Capitolo 46.

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"Ora è il mio turno." ridacchiò leggermente e mi fece cenno di alzarmi.

Lo ascoltai e mi posizionai accanto a lui, mentre prendeva quella busta rosa pallido tra le mani. Evidentemente si sentì osservato, perché alzò lo sguardo verso di me.

"Che c'è amore?" rise.

"Sono libera di guardarti, spero." lo stuzzicai.

"Di guardarmi ovvio, non di mangiarmi con gli occhi però." replicò.

Quasi mi strozzai con la mia stessa saliva, e dovetti fare un respiro profondo per riprendermi.

"Coglione." sbraitai.

"Anche io ti amo." mi diede un leggero bacio a stampo e andò a sedersi. Con la mano libera si batté sulle gambe, segno che voleva che mi posizionassi lì e lo accontentai. Mi porse finalmente quella busta che cominciavo ad odiare.

"Tieni tesoro." mi accarezzò i capelli mentre stringevo quella busta tra le mani. Dentro c'era qualcosa di morbido. Mi rovesciai il contenuto sulle gambe e mi venne istintivamente di sorridere.

"A quanto pare abbiamo anche le stesse idee." lo abbracciai stringendolo forte.

"E premetto che questi sono tutti miei, erano nel fondo del mio armadio e non li usavo mai.. visto che ti piacciono tanto, ho pensato di regalarteli." sorrise.

"Sei il ragazzo più dolce di questo mondo!"

Tornai a guardare i maglioni, mi aveva dato parecchi colori. Un altro bianco, poi nero, beige e anche uno verde (?) e poi.. quello grigio, il suo preferito!

"Ale per sbaglio mi sa che hai messo anche questo!" lo presi in mano, mostrandoglielo.

"Oh, non ho sbagliato, piccola." rise.

"Vuoi dire che è mio? Ma ci sei tanto affezionato!" protestai.

"Non mi interessa, ti ripeto che questi cosi stanno meglio a te che a me. Sei davvero carinissima con i miei vestiti in dosso, davvero, e poi hanno il mio profumo.. e tutti, ancora una volta, sanno che sei solo mia." mi baciò il collo e sorrisi, chiudendo gli occhi "Che dici amore, facciamo incidere anche il tuo di anello? E magari ci scriviamo Casillo" ridacchiò.

"Mi sembra un'ottima idea, ogni tanto la tua testolina elabora qualcosa di interessante." lo sfidai.

"La mia ogni tanto, almeno. La tua mai." continuò con un sorrisetto beffardo stampato in viso.

"La mia è perennemente accesa" spiegai, con tanto di occhi chiusi e aria professionale.

"Evidentemente si è fulminata!"

"Ma va' a quel paese!" lo abbracciai, in seguito a molte risate da parte di entrambi.

"E poi c'è un'ultima cosa." si alzò velocemente facendomi quasi cadere, dirigendosi verso la moto.

Che cosa voleva fare? Perché stava andando lì? Dopo poco tornò con una lettera in mano.

"Voglio che tu la legga dopo, però." sorrise con gli occhi lucidi.

"Ti conveniva mostrarmela più tardi, ora sai che la aprirei ad ogni costo." ironizzai.

"Resisti. Devi."

Questa volta un altro cameriere, sotto cenno di Alessandro, ci portò due pizze margherite senza nemmeno fiatare e se ne andò. Ero senza parole.

Mangiammo, in una serata piena di sguardi e occhiatine varie, ma nessun discorso, nessuna conversazione. E un po' mi mancava la sua voce.

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