sistemammo ai nostri posti, io ovviamente accanto alla mia migliore amica Isa.

"Vediamo un po'... Casillo, hai studiato?" Chiese il professore di tecnica.

Alessandro non rispose, anzi era completamente indifferente. Ci voltammo tutti a guardarlo, attendendo una delle sue solite risposte sarcastiche.

"Allora?" Insisté il professore, picchiettando nervosamente la penna sulla cattedra.

"Me lo chiede anche? È matematico, prof. No, non ho studiato." Spiegò con totale no-chalance.

"Anche il 4 che sto per metterti è matematico." Rispose a tutto tono.

"Ah, se lo dice lei." Alzò le mani in segno di resa e tutti si misero a ridere, me compresa. Per quanto potesse essere antipatico, Casillo animava le noiosissime ore scolastiche.

Il professore continuò la lezione e così fu fino alla terza ora, quando finalmente annunciarono l'intervallo, ovvero i quindici minuti in cui noi studenti eravamo liberi di vagare nei corridoi.

"Hai studiato per il compito di matematica di domani?" Mi chiese Isa.

"Si, ma oggi ripasso un altro po'. Tu?" Domandai a mia volta.

"Lo stesso io." Sorrise.

Mentre parlavamo, chi arrivò?

"Salve bellezze." Fece l'occhiolino ad entrambi.

"Casillo ma quando ti bocciano a te?" Proferii, infuriata.

"Quest'anno è molto probabile, ma nonostante tutto verrò a rompervi nei corridoi finché sarete qui dentro." Sorrise beffardo.

"Merda." Commentó Isa.

Seguirono circa due minuti di silenzio, il che era piuttosto strano. Con Casillo nei paraggi non si poteva non imprecare almeno ogni 10 secondi!

"Serena?" Mi chiamò Alessandro, cioè, volevo dire, Casillo.

"Cosa c'è?" Chiesi a mia volta.

"Devi aiutarmi per il compito di matematica." Spiegò, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

"Davvero? Adesso ti appendi al tram, caro Casillo." Risi fragorosamente.

"Eh va bene. Però rimani sempre la mia bambola." Fece una risata maliziosa.

"Ma chi ti conosce?" Sbuffai.

"Oh, fallo ancora." Rise nuovamente.

"Fare cosa?" Domandai.

"Sbuffare."

"Tu stai male..." Mi allontanai da lui seguita da Isa. La conversazione cominciava a stufarmi.

Non spiccicammo parola, io non ero molto in vena perché in questi giorni, poco più di 16 anni e mezzo prima, mio padre lasciava mia madre perché era incinta.

"Io sto male, ma tu stai peggio." Per nostra sfortuna, ci seguì.

Non risposi. Non mi andava, per come mi sentivo avrei potuto urlargli contro oppure scoppiare a piangere, pertanto constatai che fosse meglio rimanere in silenzio.

"Non sai che dire? Devi farti difendere dal papino? Piccola!" Mi prese in giro.

Mio padre no, proprio lui e proprio in questi giorni tanto delicati, non doveva nominarlo. Chiusi gli occhi e, quando li riaprii, tenni lo sguardo basso per evitare di piangere.

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