4 Una notte d'inverno

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Yoko:

Ero ormai giunta fuori da quell' inferno di casa.
Le strade erano illuminate da lampioni che illuminavano l'intera città.
Non c'era anima viva,si sentiva solo il rumore dei miei passi.
Faceva molto freddo ed il vento soffiava fortissimo, i miei piedi scalzi si erano infreddoliti eravamo ancora a settembre e faceva già freddissimo.
Quell' inverno arrivato in anticipo, sembrava dare voce all'angoscia che giaceva dentro di me.
Camminavo senza una meta,non pensavo a niente, sembrava che ormai la mia testa fosse vuota fino a quando non mi tornò in mente tutto: Mia madre era povera e non avendo potuto trovare un lavoro onesto, si dovette accontentare del lavoro disonesto,meno gradito dalle donne serie come lei.
Lei faceva dono agli uomini del proprio corpo per sfamarmi.
Vivevamo per strada e la gente ci guardava con disprezzo.
Poi un giorno mia madre si ammalò gravemente.
Aveva la febbre molto alta, chiesi aiuto ai passanti ma non sembrava importare a nessuno se una puttana stava male, così mia madre morì in un freddo giorno di dicembre.
Quella notte solo un uomo si avvicinò a me:
era un uomo ben vestito, aveva una camicia bianca con una cravatta nera,portava una giacca abbinata ai pantaloni.
I suoi capelli corvini erano perfettamente in ordine,ma le sue sopracciglia molto arcuate e il suo fisico robusto sfocavano quell' immagine di perfezione,inoltre i suoi occhi castani erano inaccessibili,non si scorgeva alcun emozione da quegli occhi, le sue labbra mostravano sempre quel dolce sorriso che traeva in inganno.
Nessuno sapeva che quel sorriso era solo una falsa e quanto in realtà fosse malvagio.
Dopo aver pensato a tutto ciò ,decisi di dirigermi a scuola.
Volevo salire sul terrazzo.
Volevo buttarmi giù da lì per lasciarmi alle spalle quella vita piena di amarezza e angoscia.
Presi le chiavi della scuola,le avevo perchè ero rappresentante di classe,tutti i rappresentanti di classe che riuscivano a guadagnarsi la fiducia del direttore le avevano.
Io ero una di quei rappresentanti che aveva comprato la sua fiducia, col fatto che mio padre adottivo fosse un politico importante. Infilai la chiave nella serratura.
Aperta la porta,accesi gli interruttori della luce.
Percorsi il corridoio e salì le scale, finalmente giunsi sopra quel terrazzo.
Mi affacciai guardando giù, le macchine parcheggiate erano più piccole viste da quell' altezza.
Mi misi sopra la ringhiera del terrazzo e osservai il cielo.
Avevo paura di morire, nonostante la mia vita fosse triste.
Mi resi conto di essere molto legata ad essa, credevo che sarebbe stato molto semplice e invece non lo era affatto.
Per suicidarsi ci voleva coraggio, un coraggio che mi mancava così pensai che la mia voglia di vivere fosse solo puro masochismo, che soddisfacesse qualcuno forse Dio.
Dov'era lui quando io ne avevo più bisogno? Si divertiva a farmi soffrire?
Quel giorno ero arrabbiata con lui.
"Signore io non so se esisti,ma so che esisti non condividerai questa mia scelta e forse non hai tutti i torti,una parte di me mi dice che è una cosa sbagliata quella che sto per fare,ma io non posso continuare a soffrire in questo modo"il mio tono era sereno fino a qui.
Poi ci fu una pausa, adesso la mia voce cambiò tono, era furente:
Io non c'è la faccio,sono troppo debole per continuare a vivere.
"Perchè signore non mi aiuti?"
"Tu non mi hai mai aiutato!"
"Perchè?"
"Forse perchè non esisti oppure ti piace vedermi soffrire! Ed è per questo che non vuoi che mi uccida...perchè altrimenti ti toglierei tutto il divertimento!"

Pronunciai quelle parole in una collera disperata, ma ciò nonostante nessuno ascoltò le mie parole solo il vento che si era fatto più calmo e accarezzava i miei lunghi capelli neri.  

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