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«Amy finiscila, non puoi mollare tutto così! Sei completamente impazzita? Ti manca veramente poco per questa dannatissima laurea e tu veramente credi che mollare tutto ora sia la scelta più appropriata?!»

Cristo, voglio bene ad Elena, infondo è la mia migliore amica, ma quando mi fa queste ramanzine non la sopporto proprio. Siamo al telefono, eppure per quanto urla mi sembra che sia qui, davanti a me, con le braccia incrociate e il suo sguardo pieno di disapprovazione.

«Elena ma non capisci? Se pensi che io sia completamente impazzita è perché sto davvero andando in esaurimento nervoso! Questo studio mi sta distruggendo.» Sto usando il tono più disperato che posso per farle intendere come sto, ma proprio non vuole capire.

Sto camminando sul marciapiede con i libri stretti attorno ad un braccio ed un milkshake nell'altra mano. Nelle cuffiette che porto alle orecchie la voce di Elena rimbomba frastornante.

"Amy non puoi fare questo!", "Amy non puoi fare quello!" e bla bla bla... Sono stanca di tutto!

Continuo a camminare, impegnatissima nello spiegare ad Elena le mie ragioni. Non sto assolutamente guardando la strada davanti a me quando tutto d'un tratto, mentre giro a destra per via di una curva, sbuca un ragazzo al quale vado addosso sporcandomi la mia camicetta con il fottutissimo milkshake.

Ah, dannazione.

«Amy ma mi stai ascoltando?» Non ce la faccio più.
«Elena ti richiamo più tardi, ora devo proprio scappare.» Velocemente chiudo la telefonata.

Il ragazzo davanti a me intanto si sta scusando in tutti i modi possibili e gentilmente mi sta aiutando a raccogliere i libri che sono caduti per lo scontro.

«Mi dispiace veramente tantissimo, posso aiutarti in qualche modo?»

Sono veramente seccata ma uso il tono più gentile per rifiutare.
Mentre mi rialzo con i libri sotto braccio, con la coda dell'occhio vedo un bar.

Forse questa giornata non sarà poi così disastrosa.

Saluto il ragazzo velocemente e lo ringrazio per la sua gentilezza e corro verso il bar.
Quando ormai siamo molto distanti, sento che mi urla qualcosa.
«Comunque mi chiamo Jake!»

Ma fa sul serio? Fanculo Jake, oggi non è giornata.

Entro nel bar e poso i libri sul primo tavolo che trovo libero.

«Scusi signorina, posso darle una mano?»
La barista è una donna sulla cinquantina, capelli arruffati e grandi occhiali da vista rossi. La trovo buffa e non riesco a trattenere un sorriso.

Tuttavia sono sempre la ragazza con i capelli ormai in disordine, il trucco sbavato, il sudore creatosi per la corsa verso il bar e l'immancabile macchia marrone sulla camicetta. Ora che ci penso, dovrebbe ridere lei di me.
Mentre chiedo alla signora dove sia il bagno, intravedo un uomo seduto ad uno dei tavoli, ha i capelli corti, è biondo ma non riesco a vedere i suoi occhi per via degli occhiali. Sta leggendo un libro, o forse al momento sta facendo finta di leggere dato che sta sorridendo sotto i baffi mentre scuote la testa.

Mi prende in giro per caso?

Inizio a guardarlo nel peggiore dei modi, nonostante sia veramente bello e affascinante è anche un grandissimo stronzo.

Nessuno è perfetto, di cosa ti stupisci?

Dopo pochi secondi si accorge del mio sguardo puntato su di lui e incrocia i miei occhi. Io ovviamente distolgo subito lo sguardo.

Che figura di merda. Potrebbe andare peggio di così?

Cammino velocemente verso il bagno e cerco in tutti i modi di levarmi questa dannatissima macchia.
Beh, devo dire che con l'acqua ho soltanto peggiorato la situazione. Ottimo direi.

Esco dal bagno e vado a riprendere i miei libri, quando sento qualcuno ridere silenziosamente.
Mi giro, ancora lui.

Santo cielo, scherza vero?

Quando si accorge del mio sguardo su di lui, si schiarisce la voce e torna a concentrarsi sul suo libro.

Non ho nè tempo, nè voglia di pensare a questo ora. Ringrazio la barista lasciandole una mancia e vado via, sotto il suo sguardo di scherno.

A Volte SuccedeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora