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Una settimana.
Ormai è passata una settimana da quando sono tornata a casa.
Ai miei genitori è bastato vedermi sulla soglia della porta con le lacrime agli occhi per capire cosa fosse successo.
Fortunatamente mio padre si è risparmiato il "Te l'avevo detto" e mia madre il solito "Ne troverai uno migliore", perché andiamo, ne troverò davvero uno migliore? Una settimana fa, Tom era tutto il mio mondo ma non credevo che potesse essere anche quello che lo avrebbe distrutto.
Non mi sono mai fidata di nessuno. Mai.
E quando perdi la fiducia nella persona a cui tieni di più, quando tutto ciò che hai riposto in lei precipita nel vuoto, quando tutto ciò che rimane sono soltanto promesse non mantenute... come fai a non perderti?

«Ehi! Ehi tesoro! Riprenditi, ragazza!»
Le sottili dita di Marlene schioccano più volte a pochi centimetri dal mio viso.
«Uh? Sì, scusami. Ero soprappensiero...» dico, poco convinta.
È da quando è successo tutto che Marlene viene tutti i giorni a casa mia per vedere come sto.
Ma dai, come vuole che stia?
Apprezzo molto il fatto che si preoccupi per me ma... non mi piace essere compatita.
«Ascolta... io voglio solo... dimenticare. Okay? Non mi servi tu per dimenticare! Mi serve... ecco, mi serve... questa bellissima bottiglia di vodka! E... quest'altra fantastica bottiglia di birra!» faccio biascicando e stringendo al petto le due bottiglie di vetro, come se fossero un tesoro prezioso.
Ah, giusto. Sono ubriaca fradicia se non si fosse capito.
«Dimenticare? Senza offesa Amy ma... che cazzo stai dicendo? No, sul serio. Riprenditi!»
«Io... sì! Perché, non credi sia possibile?»
Un po' per la situazione, un po' per la vodka, mi sale un'angoscia incredibile.
«Credi che... che io non possa dimenticare? Insomma, lo fanno tutti! Perché io non posso?» quasi urlo ma lei rimane impassibile.
«Ascoltami, okay?»
Il suo tono diventa dolce e finalmente, dopo essere stata in piedi per tutto il tempo, si siede accanto a me, sul letto della mia camera.
«Non dimenticherai. Perché non si può.» mi fa, accennando un sorriso rammaricato.
«Non sarebbe giusto, non saresti più tu. Perché dai, nulla di quel che si vive merita di essere dimenticato... neanche quel figlio di puttana!» esordisce, facendomi sorridere.
«Tutto serve, ci tocca, ci scuote forte e, talvolta, ci cambia per sempre. Ma sarai sempre tu. Un po' più forte ed un po' più diffidente. Un po' più tua. Non avere la pretesa di dimenticare, Amy. Perderesti la parte più bella di ciò che sei.»
Le sue parole mi fanno scoppiare a piangere. Un pianto liberatorio perché Cristo, non piango da sette giorni.
«Ti prego, ti prego smettila di parlare in questo modo... Me lo ricordi terribilmente.» dico tra un singhiozzo e l'altro.
Dopo neanche un secondo, un forte schiaffo fa capolinea sulla mia guancia destra.
Guardo Marlene più stupita che altro mentre mi massaggio la zona ancora indolenzita.
«Smettila di collegare tutto quello che ti capita a lui!»
Urla decisa.
«Grazie per averlo fatto... insomma, mi serviva. Mi hai fatta riprendere.» dico sorridendo.
«Ma non farlo ma più.» faccio poi seriamente, facendole alzare le braccia al cielo in segno di resa.

Marlene mi ha convinta ad uscire per cambiare aria e fra i ringraziamenti dei miei genitori è riuscita a farmi alzare il culo dal letto.
«Amy...»
«Sì?» le rispondo, mentre cerco di non far sciogliere del tutto il mio cono gelato.
«Parliamo di qualcosa di serio... del tipo... perché cazzo hai lasciato il lavoro?»
«Suvvia Marlene... più garbata!»
Ho davvero citato Harry Potter?
«Oh, non attacca con me questa cosa, cara Amanda Lucius Colson Malfoy!» fa lei, prendendomi in giro.
«Okay, ascolta... non me la sentivo più. Tu ora mi vedi sorridente, vero? Bene! Perché quando te ne andrai, tornerò ad essere quella di prima... ubriaca, malinconica ed incazzata con il mondo. Non posso lavorare così...» dico.
Ormai tutto il gelato si è sciolto, è colato tutto sulla mia mano ed io lo guardo, senza fare nulla. Come imbambolata. Delle volte anche io vorrei sciogliermi come questo gelato... tipo ora.
«Marlene?»
«Sì?»
«Secondo te siamo davvero così facilmente sostituibili?» dico mentre mi pulisco le mani con una salviettina.
«Non cercare di cambiare discorso!»
«Ti prego...»
«La smetterai mai con queste domande?» mi chiede sbuffando e alzando gli occhi al cielo.
So perché non vuole che le faccia queste domande. Lei vuole vedermi sorridente ma allo stesso modo è incapace di mentire, non mi direbbe mai una bugia solo per vedermi sorridere.
Ecco perché chiedo a lei determinate cose e non ad altri.
«Okay... se ti rispondo la smetti?»
«Per oggi.» dico sorridendo timidamente.
«Sì Amy, lo siamo. È vero. Prima o poi le persone ci perdono come si perdono gli accendini il sabato sera. A me però basta sapere di aver lasciato nel cuore di queste persone, almeno un'impronta. Mi basta sapere che un giorno si ricordino di tutto quello che ho fatto per loro e pensino che magari, non mi avrebbero dovuto lasciar andare.»
«E  non credi sia... triste? Insomma...»
«Ma certo! Sicuramente non sarà piacevole. Per loro, ovviamente. Rimugineranno sui loro errori mentre tu starai bevendo con la tua migliore amica Marlene in un pub per rimorchiare sconosciuti!»
Riesce sempre a farmi ridere, sempre. Anche quando non ho motivi per cui ridere, lei riesce nell'impresa.
«Credi che io abbia lasciato un segno nel suo cuore?»
«Cristo... tu sei Amanda Colson! Tu non hai lasciato un segno, tesoro tu hai lasciato un quaderno intero con su scritto ripetutamente il tuo nome! Non si dimenticherà mai di te, ne sono certa. E quando un giorno, se ne starà sul divano con quella gallina acida della sua biondina, ripenserà a te e ai tuoi capelli castani e il tuo sorriso dolce, quindi Amy, non farmi più queste domande! E poi, non so come tu faccia a farmi essere così dolce ma mi sta venendo il diabete quindi smettila!»

Siamo ritornate a casa da poco più di un'ora e nonostante le continue preghiere dei miei genitori, Marlene non è potuta rimanere a cena.
«Stai bene, amore?» mi chiede mia madre, con il suo tono premuroso.
«Non... non dovete chiedermelo tutti i giorni.» faccio, per poi mettere in bocca un pezzo di carne.
«È che oggi sei più sorridente del solito.» dice mio padre.
«E finalmente mangi qualcosa!» continua mia mamma.
Già... questa settimana ho perso due chili per aver mangiato poco e niente e se mettevo in bocca qualcosa, mi veniva da rimettere.
«Beh... sto migliorando no? Il tempo cura le ferite, giusto?» dico, fingendo un sorriso.
«Hai ragione Amy... e poi ehi! Noi Colson ce la caviamo sempre nelle situazioni più difficili!» fa papà, stringendomi la mano.

Non ci si deve mai fare ingannare dalla nostalgia di quello che poteva essere. Non poteva essere nient'altro, altrimenti lo sarebbe stato.

A Volte SuccedeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora