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Quattro mesi.
Sono passati quattro mesi da quando ho conosciuto Tom, tre mesi da quando mi ha chiesto di vivere insieme a lui e due mesi dal nostro "bacio".
Come passa velocemente il tempo.
Ed ora? Ed ora siamo ad ottobre, in pieno autunno.
Le foglie che cadono dagli alberi, i caminetti accesi e l'attesa più bella di tutte... quella per il periodo natalizio. Insomma, a tutti piace aspettare il Natale, contare i giorni che mancano a questa gioiosa festività. Infondo l'attesa del piacere non è essa stessa il piacere?
Già, peccato però che io per l'autunno provi sentimenti contrastanti. Un po' lo odio e un po' lo amo. A volte vorrei semplicemente passare da ottobre a febbraio in un batter d'occhi. Tutto questo per un semplice motivo: io odio il mio compleanno. Purtroppo si dia il caso che capiti il primo gennaio e neanche da bambina venivo festeggiata. Perché? Perché a Capodanno non si festeggia il compleanno di una bambina, a Capodanno si beve, si mangia e si festeggia l'inizio di un nuovo anno. Non che a me fosse mai importato, odio le feste di compleanno tanto quanto le sorprese. Voglio dire, mi piace andare al compleanno di chiunque altro e se sono invitata io sono una buona ospite. Ma non ho mai festeggiato il mio compleanno.

Mentre torno a casa dal lavoro e il vento freddo dell'autunno mi scompiglia i capelli, sento dei passi non poco distanti da me. Mi giro di scatto per controllare l'eventuale presenza di qualcuno, ma nulla.
Continuo a camminare, questa volta più velocemente. È pur sempre notte fonda e questo tratto di strada è deserto.
«C'è qualcuno?» Dopo averlo detto, scuoto la testa incredula delle mie parole. Mi prendo in giro da sola per caso? Non c'è nessuno qui.
Ancora questi dannati passi.
«Okay, basta. Esci fuori, non è divertente!»
Finalmente una figura esce fuori da un vicolo, è incappucciato e non riesco a riconoscerlo.
«Tom... Tom sei tu?» Strizzo gli occhi per cercare di mettere a fuoco il suo viso, ma solo quando si toglie il cappuccio riesco a capire di chi si tratta.
«Jake?»
Sono terrorizzata, completamente. Sto tremando e non è per il freddo.
Indietreggio il più possibile, finché non vengo bloccata con le spalle al muro.
«Ma ciao Amanda...»
Provo a strillare ma l'urlo torna in gola rimbalzando sulla sua mano pressata sulla mia bocca. Non me ne accorgo subito, ma sulla sua mano c'è un panno bagnato che dopo aver aspirato mi fa perdere quasi del tutto i sensi, sono sveglia ma non posso urlare, sono vigile ma non posso difendermi.
Mi porta in un vicolo chiuso e isolato e mi butta per terra, mi blocca le gambe e mi strappa via i pantaloni ed io chiudo gli occhi, iniziando a pregare che non mi faccia niente. Mi sento strappare la pelle, violare nell'intimità, in balia del mostro, privata della mia libertà, carne da macello. Come se la mia vita non abbia valore.
Inizio a piangere e a tremare mentre questo maiale si diverte.

Dopo un po' sento delle urla e una voce che si fa sempre più vicina ma non è quella di Jake. Quest'ultimo viene scaraventato a terra ed io continuo a piangere silenziosamente. Poi, due braccia mi stringono, prendendomi in braccio. Riesco a riconoscere la voce di Tom dirmi di stare calma, che tutto si risolverà, che quel bastardo la pagherà cara per quello che ha fatto e sento anche delle goccioline salate rigarmi il viso, anche se questa volta non sono le mie lacrime, ma le sue.

Una volta arrivati a casa, l'attore mi sdraia delicatamente sul divano e si siede accanto a me.
Ha ancora le lacrime agli occhi ma cerca di ritirarle, vuole essere forte per me. Io però, dal mio canto, lo guardo e non sento più nulla. Non provo più rabbia nè tristezza, non sento nulla. Non mi scendono nemmeno più le lacrime. Ho solo un grande vuoto dentro. Che ne sto facendo di me stessa? Della mia vita?
Tom continua ad accarezzarmi una guancia e a scrutarmi preoccupato nei minimi dettagli.
Tutto questo però mi infastidisce, mi sento un fazzoletto usato e poi buttato per terra.
Mi alzo di scatto e così facendo provoco completamente la sua preoccupazione.
«Aspetta Amy, ti aiuto...» ma appena mi tocca un braccio, ricordo la stretta presa di Jake sul mio corpo. Lo ritiro velocemente, come scottata e gli lancio uno sguardo avvelenato.
«Non toccarmi più.» mormoro.
«Amy io...»
«Voglio dormire.» così dicendo, mi butto nuovamente sul divano e chiudo gli occhi, finché poi, sento le labbra di Tom posarsi sulla mia fronte ma dopo aver riaperto gli occhi, lui è già sparito.

La mattina mi sveglio di soprassalto, l'ennesimo incubo.
Mi stiracchio sbadigliando e stropicciandomi gli occhi, Cristo, sono distrutta. Mi trascino verso il bagno e rimango ferma, davanti lo specchio, ad odiare me stessa e il mio corpo.
Le occhiaie sotto i miei occhi, segno di tante lacrime e tante notti insonni. I lividi sulle mie braccia, segno della mia debolezza.
Mi sciacquo velocemente il viso e torno in salone.
L'attore è lì, con un sorriso di conforto e le sue possenti braccia spalancate, pronte ad accogliermi in un abbraccio.
«Non ti abbraccerò Tom.» dico, senza alcun sentimento nella voce.
Merda, i suoi abbracci.
Prima li amavo, non me ne sarei fatto sfuggire uno.
Adoravo sentirmi così al sicuro.
Adesso, al solo pensiero mi viene la nausea.
Non voglio essere toccata, a mala pena riesco a sfiorarmi io dopo quello che è successo.

Mi siedo e lui fa lo stesso, mettendosi di fronte a me ma mantendendo le distanze, capendo le mie ragioni.
«Lo so che è stupido Amy, ma ho bisogno di chiedertelo... come ti senti?»
Alle sue parole abbasso lo sguardo e un sorriso amaro compare sul mio viso.
«Ce l'hai presente una vongola?»
«Sì, ma cosa c'entra con...»
Lo interrompo subito, continuando la mia spiegazione.
«Una vongola. Che vive in mare, lotta contro il mare. E poi viene sbalzata fuori. E ne rimane solo la conchiglia, abbandonata sulla spiaggia. Ce l'hai presente?»
«Sì...»
«E poi ce l'hai presente il bicchiere di chi beve? Il posacenere di chi ha smesso di fumare? Gli occhi di chi non crede più a niente? Le parole di chi mente? La memoria di chi dimentica? Il cuore di chi vive solo per sè stesso? Il corpo che si riduce ad un misero involucro? Un letto al mattino?»
Lui sembra non capire subito le mie parole, sposta la testa di lato e mi guarda confuso.
«Allora... come ti senti?»
«Vuota.»
Lo vedo stringere i pugni.
Io lo so che è arrabbiato. Ma non con quel mostro, lui è arrabbiato con sè stesso. Crede che avrebbe potuto fare qualcosa per non far accadere tutto questo.
E poi è triste. Triste perché sa che non avrà più così facilmente la ragazza sempre sorridente e sempre pronta ad un suo abbraccio, non avrà al suo fianco la persona che rideva ad ogni sua battuta e a cui piaceva scherzare.
Ora avrà in casa una ragazza priva di emozioni, in uno stato di trance, che vorrebbe soltanto urlare, piangere, far sapere a tutto il mondo quanto sia fottutamente incazzata nera, ma non ci riesce.

A Volte SuccedeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora