Capitolo 71.

752 30 1
                                    

Avrei voluto fargli una partaccia lì, davanti a tutti, ma mi imposi di non cedere e lo trascinai all'uscita. Lo guardai nel modo peggiore in cui si possa guardare una persona, e lui si grattò la nuca.

"Alessandro Casillo.. tu.." gli puntai il dito contro, ma non mi fece finire di parlare.

"Lo ammetto, sono colpevole." alzò le mani.

"Me li avresti ridati, i soldi. Ma almeno non saremmo rimasti a stomaco vuoto!" sospirai.

"Lo so, hai ragione. Scusami. Mi perdoni, piccola?" fece gli occhi dolci.

"Diciamo che per questa volta si." ridacchiai, avvolgendo le braccia attorno al suo collo "Però dobbiamo tornare a casa. Ora la fame sta diventando un problema serio, molto serio." gli baciai la guancia.

"Andiamo, allora." assicurò la presa sulla mia mano stringendola forte, forse più del dovuto.

Sussultai per il leggero fastidio che mi aveva procurato, e anche perché il giorno precedente mi aveva stretto ancora più forte nello stesso punto.

"Scusami.. ti ho fatto molto male ieri?" mi guardò mortificato.

"No, sta' tranquillo." sorrisi.

"Dimmelo." mi bloccò, tenendomi per le spalle "Dimmi se ti ho fatto male. Sto diventando un mostro, Serena. Prima il pugno sul naso, poi questo.."

"Ma va' Ale, ma che dici! Non sei un mostro. Tu sei il mio Alessandro." 'sta volta fui io a rafforzare la presa sulla sua mano, e lui sorrise debolmente.

Arrivammo al motorino. Tolse la catena e mi porse il casco, che indossai piuttosto velocemente. Salimmo e strinsi nuovamente le braccia attorno al suo busto. Ma era freddo, rigido, neanche si scompose. E che diavolo, Ale.

\

"Vado a.. lavarmi, allora."

Lui annuì debolmente e io me ne andai in bagno, chiudendo a chiave. Quella sera non mi aveva degnata di uno sguardo dolce, un bacio, una carezza. No, niente cose di questo genere. Si era limitato a chiamare due pizze e a sparecchiare, per poi rinchiudersi nel bagno.

Odiavo questo suo comportamento distaccato. Lo volevo vicino a me, ma chissà adesso per quale motivo si stava allontanando. Per il fatto che secondo lui era un mostro? Non lo so. Lui per me non è un mostro, anzi, è la persona più affabile e gentile che esista sulla faccia della terra. Ma se si comporta così, be', un po' mi fa ricredere.

|Alessandro's POV.|

Non mi piaceva per niente essere distante, freddo con la mia Serena. Ma forse stavo davvero diventando un mostro. Le avevo fatto male più volte, e l'avevo sempre ferita dentro, in passato. Non mi sentivo degno di lei. Parlavo di questo, quando mi chiedevo se Nico non provasse ribrezzo per sé stesso dopo aver picchiato Serena. Io non l'avevo picchiata, era successo per sbaglio, ero arrabbiato, confuso, stordito dalle troppe lacrime, non era fatto di proposito. Eppure non riuscivo a perdonarmelo.

Avevo paura che prima o poi lei si sarebbe stancata di me. Che mi avrebbe lasciato, e rinfacciato tutto quello che le avevo fatto. Tutte le volte in cui aveva sofferto, a causa mia.

Tornò in camera silenziosamente, quasi non si sentiva. Forse dovette credere che stessi dormendo, anche perché avevo gli occhi chiusi. Sorrisi debolmente.

"Sei sveglio?" sussurrò.

"Si." aprii gli occhi.

Li aveva lucidi e rossi. Aveva pianto, lo sapevo. Un'altra volta per colpa mia. Non potevo vivere con questi rimorsi dentro.

Paradise.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora