Capitolo 11.

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"Mamma, sono a casa!" Urlai appena misi piede all'interno del nostro modesto appartamento.

"Tesoro, ciao." Mi salutò con un bacio sulla guancia.

"Cosa dovevi dirmi di tanto urgente?" Afferrai una mela e le diedi un morso.

"Vieni qui..." Mi indicò il divano e mi fece cenno di sedermi accanto a lei.

Obbedii al suo comando e la fissai negli occhi, mentre continuavo a degustare quell'ottima mela bianca.

"Dimmi." Sorrisi.

"Tuo padre... tuo padre mi ha chiesto di andare, io e te, due giorni a Roma da lui per parlare e..."

"No, mamma. Non se ne parla nemmeno." La interruppi, alzandomi a causa della rabbia.

"Tranquilla, tu non sei obbligata... ma io sì. Bisogna firmare delle carte..." Rimase molto vaga, il che fece scattare il mio campanello d'allarme.

"Che carte?" Mi sistemai a braccia conserte, poggiando la mela sul tavolo.

"Se tu venissi a Roma con me ti riconoscerebbe come figlia, in caso contrario..." Sibilò.

Spalancai gli occhi e mi morsi il labbro per evitare di piangere. Però non ci riuscii, quindi scappai in camera con le lacrime che mi rigavano il viso.

Non ti riconoscerà come figlia. Per te sarà sempre uno sconosciuto, un lurido verme che non ha saputo prendersi le sue responsabilità. Pensai.
Mandai un messaggio a Casillo, cioè volevo dire... Alessandro. Avevo un forte bisogno di lui, in quel momento.

Serena: Ale, dobbiamo assolutamente incontrarci di nuovo.

Alessandro: Certo! Domani pomeriggio?

Serena: No. Ora.

Alessandro: È successo qualcosa?

Serena: Sì...

Alessandro: Ed è una questione importante?

È un interrogatorio o cosa? Stavo per scrivere, ma non volevo che si arrabbiasse. Avevo bisogno del sostegno morale che solo lui era in grado di darmi.

Serena: Per me tanto.

Alessandro: Allora va bene. Facciamo che ora passo a prenderti. Okay?

Serena: Okay. Grazie mille...

Posai il cellulare in tasca e asciugai le lacrime che mi rigavano il viso. Non volevo che Alessandro vedesse il mio lato debole ancora una volta, anche se ero sicurissima che, non appena avrei cominciato a raccontargli quanto accaduto, sarei scoppiata a piangere di nuovo.
Andai in salotto, essendo pronta per scendere di casa, ma mia madre mi fermò.

"Se vuoi sei libera di non venire, ma non posso lasciarti a casa da sola. Se chiami qualche amica va bene, okay?" Mi avvertì.

"Sì." Mi limitai, infilando il giubbotto.

"Dove vai?" Chiese, preoccupata.

"A riprendere le conversazioni che hai interrotto prima e che erano molto più interessanti di quello che mi hai detto. Per favore, se si tratta di quell'uomo non parlarmene mai più." La pregai.

Chiusi la porta, sbattendola, e scesi le scale velocemente, arrivando al portone più in fretta che potevo. Il solo pensiero di essere uscita da quella casa, mi rendeva più tranquilla.

Dopo pochi minuti vidi da lontano la sagoma di Alessandro. Sentii gli occhi pizzicare, le guance diventare calde... eppure non volevo piangere ancora.

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