Daphne Dubois

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Derek Zabini

Lo sguardo di Lily era uguale a quello di Daphne.
Lo aveva pensato subito, fin dalla prima volta che l'aveva vista, quando da smaliziata undicenne aveva preteso di passare metà del suo primo viaggio sull'Espresso di Hogwarts con loro.

Lily Potter gli ricordava Daphne Dubois, la sorella perduta di sua madre Adeline, che aveva potuto conoscere solo dall'unica foto delle due su cui era mai riuscito a mettere le mani. Così determinata, eppure allo stesso momento così fragile. Così ansiosa di scoprire di più su di sé, ma anche spaventata dall'idea di quello che avrebbe potuto trovare.

Lily sapeva di essere straordinaria, allo stesso modo in cui anche lui si sentiva diverso dagli altri. Una diversità che scavava la pelle, le ossa, il respiro. Una diversità che non si fermava all'essere figli del Salvatore o del redento Serpeverde, ma che affondava le sue radici in un potere più oscuro e pericoloso.

Derek sapeva che, nonostante tutti gli sforzi di sua madre per farlo sembrare ordinario, lui non lo sarebbe mai stato davvero. Aveva percepito intorno a sé negli anni l'angoscia, il terrore, l'impotenza nell'attendere la sua prima magia accidentale. Che era rimasta nascosta, profondamente celata dal suo carattere introverso e guardingo. Aveva trattenuto per sé quella sua particolare sensibilità all'animo altrui, motivato da una ritrosia animata dal clima sempre più cupo attorno a lui, scoprendo a poco a poco la storia di quella zia così lontana nel tempo, che non aveva retto il suo stesso peso.

Sicuramente, il suo dono era inferiore a quello di Daphne, o della stessa Lily. Poteva sentirlo il potere della piccola Potter, presente e terribile, ogni volta che si avvicinava. Poteva percepire l'aura di magnificenza e di solitudine che si trascinava dietro; una sensazione che restava attaccata ai pensieri di tutti i maghi che incontrava, ma fortunatamente per lei in pochi riuscivano a collegare il vero motivo. Tutti credevano che fosse per il suo cognome, mentre in realtà gli occhi maliziosi di Lily nascondevano un segreto ancora più profondo.

Per questo, si era sforzato di essere comprensivo con Albus, ma fermo. Il suo trasferimento a Durmastrang sarebbe stato difficile per tutti, ma necessario. L'avrebbe forse finalmente fatta crescere e indurire, salvandola dall'epilogo che non aveva invece fatto sconti a Daphne Dubois.

«Derek, caro. La cena è pronta.»

Sua madre, bellissima ed elegante come sempre, si era affacciata con grazia alla porta della sua stanza, ansiosa di poter parlare un po' con lui.

 «Arrivo mamma.» le rispose sbrigativo, intingendo di nuovo la piuma nel calamaio.

«Cosa stai facendo?» domandò la donna curiosa, allungando il collo verso lo scrittoio. «Non dirmi che sono già compiti. Sei a casa solo da poche ore.» aggiunse, ridendo.

«No, mamma.» negò, con tono piatto. Poi, resosi conto che quella sottile insinuazione nascondeva la solita apprensione, si sforzò di sorridere. «Albus ha di nuovo infilato nel mio baule la sua collezione di boccini. Gli sto scrivendo che è un idiota prima che passi un pessimo Natale convinto di averli persi. Credo che ormai anche i muri abbiano capito quanto ci tiene.»

Adeline sorrise dolce, rabbonita da quella spiegazione così semplice. Così ordinaria, e forse proprio per quello rassicurante. «D'accordo, caro. Appena hai finito, io e tuo padre ti aspettiamo in sala da pranzo.»

Derek si sforzò di mantenere il sorriso sulle labbra finché non la sentì allontanarsi, prima di prendersi la testa tra le mani. Ora in molti sapevano del suo potere, ma la sua famiglia non lo avrebbe mai dovuto scoprire. Sua madre non avrebbe retto al dolore, alla costante paura di perderlo per i fantasmi della sua mente. Si sentiva già troppo in colpa per non aver capito la sofferenza di Daphne, per poter sobbarcarsi anche i suoi pensieri.

Mentre legava la lettera alla zampa del suo gufo, il sorriso furbo di Lily fece capolino tra i suoi pensieri. Anche se avrebbe finto indifferenza, gli sarebbe mancata più di quanto avrebbe mai ammesso, con la sua ingenua fiducia nel mondo, che per quei pochi mesi aveva contagiato anche lui.

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