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Anche se siamo a maggio, la temperatura qui a Londra non è molto alta ed io dovrei cominciare a prepararmi per quell' "uscita" con Simon.
Decido di indossare un semplice paio di jeans neri ed un body bianco.

Il bar non è molto lontano da casa mia, così scelgo di andare a piedi. Oggi è una bellissima giornata e vale la pena farsi una passeggiata.
Una volta arrivata, non vedo nessuno. Magari Simon è in ritardo, oppure si è semplicemente dimenticato. Ieri sera era abbastanza brillo, forse non si ricorda neanche di avermelo chiesto.
Mi siedo  ad uno dei tavolini ed aspetto.
«Oh andiamo, sono passati dieci minuti...» borbotto scocciata tra me e me.
Mentre faccio per andarmene, un ragazzo in camicia bianca e jeans corre verso di me.
«Alla buon'ora!» faccio, in tono giocoso.
«Perdonami Amy, davvero. Dovevo badare a mio nipote oggi e non potevo lasciarlo da solo, in casa senza mio fratello.» dice, per poi grattarsi la nuca con fare imbarazzato.
Gli sorrido dolcemente, facendogli cenno di sedersi.
Dopo aver ordinato due birre e delle patatine, lo vedo concentrarsi, pronto per fare quella domanda, in modo che non risulti scomoda e fuori luogo. Questo suo atteggiamento timido mi fa sorridere, così per non creare ulteriore imbarazzo, parlo io per lui.
«Volevi sapere cosa mi fosse successo, giusto?»
«Beh... a dirla tutta, fondamentalmente so cosa ti sia successo. Amy, per un periodo sei stata su tutti i giornali!»
A queste parole, mi si stringe lo stomaco e il nodo che ho alla gola si fa sempre più grosso.
«Oh... sono un grandissimo stronzo, Amy. Mi dispiace, non avrei dovuto dire questa cosa e tantomeno in questo modo.»
«Ehi, ehi. No. Stai tranquillo, Simon. Infondo è vero ma insomma, è una storia molto interessante quindi te la riascolterai tutta, per filo e per segno!» dico, cercando di sorridere.
E così, comincio a raccontargli tutto. Dei miei sospetti iniziali, della lettera con dentro le foto e della litigata. Tutto, per filo e per segno.
E come se non fosse la mia storia ma quella di un'altra persona, senza sprigionare alcun sentimento. Dovrei piangere, dovrei essere arrabbiata. A quale scopo, però? A cosa servirebbe? Dovrei percaso rimpiangere tutto quello che è stato? Cercare di dimenticare? Non voglio. Io non voglio cancellare il mio passato, perché bene o male mi ha reso quella che sono oggi. Anzi, ringrazio chi mi ha fatto scoprire l'amore e il dolore, chi mi ha amata e usata, chi ha detto di volermi bene credendoci e chi l'ha fatto solo per i suoi sporchi comodi. Io ringrazio me stessa per aver trovato sempre la forza di rialzarmi e andare avanti, sempre.

«Ma che stronzata.»
«Come dici?»
«Uh? Scusami Amy, pensavo tra me e me. Solo... credo sia una grandissima stronzata. Un uomo grande, grosso e vaccinato che ha paura della sua ex moglie e quindi ti tradisce?»
Ha ragione ad essere stupito, ha ragione a pensare che tutto quello che lui abbia fatto sia solo una cazzata ed ha ragione a riderci su, probabilmente al suo posto anche io avrei riso.
«Avresti avuto paura anche tu di lei, fidati. Era completamente pazza.» dico, sorridendo tra me e me.
«Ed ora la pazza sta con lo stronzo. Non credi che sia il caso di andare avanti? Formano una bella coppia, no?» mi dice, sorridendomi per confortarmi.
«Sì, Simon. Hai ragione, formano proprio una bella coppia.» rispondo io, accennando un sorriso.

Dopo essere andati alla cassa per pagare, torniamo per un po' fuori dal bar, per chiacchierare.
Ad un tratto, lo vedo tirare fuori dalla tasca un pacchetto di sigarette.
«Non credevo che tu fumassi.»
«Perché no?» dice, portandosi una sigaretta alla bocca ed accendendola.
«Non so, non mi sembri il tipo.»
«Oh, perché esiste l'aspetto da "fumatore"?» mi chiede retoricamente, prendomi in giro.
Così lo spingo con fare scherzoso su una spalla facendo ridere anche lui.
«E dai, non prendermi in giro!»
«No, non potrei mai!» fa con tono sarcastico.
«Sai Amy, sono contento che tu rida. Sì, insomma, anche se io mi accorgo che sei triste anche quando sorridi. Nel profondo, reprimi tante lacrime, non vuoi dargli questa soddisfazione e lo capisco ma piangere ti farebbe bene.»
Sputa fuori il fumo della sua sigaretta e poi, si avvicina a me cautamente.
«Puoi farlo, Amy. Senza vergogna.»
«Oh, avanti. Non farlo.» faccio io, ormai seria.
«Non fare cosa?»
«Non cercare di farmi piangere, ti prego.» dico ormai con voce spezzata e occhi lucidi.
Tira fuori dalla bocca altro fumo, poi, lancia lontano la sigaretta e con la mano, mi sposta un ciuffo di capelli dietro l'orecchio.
«Amy, sei ferita.»
«È inevitabile.»
«Lui ti ha fatto del male.»
«Senza dubbio.»
«Non puoi tenerti tutto dentro.»
«Ma è quello che sto facendo!» dico stremata, alzando la voce, poi continuo :«E ci sto anche riuscendo bene! Okay?»
«Prima o poi scoppierai.»
«Potrebbe non accadere.»
«Amy, cazzo! Tu scoppierai e farà male, malissimo! Tenersi tutto dentro e vomitare dopo tanto tempo tutta la rabbia repressa, non fa bene! Quindi smettila di credere che se tu ora dovessi piangere, saresti debole! Porca puttana, piangere non significa essere deboli! Non credere che piangere sia sbagliato, che parlare di te stessa sia sbagliato, che farsi aiutare dagli altri sia sbagliato! Non lo è, Amy. Non lo è.»
Dopo queste parole, cadiamo in un silenzio di secondi interminabili, entrambi affaticati per aver alzato troppo la voce.
È riuscito a spezzarmi, il nodo che avevo in gola oramai è diventato qualcosa che non posso più gestire, come le lacrime che stanno scendendo sul mio viso, senza che io me ne renda conto.
Vedo Simon sorridere, a metà tra il felice e il dispiaciuto. È felice di avermi fatta sfogare, è dispiaciuto per tutto quello che ho passato e che sto passando.
Comincio a singhiozzare. Mi porto una mano al petto e stringo forte, mi fa male, malissimo. Sembra che il cuore voglia uscire fuori a farsi un bel giro, per non tornare più. Non riesco quasi a respirare e non so come uscirne. Sembra che io stia affogando.
Le forti braccia del ragazzo che ho davanti, si stringono intorno alla mia schiena, in un caldo abbraccio e subito ricomincio a prendere fiato e respirare.
Con la testa sul suo petto, cerco di tranquillizzarmi.
«Sai perché non volevo piangere davanti a te? O comunque, perché non voglio piangere davanti alle persone?»
«Perché?» mi chiede, mentre mi accarezza i capelli.
«Perché significa spogliarsi, rendersi vulnerabili. In quel momento stai effettivamente mettendo la tua vulnerabilità in mano ad un'altra persona, che può decidere di accoglierla e prendersene cura o di stringere forte il pugno e distruggerla.»
«Amy, ti prometto che...»
«No!» lo interrompo.
«Ti prego, non promettere. Non promettere nulla. Ci sono già passata e si finisce solo con il prenderla in quel posto.»
Lo sento ridere tra i miei capelli, poi si allontana e comincia a guardarmi negli occhi.
«Okay, Amanda Colson. Non ti prometterò nulla ma io ti assicuro che non ho alcuna intenzione di farti del male. Ne hai passate tante, ne abbiamo passate tante. So quanto tu stia soffrendo, in un certo senso, io ti capisco. Ecco perché non voglio farti del male.»
Detto ciò, mi si avvicina lasciandomi un bacio sulla fronte.
«Io lo spero proprio, Simon.»
Sospiro, alzando gli occhi umidi al cielo.
«Lo spero proprio.»

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